I dati CPI di giugno: l’inflazione Usa tra le tensioni geopolitiche
Di Davide Grammatica
In un momento molto delicato sul fronte geopolitico, anche i dati CPI Usa possono di nuovo dare un’idea del futuro a breve termine dei mercati

I CPI di giugno
Gli economisti prevedevano un aumento dell’inflazione Usa dello 0,2% su base mensile e del 2,5% su base annua. Una lettura leggermente superiore rispetto ad aprile, con i dazi che hanno potenzialmente esercitato maggiori pressioni sui prezzi sottostanti.
Per alcuni, i mercati hanno dato l’impressione di spostare la loro attenzione, almeno temporaneamente, dal rischio tariffario ai dati macroeconomici. Gli investitori si starebbero preparando quindi per la prima prova concreta di come le recenti politiche commerciali possano incidere sull’inflazione.
Secondo lo strumento FedWatch di CMEGroup, i trader hanno prezzato già un taglio dei tassi di 44 punti base entro la fine dell’anno, stimando una probabilità del 50% di un taglio di 25 punti base a settembre. Si prevede che i policymaker della Fed manterranno i tassi invariati la prossima settimana.
Gli ultimi dati sull’inflazione
Intanto, i dati dell’ultima ora raccontano una realtà leggermente più positiva del previsto.
CPI: +2,4% yoy
CPI Core: +2,8% yoy
La reazione di Bitcoin potrebbe essere leggermente al rialzo già nei minuti successivi al rilascio del dato.
Se da un lato l’inflazione sembra rallentare, dall’altro la Fed continuerà a mantenere verosimilemente un approccio cauto. I mercati iniziano a scontare la possibilità di un taglio dei tassi nelle prossime riunioni FOMC. E Bitcoin, intanto, potrebbe trarre beneficio da un contesto di liquidità più accomodante.
Il CPI di giugno, insomma, non ha deluso ma nemmeno entusiasmato, e ma la partita tra inflazione e politiche monetarie resta aperta. Bitcoin rimane alla finestra, pronto a reagire ai prossimi segnali macro.
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