Crypto frodi: Ceo di Safemoon colpevole, rischia 45 anni di carcere
Di Daniele Corno
Braden Karony, CEO di Safemoon è stato dichiarato colpevole per frode: Rischio di condanna a 45 anni di carcere

CEO di SafeMoon al centro dello scandalo
Dopo il precedente arresto nel 2023, per gli attori coinvolti in tema “SafeMoon” arrivano da una giuria federale USA le prime condanne.
Braden John Karony, ai tempi CEO di SafeMoon, è attualmente sotto accusa di cospirazione per tre reati di frode; Frode sui titoli, frode telematica e riciclaggio di denaro.
Secondo un documento pubblicato dalla Procura del distretto orientale di New York, la posizione di Braden Karony potrebbe esporlo ad una reclusione di 45 anni.
Emesso da Safemoon LLC, il token Safemoon lanciato nel 2021, ha raggiunto una capitalizzazione superiore ad $8 miliardi, secondo i dati presentati nel documento. Secondo l’accusa, il progetto tratteneva il 10% di ogni trasferimento avvenuto. Di questi, il 50% sarebbe stata “bloccata” all’interno di un pool di liquidità, oggetto al centro delle accuse.
Secondo la procura, questa liquidità, a differenza delle promesse, è diventata frutto di guadagni personali di Karony e dei suoi collaboratori. Karony avrebbe infatti incassato personalmente $9 milioni di dollari dal pool coinvolto, utilizzati in parte per l’acquisto di immobili di lusso, auto e altro ancora.
Un caso dall'importante rilevanza
Nonostante la sentenza, Karony continua a dichiarare sui social la sua innocenza, dichiarando di non aver mai commesso frodi.
Un opinione tuttavia, ben diversa dalla realtà dei fatti, secondo la sentenza. Il procuratore degli Stati Uniti Nocella dichiara infatti che: “Come dimostrato al processo, l’asset digitale SafeMoon era tutt’altro che sicuro e si rivelò essere una mera utopia per gli investitori che furono deliberatamente fuorviati da Karony, un uomo che cercò di arricchirsi rapidamente rubando e deviando milioni di dollari”.
Karony tuttavia, non è il solo al centro del ciclone. Thomas Smith, ex CTO del progetto, si è dichiarato colpevole e le sue dichiarazioni hanno contribuito allo svolgimento del caso.
Figura infine un terzo nome nell’accusa, tale Kyle Nagy il quale, nonostante le accuse, sembrerebbe essere ancora latitante.
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