Carbon Credits: cosa sono e come funzionano

Di Gabriele Brambilla

I carbon credits sono strumenti economici di spicco in un'epoca in cui il cambiamento è all'ordine del giorno

Carbon Credits: cosa sono e come funzionano

Introduzione

Nel mondo della green finance, i carbon credits assumono un ruolo determinante, soprattutto in questa particolare fase di transizione energetica.

Vediamo che cosa sono e perché hanno così tanta importanza, tra fattori di sostenibilità, di investimento e persino geopolitici.

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Cosa sono i carbon credits?

I carbon credits, o crediti di carbonio, sono strumenti economici ideati per ridurre le emissioni di gas serra e incentivare comportamenti sostenibili. In pratica, rappresentano il diritto a emettere una certa quantità di anidride carbonica (CO₂) o un gas serra equivalente (in genere si parla di una tonnellata). Le aziende o i governi che emettono meno rispetto al proprio limite possono vendere i crediti in eccesso a chi invece sfora i tetti concessi.

Il principio è semplice: chi inquina paga, chi riduce le emissioni viene premiato. Questo sistema, noto come cap-and-trade, mira a rendere economicamente conveniente investire nella sostenibilità, trasformando la riduzione delle emissioni in un vero e proprio mercato.

"I carbon credits sono strumenti economici ideati per ridurre le emissioni di gas serra e incentivare comportamenti sostenibili"

I mercati dei carbon credit

Esistono due grandi categorie di mercati per i carbon credits: regolamentati e volontari.

Nel primo caso, governi e organismi sovranazionali, come l’Unione Europea con l’EU ETS (Emissions Trading System), impongono un limite massimo alle emissioni per settori industriali specifici, come quello energetico o manifatturiero. Le aziende ricevono o acquistano crediti in base a questi limiti e li scambiano in funzione delle loro necessità operative.

Il mercato volontario, invece, non è soggetto a obblighi normativi: vi partecipano imprese, organizzazioni e perfino privati cittadini che desiderano compensare le proprie emissioni sostenendo progetti di riforestazione, energie rinnovabili o efficienza energetica. Questo settore, pur meno regolamentato, ha assunto un ruolo sempre più rilevante nella responsabilità sociale d’impresa e nella costruzione dell’immagine “green”.

Valore e criticità

Il valore di un carbon credit varia nel tempo e dipende da diversi fattori, come la domanda, le politiche ambientali e la fiducia nel mercato.

In Europa, ad esempio, il prezzo dei crediti è oscillato tra i 20 e i 100 euro per tonnellata negli ultimi anni, influenzando direttamente i costi di produzione delle aziende più energivore.

Tuttavia, il sistema presenta anche criticità. Alcuni osservatori sottolineano come, in certi casi, le aziende utilizzino i crediti per “lavarsi la coscienza” invece di investire in vere riduzioni strutturali delle emissioni. A ciò si aggiungono dubbi sulla trasparenza e tracciabilità di alcuni progetti di compensazione, soprattutto nei mercati volontari, dove le verifiche possono risultare meno rigorose.

Un esempio emblematico è quello di Microsoft, che ha dichiarato l’obiettivo di diventare carbon negative entro il 2030. Per raggiungere questo traguardo, l’azienda non si limita ad acquistare crediti, ma finanzia progetti certificati di rimozione attiva della CO₂, come la riforestazione e la cattura diretta del carbonio dall’atmosfera (Direct Air Capture, tecnica promettente ma complessa e costosa).

Questo approccio ibrido, che combina riduzione diretta delle emissioni e utilizzo mirato dei carbon credits, è considerato un modello virtuoso nel panorama internazionale, poiché integra sostenibilità e innovazione tecnologica in modo concreto e verificabile.

Geopolitica e crediti di carbonio

Il mercato dei crediti di carbonio è ormai un tema geopolitico a tutti gli effetti.

Paesi come Cina, India e Brasile stanno sviluppando piattaforme nazionali di scambio per attrarre capitali internazionali e valorizzare i propri progetti ambientali. Al contrario, gli Stati Uniti presentano un sistema più frammentato, dove la regolamentazione varia da Stato a Stato.

L’Africa, invece, è vista come un potenziale nuovo Eldorado verde. Numerosi progetti di riforestazione e tutela ambientale nascono in Kenya, Gabon e Sudafrica, attirando l’interesse di fondi e governi occidentali in cerca di crediti “puliti” da acquistare.

"Geopolitica e crediti di carbonio si intrecciano, creando opportunità e criticità"

In conclusione

I carbon credits rappresentano una delle leve economiche più interessanti della transizione ecologica. Se gestiti in modo trasparente e con obiettivi chiari, possono fungere da ponte tra sviluppo economico e sostenibilità ambientale. Tuttavia, il loro successo dipende dalla capacità di evitare abusi e speculazioni, assicurando che dietro ogni credito ci sia una reale riduzione o rimozione di gas serra.

In ogni caso, resta ancora molta strada da fare. I carbon credit possono essere un aiuto nella lunga fase di transizione, ma non sono la soluzione definitiva ai problemi del nostro modello economico. In altre parole: va bene utilizzarli, ma bisogna lavorare anche su altri fronti. Oltretutto, soprattutto il mercato dei crediti volontari ha le sue criticità e si rischia spesso di cadere nel greenwashing, una pratica che penalizza non solo l’ambiente, ma anche gli investitori.

In un’economia sempre più sensibile al cambiamento climatico, i carbon credits non sono solo un meccanismo finanziario, ma un indicatore della volontà collettiva di investire in un futuro più sostenibile.


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