Inflazione Usa: Bitcoin risponde ai CPI di febbraio
Di Davide Grammatica
Di nuovo in balia dei dati macro Usa, Bitcoin si ritrova in equilibrio precario sotto la resistenza dei $100k: come influiranno i nuovi dati CPI sul prezzo di BTC?
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I dati CPI riferiti a gennaio 2025
Il movimento del prezzo di Bitcoin, non abbastanza forte per superare i $100k ma nemmeno così debole per scendere sotto altri livelli chiave, potrebbe essere molto influenzato dagli ultimi dati macro in arrivo dagli Usa.
Non a caso, gli occhi degli investitori erano puntati proprio sull’inflazione Usa, e quindi ai dati CPI riferiti al mese di gennaio 2025.
Il dato, come al solito, è fondamentale. Può determinare le scelte future della Fed in merito ai tassi di interesse, e di conseguenza i movimenti dei mercati. La recente riluttanza della Fed al taglio dei tassi è già di per sé un problema per un asset “rischioso” come Bitcoin, e quindi un un’inflazione più bassa del previsto potrebbe favorire tutto il settore crypto.
Lo “stallo” di BTC è anche un segno dell’incertezza degli investitori, in attesa in questi giorni di un decisivo indizio sul futuro a breve termine dell’asset.
La risposta di Bitcoin
Le previsioni per i CPI di gennaio 2025 suggerivano un aumento dell’indice mensile dello 0,3% sul mese precedente, ma stabile allo 2,9% sui 12 mesi. Il dato Core, invece, si pensava sarebbe calato dal 3,2% al 3,1%.
I dati sono stati leggermente peggiori del previsto, a descrivere un leggero aumento dell’inflazione:
CPI (yoy): +3,0%
CPI Core (yoy): +3,3%
Bitcoin per ora risponde senza particolari sussulti, e gli analisti sembrano pensarla allo stesso modo: i mercati sembrano aver già “prezzato” l’unico taglio previsto per il 2025 ai tassi di interesse, e per questo BTC non rischia grandi correzioni al ribasso. Allo stesso modo, i dati macro dovrebbero essere ben più “sorprendenti” per aiutare la prima criptovaluta a conquistare di nuovo i $100k.
Ora però le cose potrebbero complicarsi ulteriormente. La nuova politica commerciale di Trump, che prosegue nella sua strategia di nuovi dazi imposti ai paesi stranieri, minaccerebbe di generare un’inversione di un trend (nonostante tutto, leggermente) deflazionistico.
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