ESG Ratings: di che cosa si tratta?

Di Gabriele Brambilla

Cosa sono i rating ESG? Andiamo a conoscere dei punteggi sulla carta molto utili ma ancora imperfetti

ESG Ratings: di che cosa si tratta?

ESG Ratings: introduzione

Negli ultimi anni, la finanza globale ha vissuto una trasformazione profonda. Sempre più investitori vogliono sapere non solo quanto un’azienda sia redditizia, ma anche quanto sia sostenibile. La tendenza va oltre e tocca anche gli Stati, come abbiamo scoperto nell’articolo dedicato alla green finance.

È in questo contesto che si inseriscono gli ESG Ratings, indicatori che misurano le performance ambientali, sociali e di governance di un’impresa. L’obiettivo è quello di favorire investimenti più responsabili, ma la loro efficacia e affidabilità restano temi molto dibattuti.

Scopriamoli e capiamo perché non dobbiamo ignorarli.

Come nascono gli ESG Ratings

L’acronimo ESG sta per Environmental, Social and Governance, ovvero i tre pilastri che definiscono il grado di responsabilità di un’azienda. Di fatto, l’ESG è un punteggio che viene assegnato a una determinata realtà, così da offrire a colpo d’occhio come questa si comporta in generale e negli specifici settori.

Le agenzie di rating ESG, come MSCI, Sustainalytics (di Morningstar) o Refinitiv, analizzano migliaia di imprese valutando fattori che vanno dalle emissioni di CO₂ all’inclusione di genere, fino alla trasparenza nei consigli di amministrazione. Questo lavoro è indispensabile per aiutarci a comprendere meglio dove stiamo investendo il nostro denaro.

A differenza dei rating creditizi, che misurano il rischio di insolvenza, gli ESG mirano a stimare la capacità di un’azienda di gestire i rischi e le opportunità legati alla sostenibilità. I risultati vengono poi sintetizzati in un punteggio o una lettera (ad esempio “AAA” o “BBB”), che molti fondi d’investimento utilizzano per selezionare i propri portafogli.

"I criteri ESG sono i tre pilastri che definiscono il grado di responsabilità di un’azienda"

Il problema degli standard

Una delle principali critiche al sistema è la mancanza di standard globali. Ogni agenzia utilizza propri algoritmi, metriche e pesi per i vari criteri. Così, una stessa azienda può ottenere valutazioni molto diverse: un esempio emblematico è quello di Tesla, che per MSCI ha a lungo avuto un rating ESG elevato, mentre per S&P Global risultava tra i peggiori del suo settore. Ci torneremo più avanti con un paragrafo dedicato.

La discrepanza nasce dal diverso approccio: alcune agenzie privilegiano l’impatto ambientale diretto (come le emissioni), altre la gestione interna dei rischi o la governance. Il risultato è che gli ESG Ratings non sono sempre confrontabili e ciò crea confusione tra gli investitori.

Il problema non è di poco conto e servirebbe davvero un quadro condiviso in cui operare. Così facendo si potrebbero confrontare con semplicità i dati, aiutandoci a prendere delle decisioni di investimento conformi ai nostri obiettivi e valori.

Come ci toccano i rating ESG?

Nonostante le criticità, i rating ESG sono ormai centrali nei mercati. I fondi che li utilizzano gestiscono migliaia di miliardi di dollari a livello globale, e molte aziende li considerano una parte integrante della loro reputazione.

Ottenere un buon punteggio ESG significa accedere più facilmente a capitali, attrarre investitori istituzionali e migliorare l’immagine pubblica. Al contrario, una valutazione negativa può ridurre l’interesse dei fondi sostenibili e generare pressioni reputazionali.

In pratica, gli ESG Ratings stanno diventando un nuovo indicatore di salute aziendale, parallelo a quelli finanziari.

"Nonostante le criticità, i rating ESG sono ormai centrali nei mercati"

Un esempio per capire meglio: Tesla

Uno degli episodi più noti che hanno alimentato il dibattito è proprio l’esclusione di Tesla dall’indice S&P 500 ESG nel 2022.

Nonostante l’azienda sia considerata un pilastro della mobilità sostenibile, S&P motivò la decisione sottolineando problemi legati alla gestione dei lavoratori, a incidenti legati all’autopilot e a una comunicazione non trasparente sulle metriche ESG.

La scelta suscitò la reazione di Elon Musk, che definì l’intero sistema ESG “una frode”. Tuttavia, l’episodio mise in luce un punto essenziale: le valutazioni ESG non si limitano al prodotto finale, ma considerano l’intero ecosistema aziendale.

Lo stesso caso dimostrò quanto soggettivo e complesso possa essere il giudizio sulla sostenibilità: Tesla, pur riducendo le emissioni globali grazie alle auto elettriche, presentava problemi di governance e gestione sociale che, per alcuni valutatori, pesavano più dei benefici ambientali.

In un mercato dove la reputazione ESG incide ormai sui flussi di capitale, simili discrepanze possono generare oscillazioni di valore reali e influenzare la percezione pubblica di un’azienda.

Come abbiamo scritto in precedenza, la confusione resta. Le agenzie adottano diversi approcci e non è possibile confrontare perfettamente tra loro i rating ESG. Tuttavia, queste differenze possono anche giocare a nostro favore: conoscendo bene i criteri adottati, abbiamo modo di capire come un’azienda si comporta sotto punti di vista differenti, basati sui diversi metodi di valutazione impiegati dalle agenzie.

Critiche, limiti e considerazioni finali

Le principali critiche agli ESG Ratings ruotano attorno a tre nodi:

  1. Mancanza di trasparenza nei metodi di calcolo. Gli algoritmi usati dalle agenzie sono spesso proprietari, quindi non verificabili dall’esterno. Ciò complica le cose riguardo a quanto avevamo detto sui vantaggi dei differenti approcci: se non sappiamo come le agenzie si muovono, come possiamo sfruttare a nostro vantaggio le diversità?
  2. Eccessiva eterogeneità dei punteggi, che mina la loro affidabilità come parametro universale. Questo perché, in ogni caso, la possibilità di effettuare dei confronti affidabili ci darebbe una grande mano.
  3. Rischio di greenwashing, cioè la possibilità che aziende comunichino iniziative “verdi” solo per ottenere valutazioni migliori, senza reali cambiamenti nella pratica.

Negli ultimi anni, anche l’Unione Europea ha cercato di intervenire introducendo regolamenti per standardizzare i criteri ESG, come la Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR). Tuttavia, la strada verso un sistema davvero omogeneo è ancora lunga.

Gli ESG Ratings rappresentano oggi uno strumento imprescindibile per comprendere il rapporto tra impresa e sostenibilità, ma la loro affidabilità resta in costruzione. Finché non verranno stabiliti standard globali chiari e verificabili, questi indicatori continueranno a essere una bussola utile ma imperfetta, da interpretare con cautela.

Per gli investitori consapevoli, la chiave è integrare i rating ESG con un’analisi diretta dei comportamenti e delle strategie aziendali; solo così la finanza potrà davvero farsi alleata della sostenibilità.


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