Investimenti crypto: la cautela regna anche tra gli ETF
Di Davide Grammatica
I $176 milioni di inflow nei prodotti di investimento crypto segnalano scommesse rialziste degli investitori, ma meno intense rispetto al passato
Scommesse al rialzo (ma non troppo)
I prodotti di investimento nelle criptovalute sono tornati a registrare net-inflow dopo una settimana caratterizzata da uscite consistenti. Parliamo, nello specifico, come riportano i dati di CoinShares, di $176 milioni di net-inflow, verosimilmente generati da investitori che hanno visto nella recente forte correzione di Bitcoin la scorsa settimana un’ottima opportunità di acquisto.
Proprio con BTC sotto i $50mila, l’AuM dei prodotti nel loro totale aveva perso quasi 20 miliardi di dollari dai $95mld della settimana precedenti. Oggi si è ripreso a $85 miliardi, ma la volatilità suggerisce una forte instabilità dei mercati anche in settori dalla forte partecipazione istituzionale.
La (timida) spinta rialzista istituzionale si riscontra a prescindere da fattori geografici, con nuovi inflow registrati negli Usa, ma anche in Svizzera, Brasile, Canada e Hong Kong. E questa non riguarda esclusivamente Bitcoin. Al contrario, sarebbe Ethereum a beneficiare maggiormente di queste scommesse, con $155 milioni in entrata che portano gli inflow complessivi da inizio anno a $862 milioni.
L’attesa dei dati CPI
Tra gli ETF, domina come spesso accade BlackRock sia per BTC, sia per ETH, mentre la pressione di vendita proviene da Grayscale (pur non compromettendo gli afflussi netti).
Come accennato, il mercato ETF, pur segnalando un tentativo di rilancio da parte degli investitori, non lascia intendere quale sia la direzione che potrebbe prendere il mercato. La risposta alla correzione di BTC c’è stata, ma l’impressione è che anche gli istituzionali siano cauti ad effettuare nuove operazioni in attesa dei nuovi dati macro in arrivo in settimana.
Fondamentali, in questo senso, saranno i dati CPI Usa in via di pubblicazione mercoledì prossimo, ma anche i dati sull’inflazione UK, l’indice della fiducia dei consumatori australiani e l’indice dei prezzi alla produzione (PPI) giapponese.
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