Il valore di una crypto. Corso base ep. 8
Di Davide Grammatica
Oltre a Bitcoin ed Ethereum ci sono le cosiddette Altcoin. Ma quali sono i casi d’uso e il loro valore intrinseco?
Le altcoin
Il termine altcoin (“alternative coin”) racchiude tutti quei token oltre Bitcoin. Il concetto nacque in tempi in cui queste non erano che scopiazzate di Bitcoin, con le stesse identiche funzioni, ma ad oggi il contesto è completamente diverso, con l’avvento della DeFi e i nuovi casi di applicazione delle crypto.
L’obbiettivo di questo nuovo capitolo del Corso base su Bitcoin e criptovalute sarà quindi quello di rintracciare delle categorie in cui dividere le altcoin, per poi riuscire a individuarne il valore.
Delle altcoin si parla sempre in generale, ma è possibile individuarne diversi tipi, per poi risalire al loro valore intrinseco, profondamente legato con l’economia del token stesso.
La crescita del settore ha portato alla creazione di un ecosistema variopinto, non tanto derivato da Bitcoin, quanto alternativo, e senza che entri in competizione.
Le categorie
Il primo gruppo di altcoin può essere individuato nelle “infrastrutture”, quelle applicazioni che reggono l’intero sistema del token. In altre parole, i Layer 0, 1 e 2. Le crypto erogate su queste piattaforme sono “coin”, ovvero native della piattaforma che le eroga. E ci sono poi i “token”, che però sono intesi come “ospiti” su blockchain altrui. Tra questi possono rientrare stablecoin, exchange token, governance token, altri utility token legati al metaverso o al gaming, memecoin, e addirittura shitcoin.
Ci sono poi dei modelli di approccio a tutti questi asset. Il primo concetto riguarda una prima differenza tra token in quanto tale, e progetto relativo. Il valore di un token non è necessariamente legato al valore del progetto, e per poter esprimere una valutazione è necessario in primo luogo analizzarne la tokenomics, che a sua volta varia per categoria dell’asset e dallo use case.
Per esempio, per i Layer 0, 1 e 2 tutto parte da Ethereum e il linguaggio di programmazione Solidity. Binance Smart chain è forse il primo caso di blockchain alternativa, e nasce proprio dalla necessità di svincolarsi dalla congestione della rete Ethereum e dalle sue costose commissioni. D’altra parte, è anche il caso ad aver aperto un vero e proprio trend di chain alternative, caratterizzate da una maggior scalabilità, altri algoritmi di consenso come il proof-of-stake, altri linguaggi di programmazione e differenze infrastrutturali.
Il valore intrinseco di un token, per quanto variegato, parte sempre dal pagamento delle gas fees. Maggiore è l’utilizzo, maggiori saranno le commissioni. C’è poi il burn del circolante, che ne riduce l’offerta, la sicurezza del network dettata dai meccanismi di consenso, la governance, fino addirittura ad un aspetto esclusivamente speculativo.
Gli Utility token
Come già accennato, una coin è nativa della sua blockchain, mentre un token è da intendersi come ospite, che segue lo standard imposto dalla blockchain stessa su cui vive. Uno standard può essere l’ERC-20, per quanto riguarda Ethereum, oppure BEP-20, se si guarda alla BSC.
I nuovi modelli di valori sono quindi differenti, e legati a doppio filo con gli Utility token, che in generale descrivono ogni tipo di economia di un protocollo.
Basti pensare dalle stablecoin, ovvero quel token il cui valore è legato con un altro asset (generalmente USD). Esistono quelle con collaterale in dollari, con un sovracollaterale in altri tipi di asset, oppure algoritmiche. In generale, però, il valore può essere individuato semplicemente nella sua capacità di mantenere il peg.
Questo, a differenza degli Exchange token, il cui valore viaggia a pari passo con le opportunità offerte dal CEX di riferimento. Può dipendere dal numero di utenti dell’exchange, oppure un servizio che ne aumenta la domanda. In generale, tutto ciò che è utile per l’utente assiduo del CEX. Più casi d’uso ci sono e meglio è, ma sempre senza dimenticarsi nel bilancio di una domanda che deve essere proporzionale alla crescita delle operazioni rese possibili.
Un pò più complicato potrebbe essere invece andare ad analizzare i governance token, utilizzati per poter dare potere di voto ai suoi detentori sul relativo protocollo, ma che possono anche esprimere degli incentivi di vario tipo per gli utenti. Il tutto, in una commistione di casi che possono includere anche molti modelli sperimentali, nel bene e nel male.
È quindi importante capirne l’utilità, ma anche le caratteristiche collaterali che potrebbero inficiarne il valore effettivo, come la diluizione del token, che alla nascita del progetto può essere elevata, oppure alle tokenomics personalizzate.
Altri token sono specificamente legati al loro protocollo, e anche in questo caso il valore dipende dallo sviluppo di quest’ultimo. Può essere una moneta di scambio in un metaverso (come MANA o SAND), oppure un asset in-game (SLP su Axie Infinity).
C’è una differenza fondamentale tra memecoin e shitcoin. La prima può essere effettivamente un trend, dettato da fattori di cultura pop o da semplici stati d’animo dell’Internet. La seconda è una truffa a tutti gli effetti, e potrebbe comportare pericoli effettivi per i propri fondi di natura dolosa. Se quindi una memecoin può essere una scommessa, una shitcoin è una vera e propria truffa.
Consigli per l’investitore
Chi vuole investire coerentemente, deve quindi capire bene in cosa consistono tutte queste categorie, dai loro casi d’uso alla loro tokenomics. Deve in secondo luogo prediligerne il valore, e i parametri da cui questo deriva, per poi considerare il peso della speculazione partendo da delle basi solide. In questo modo, l’allocazione sarà soppesata alla propria tolleranza del rischio.