Bitcoin tra “incudine" Trump e “martello” Musk: una storia senza fine

Di Davide Grammatica

La fine della love-story tra Trump e Musk è solo l’ennesima fase di un rapporto che, col passare dei mesi, rende la vita difficile agli investitori crypto

Bitcoin tra “incudine

Musk e Trump: Bitcoin alla mercé dei manipolatori?

Della love-story tra Elon Musk e Donald Trump abbiamo assistito al momento di maggior intensità durante l’ultima campagna elettorale Usa. Oggi la situazione è decisamente diversa, con una relazione ai ferri corti, e un tentativo diplomatico di arrivare a un compromesso dopo un’interruzione violenta del rapporto, ridimensionando i danni per entrambe le parti in causa.

Tutta la vicenda diventa però più interessante per gli investitori crypto se si lega agli umori dei protagonisti anche l’andamento del prezzo di Bitcoin, negli ultimi mesi direttamente correlato alle decisioni prese da uno o dall’altro. C’è chi pensa si tratti di pura manipolazione del mercato, ed è difficile dare loro tutti i torti.

Proviamo quindi ad approfondire tutta la storia, facendo un po’ di ordine e cercando di vedere quanto effettivamente Bitcoin dipenda oggi dalle velleità dei due personaggi più importanti della vita politica americana.

“Senza di me, Trump avrebbe perso le elezioni, i democratici controllerebbero la Camera e i Repubblicani sarebbero 51-49 al Senato”, ha scritto Musk, su X, nei giorni scorsi, per poi ritornare sui suoi passi. Nel mentre, BTC ha registrato una forte correzione, per poi tornare ad attaccare il suo ATH in seguito (una volta calmatesi le acque).

Un breve recap

Musk era un tempo un grande critico di Trump, per poi cambiare idea una volta spinte le proprie inclinazioni politiche verso destra. Dopo il tentato assassinio di Trump a luglio 2024, Musk si è unito ufficialmente a Trump nella campagna elettorale, autoproclamandosi subito “migliore amico”. Il risultato finale è stato l’ottenimento della carica di responsabile del Dipartimento per l’Efficienza del Governo (DOGE), incaricato di tagliare il bilancio federale.

Il rapporto si è inasprito quando i due sono entrati in disaccordo sulla legge di bilancio. Musk in principio ha solo lasciato la Casa Bianca, ma senza criticare il presidente in pubblico. Solo dopo qualche giorno è iniziata una diatriba online, culminata con una rottura pubblica sui social.

“Gli chiesi di andarsene, gli tolsi il mandato sui veicoli elettrici che obbligava tutti ad acquistare auto elettriche che nessun altro voleva, e lui semplicemente impazzì!” scrisse Trump su Truth.

Il nuovo riavvicinamento, poi, ha chiuso una serie di “effetti immediati” sui mercati crypto. I trader hanno letto il disgelo tra i due come un fattore stabilizzante, capace di ridurre la volatilità nel breve termine, ma dopo aver letto all’opposto l’allontanamento dei due.

Allo stesso tempo, quindi, sono aumentate le preoccupazioni rispetto all’ennesima manipolazione del mercato. Anche le altcoin, tra l’altro, hanno iniziato a seguire il trend.

Le origini del rapporto

Nel 2016, Musk non era il più grande fan di Trump. Al contrario, dichiarava ai tempi che non fosse una persona adatta a candidarsi a presidente.

“Non sembra avere il tipo di carattere che si addice agli Stati Uniti”, dichiarò, all’epoca, alla CNBC. Tuttavia, già al primo mandato di Trump, Musk ottenne un posto nel consiglio consultivo economico.

Poco dopo avvenne la prima “mini” rottura: nel 2017, all’annuncio di Trump di volersi ritirare dall’Accordo di Parigi sul clima.

Per assistere a un nuovo contatto tra i due personaggi si è dovuto aspettare il 2022, post-covid. Trump paragonò Musk a Thomas Edison, elogiando i risultati raggiunti da SpaceX.

Ancora una volta, i toni cambiarono velocemente. Durante un comizio in Alaska, Trump criticò aspramente la decisione di Musk di acquistare Twitter, in un momento in cui il presidente cercava di promuovere Truth come social “di riferimento” repubblicano.

“Non odio quell’uomo, ma è ora che Trump appenda il cappello al chiodo e salpi verso il tramonto”, dichiarò Musk.

Lo stesso ha però presto revocato il divieto che aveva tenuto lontano Trump da Twitter sin dall’insurrezione al Campidoglio del 6 gennaio, creando le condizioni per un riavvicinamento.

A poco a poco, Musk ha iniziato ad allinearsi alle politiche di Trump, incluse quelle sull’immigrazione, esprimendosi a favore di un muro al confine tra Stati Uniti e Messico.

Con le elezioni alle porte, però, si è mostrato fino all’ultimo indeciso, dichiarando addirittura che non avrebbe finanziato nessun candidato alle elezioni presidenziali.

L’attentato e la svolta

Tutto è cambiato con il tentato assassinio di Trump durante un comizio elettorale in Pennsylvania.

L’appoggio ufficiale si Musk al candidato repubblicano è avvenuto in quel momento, con la promessa di impegnare 45 milioni di dollari al mese in un nuovo super PAC pro-Trump chiamato America PAC.

Trump è poi stato invitato in uno spazio su X che è diventato, a conti datti, un comizio elettorale, e proprio in quest’occasione è stato suggerito di istituire una commissione incentrata sull'”efficienza del governo”.

A ottobre si verifica quindi la prima apparizione pubblica di Musk su un palco elettorale con un berretto “MAGA”, in cui l’imprenditore ha promesso un milione di dollari al giorno agli elettori degli stati indecisi.

Alla vittoria delle elezioni, Trump ha poi annunciato Musk alla carica del “Dipartimento per l’Efficienza del Governo”, il DOGE, che avrebbe operato come un gruppo consultivo indipendente per tagliare la spesa pubblica.

Lo scontro

Con l’inizio del 2025, Musk alla guida del DOGE ha affermato di aver fatto risparmiare al governo 175 miliardi di dollari (lontani dal suo obiettivo iniziale di 2.000 miliardi di dollari). Gli sforzi di riduzione della forza lavoro si tradussero in oltre 100.000 licenziamenti.

In poco tempo, parte dell’amministrazione Trump ha cominciato a far trapelare diverse incomprensioni con Musk. Il Segretario del Tesoro Scott Bessent, addirittura, sarebbe stato coinvolto in uno scontro fisico con l’imprenditore. Ad aprile, così, Musk, ha salutato la Casa Bianca.

Il 30 maggio si è tenuta una conferenza stampa per “celebrare” le dimissioni di Musk, e da allora il rapporto è andato sempre più a deteriorarsi.

La situazione si è fatta particolarmente difficile quando Musk ha espresso critiche al disegno di legge fiscale di Trump, da lui soprannominato “Big, Beautiful Bill”.

“Mi dispiace, ma non ce la faccio più. È un abominio disgustoso. Vergogna a chi l’ha votato: sapete di aver sbagliato. Lo sapete”, ha scritto Musk sui social.

E la risposta di Trump non si è fatta aspettare: “Sono molto deluso, perché Elon conosceva i meccanismi interni di questo disegno di legge meglio di quasi chiunque altro qui seduto… Sapeva tutto. Non aveva alcun problema”.

I due potenti uomini hanno continuato ad attaccarsi, e la loro love-story sembrava essersi conclusa il 5 giugno.

“Senza di me, Trump avrebbe perso le elezioni, e i democratici avrebbero controllato la Camera”, ha dichiarato Musk, rincarando la dose affermando come Trump sarebbe stato incluso nei “file Epstein”, unico motivo per cui non li avrebbe resi pubblici.

Un nuovo passo indietro

Proprio quando sembrava che l’imprenditore miliardario e l’ex presidente fossero destinati a una rottura definitiva, il tono è cambiato. Ora, infatti, sembra che entrambi gli uomini stiano ritrattando e si stiano muovendo silenziosamente verso una tregua.

Nelle prime ore di mercoledì, Musk ha sorpreso gli utenti di X con un raro post autocritico: “Mi pento di alcune delle cose che ho pubblicato la scorsa settimana. Ho esagerato”.

La dichiarazione è il chiaro tentativo di Musk di calmare le tensioni dopo i suoi precedenti sfoghi. Per un attimo, è sembrato che l’impero commerciale di Musk potesse subire ritorsioni, con Trump che minacciava di tagliare i contratti governativi.

Invece, Trump ha anch’esso svelato un netto cambiamento rispetto al suo precedente tono combattivo. Dietro le quinte, lo sforzo di riconciliazione sarebbe stato guidato dal vicepresidente J.D. Vance e dal capo dello staff della Casa Bianca Susie Wiles, che avrebbero organizzato conversazioni con Musk e facilitato una chiamata diretta.

Musk ha quindi iniziato a cancellare i precedenti post “incendiari”, impegnandosi di nuovo positivamente con contenuti pro-Trump, ripubblicando critiche alle proteste anti-ICE.

Una grande unica manipolazione?

Abbiamo visto quanto, nel corso dei mesi, proprio il rapporto tra Musk e Trump abbia condizionato l’andamento del prezzo di Bitcoin.

Non si parla di manipolazione “diretta”, ma una serie di eventi che coinvolgono anche i mercati globali lasciano intendere che un obiettivo della presidenza sia proprio questo.

Lo dicono diversi analisti (come Scott Galloway, tra i primi a utilizzare la formula “TACO” – Trump Always Chickens Out – per descrivere l’attuale contesto storico), che dipingono un quadro allarmante della presidenza Trump, descrivendola come una macchina del caos progettata non tanto per governare efficacemente, quanto per generare instabilità nei mercati e creare un contesto favorevole a chi dispone di informazioni privilegiate.

L’osservazione principale è che Trump, in particolare in ambito economico, sembri seguire un copione preciso: lanciare minacce aggressive che scatenano panico sui mercati, e poi ritrattare o attenuare le stesse minacce poche ore dopo

Questo schema, ribattezzato TACO, trasforma l’incertezza in uno strumento a beneficio di pochi ben informati, che possono muoversi prima degli altri e capitalizzare sui forti sbalzi di mercato, soprattutto quello crypto.

L’esempio lampante è quello del 2 aprile, in cui Trump annunciò i dazi per ritirare la proposta l’indomani, scatenando il rally più importante dal 2008. Figure vicine al presidente hanno però operato con un tempismo sospetto: Pam Bondi, procuratrice generale della Florida, per esempio, ha venduto circa 5 milioni di dollari in azioni Trump Media il giorno stesso in cui le tariffe venivano annunciate, evitando grosse perdite.

E tutto questo, in un contesto in cui organi come la SEC, che dovrebbe vigilare sui mercati, sono stati depotenziati e politicizzati, privati degli strumenti per contrastare efficacemente questi abusi (e poco conta, a questo punto, che questo processo abbia contribuito al rialzo del mercato crypto).

Sempre secondo Galloway, ci troveremmo davanti a un nuovo paradigma: un’età dell’oro dell’insider trading.

Questo tipo di governance, che si nutre del disordine e sfrutta le leve del potere per arricchire una cerchia ristretta, non sarebbe frutto dell’incompetenza, ma una strategia consapevole che trasforma il governo in un “casinò dove il banco è sempre uno solo”.

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