Giappone: i CEX obbligati a contribuire alle sanzioni
Di Davide Grammatica
Le autorità di regolamentazione finanziaria del Giappone hanno chiesto ai CEX di contribuire alle sanzioni imposte alla Russia. Pena: tre anni di carcere
La decisione
L’Agenzia per i servizi finanziari (FSA), il principale regolatore finanziario del Giappone, insieme al Ministero delle Finanze, ha chiesto agli exchange centralizzati del paese di non elaborare transazioni che vedano la partecipazione di enti soggetti alle sanzioni dell’Occidente, figlie del conflitto russo-ucraino.
Il Giappone ha infatti annunciato di aver deciso di contribuire alle sanzioni internazionali nei confronti della Russia, e la FSA ha aggiunto di aver ricevuto l’approvazione governativa per attuare “varie misure, comprese le sospensioni ai pagamenti ai sensi del Foreign Exchange and Foreign Trade Act”.
Più nello specifico, tutto ciò si è tradotto in una richiesta da parte dell’Agenzia e del Ministero agli exchange giapponesi, ai quali è stato caldamente consigliato di non elaborare transazioni nei confronti di chi fosse soggetto a sanzioni di congelamento dei beni. In pratica, russi o bielorussi.
“Tutti i pagamenti, compresi quelli tramite criptovalute, non possono essere effettuati a persone sanzionate senza previa autorizzazione”, ha dichiarato la FSA, più nel dettaglio. “La pena per pagamenti non autorizzati a persone sanzionate include tre anni di reclusione e/o una multa non superiore a 1 milione di yen (circa 8.500 dollari)”.
Il contesto
L’operazione giunge a seguito di una dichiarazione rilasciata venerdì 11 marzo dai paesi del G7, uniti sul fronte delle sanzioni, ma il Giappone ha voluto ribadire la questione, mantendo vivo lo slancio dell’incontro, ed elencando già le prime “controsanzioni”.
Sul fronte crypto, FSA e ministero delle Finanze giapponese lavoreranno all’unisono per rafforzare le misure contro il trasferimento di fondi utilizzando criptovalute, che violerebbe le sanzioni. Attualmente, gli exchange registrati in Giappone, e approvati dalla FSA, sono 30.
Fino ad ora, l’industria delle criptovalute in generale ha dimostrato una notevole disponibilità a sostenere lo sforzo globale per fermare le azioni della Russia in Ucraina, conformandosi agli standard antiriciclaggio e Know Your Customer (KYC) esistenti. Coinbase, per citarne solo uno, ha bloccato più di 25mila wallet russi prima ancora che gli venisse richiesto dalle autorità governative.
Rimane però una questione sopita, che sarà presto da affrontare. La conclusione delle discussioni tra gli enti regolatori e l’industria crypto sarà definita esclusivamente dalla volontà di quest’ultima di rinunciare alla sua decentralizzazione, che è parte essenziale della sua natura.
Questioni come questa, che vedono un ente governativo costringere un CEX a bloccare delle transazioni (pena il carcere), potrebbero creare un precedente delicato. Oppure, semplicemente, rendere gli exchange slegati da qualsiasi principio di decentralizzazione.