Milei e il disastro LIBRA: è la fine delle memecoin?

Di Davide Grammatica

Il caso LIBRA ha in poche ore minato la credibilità del mondo crypto/memecoin e di un presidente di stato: d’ora in poi nulla sarà come prima

Milei e il disastro LIBRA: è la fine delle memecoin?

Il caso LIBRA

I progetti crypto legati direttamente al mondo politico avevamo appena iniziato a conoscerli con il caso $TRUMP e $MELANIA, memecoin “presidenziali” lanciate in concomitanza all’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca.

È stato un punto di non ritorno, e probabilmente anche un passo più lungo della gamba per un settore che mal si associa a un ambiente istituzionale. Diciamocelo: le memecoin non sono state certo pensate per essere rilanciate da dei presidenti di stato, soprattutto in un momento storico in cui ancora si lotta per la legittimazione del settore crypto (nel suo complesso) in ambito normativo in tutto il mondo.

Tutta la questione ha fatto insorgere molti dubbi nella community e, come volevasi dimostrare, tutta la dinamica è diventata il preludio a uno dei più “rumorosi” scandali crypto a livello globale degli ultimi anni: il caso LIBRA.

In poche ore, il presidente argentino Javier Milei ha alimentato e poi soffocato la FOMO degli investitori crypto intorno alla memecoin LIBRA, arrivata a toccare i 4,6 miliardi di dollari di capitalizzazione per poi crollare nel giro di poco tempo secondo le regole dei più classici rugpull.

Cosa è successo?

Intorno alle ore 23 del 15 febbraio, il presidente argentino Javier Milei ha condiviso su X un messaggio promozionale della nuova memecoin LIBRA, un nuovo progetto nato su Solana per “finanziare piccole imprese argentine”. In pochi minuti, il token ha raggiunto una capitalizzazione da oltre 4,6 miliardi di dollari, per poi lasciare gli investitori con le tasche vuote in un battito di ciglia.

Eppure di ragioni per diffidare dal progetto ce n’erano eccome. Non a caso, lo scetticismo è cresciuto rapidamente nonostante l’endorsement di Milei. Il sito web, per esempio, era stato creato solo poche ore prima del lancio, e non rispecchiava di certo l’infrastruttura di un progetto “miliardario”.

La tokenomics non è mai stata pubblica, e la community è sempre stata all’oscuro della reale distribuzione del token o di eventuali programmi di vesting. Verosimilmente, la fornitura totale di $LIBRA è stata in gran parte nelle mani di pochi, e proprio questi pochi operatori, in poche ore, sarebbero stati quelli a sottrarre $87,4 milioni ai pool di liquidità, facendo precipitare il prezzo del token.

Come nel più classico rug-pull: pool di liquidità unilaterali, vendite asimmetriche con dump coordinati sull’onda della FOMO degli investitori, e infine il drenaggio della liquidità.

I primi effetti collaterali

Milei è subito tornato sui suoi passi, sostenendo di ignorare i dettagli del progetto e quindi di non voler più pubblicizzarlo. Tuttavia, il danno era ormai stato fatto, con oltre 50mila wallet che avevano interagito con il token al momento del suo apice.

Tra gli investitori, tra l’altro, figurava anche l’avvocato Carlos Maslatón, che avrebbe subito coinvolto il presidente in un procedimento di impeachment sostenendone il coinvolgimento in una “truffa premeditata”.

Insomma, le memecoin sono passate dall’essere dei semplici giochi per degen crypto ad armi capaci di compromettere le carriere di presidenti di stato, e per questo tutta la vicenda rappresenta un passaggio cruciale per il futuro del settore.

Dal punto di vista degli investitori più navigati cambia poco, ma i pericoli derivati da una condivisione “presidenziale” potrebbero essere devastanti per un pubblico più mainstream. Anche per questo motivo, ci si aspettano ora manovre normative rilevanti nelle diverse giurisdizioni, per limitare i danni collaterali di un settore che si è espanso più velocemente di quanto si pensasse.

Un po’ di numeri

Grazie a un report condiviso da Nansen Research, che ha analizzato i dati onchain relativi al token, possiamo fare un breve bilancio dei danni.

Parliamo di una perdita complessiva di 251 milioni di dollari, a cui ha partecipato l’86% dei trader che ha interagito con il token. La percentuale rimanente avrebbe invece guadagnato $180 milioni. Nell’analisi, Nansen ha preso in considerazione wallet che hanno registrato un guadagno o una perdita assoluta di oltre $1.000.

Ancora adesso oltre 1.000 wallet deterrebbero il token con perdite non realizzate per circa $11 milioni. Uno degli snipe di maggiore successo ha invece realizzato un profitto di $6,5 milioni.

Il danno politico di LIBRA

Tutta la faccenda LIBRA assume rilevanza per come il token è riuscito, in un solo colpo, a minare la reputazione del settore e del presidente argentino. Ed è quindi il simbolo di un cambio radicale nell’industria, nonché della necessità di un cambio di approccio da parte degli investitori.

Per Milei il colpo è stato devastante. In primo luogo, il presidente è finito per delegittimare il messaggio che aveva contribuito a fargli vincere le elezioni, ovvero la lotta a una politica “fraudolenta”. Ma anche le sue idee anarco-capitaliste rispetto a una Banca centrale capace di “manipolare” il valore della moneta legale. Senza forse neanche accorgersene (forse truffato a sua volta) è finito per sponsorizzare chi, nel privato, ha fatto proprio questo. 

Non sorprende, di conseguenza, vedere incrinarsi il rapporto con la sua base elettorale: i seguaci più accaniti sono stati i primi ad esporsi alla memecoin, e oggi il presidente si ritrova con le spalle al muro.

L’operato di Milei in Argentina, tra l’altro, aveva attirato le attenzioni di tutto il mondo fin dal principio. Decenni di peronismo avevano causato all’Argentina problemi economici enormi, e la “medicina” di Milei, tanto drastica quanto inaspettatamente popolare aveva alimentato le discussioni rispetto a una politica economica “libertaria” e refrattaria al debito capace di risollevare il paese.

Il presidente in questi mesi era sempre riuscito a motivare le sue decisioni impopolari (tagli alla spesa di stato in tutti i settori) con il risanamento dell’economia. E i risultati ottenuti rispetto al riequilibrio dei conti pubblici, il crollo dell’inflazione, la ripresa economica e la riduzione della povertà gli hanno dato ragione, rafforzando il consenso a suo favore. Il caso LIBRA, tuttavia, potrebbe compromettere tutto questo.

Milei non è riuscito a offrire una narrazione convincente che lo potesse svincolare dalle accuse di truffa, e ha mostrato il fianco a chi già puntava alla sua testa criticandolo per il suo approccio discutibile ai diritti civili (a Davos, durante il WEF 2025, aveva accostato l’omosessualità alla pedofilia).

Conclusioni

C’è chi però sostiene che il danno collaterale di LIBRA possa toccare il settore crypto nel suo complesso. $TRUMP aveva già fatto venire qualche sospetto rispetto a un sistema costruito su accordi privati e insider trading, e LIBRA sembra esserne stata la dimostrazione palese.

Secondo diversi analisti, il mondo memecoin sarebbe oggi dominato da accordi pre-launch e da trading bot, per un contesto che lascia gli investitori medi ai confini del settore, impossibilitati a effettuare operazioni senza rischiare grossi danni.

La diminuzione della popolarità delle memecoin è la naturale conseguenza di tutto ciò, e un imminente drastica manovra normativa potrebbe compromettere dati tutto il mondo che tanto ha coinvolto gli investitori crypto negli ultimi anni.

Il mercato sembra già confermarlo: solo nell’ultimo mese, il numero di nuovi token lanciati su Pump.fun sarebbe calato del 59%.

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