Il mining scappa dall’Europa
Di Davide Grammatica
Anche l’ultimo hub di mining di Bitcoin europeo, che comprende gli stati del nord (Norvegia e in Svezia soprattutto), potrebbe presto chiudere i battenti per i costi dell’energia
I costi insostenibili del mining
Negli ultimi mesi il business nel mining di Bitcoin europeo ha subito un vero e proprio esodo. In sostanza, tutte le realtà principali del vecchio continente si sono trasferiti nel nord della Norvegia e in Svezia, per evitare costi energetici elevati, ma ora anche lì i prezzi dell’energia stanno diventando insostenibili.
Questo ha già comportato lo spegnimento di alcuni hub di mining, causato per una concatenazione di fattori tra cui anche un inverno precoce, che ha aumentato la richiesta di energia, una netta mancanza di vento nel Baltico, e i ritardi nella manutenzione programmata delle centrali nucleari in Francia, Svezia e Finlandia, senza contare anche la pressione sulla fornitura di gas naturale a causa del conflitto in Ucraina.
Fino a pochi mesi fa, i miner europei potevano contare sull’apporto dell’energia idroelettrica e sulla bassa domanda energetica, grazie all’ottimizzazione del rinnovabile in nord-europa (soprattutto in rapporto con il sud), ma i prezzi sono comunque aumentati vertiginosamente.
Solo in Norvegia, quest’anno, i prezzi dell’elettricità in dicembre sono stati in media di 18 centesimi di dollaro kWh, che coincide con circa quattro volte la media dei tre anni precedenti. In Svezia, allo stesso modo, i prezzi sono triplicati.
L’aumento dei prezzi ha costretto i miner a spegnere le loro macchine per risparmiare sui costi energetici, e se alcuni avevano già provveduto a novembre, chi resiste decide giorno per giorno a seconda degli andamenti dei prezzi se attivare o disattivare la produzione, come ha confermato, per esempio Kjetil Pettersen, ceo della norvegese Kryptovault.
Ad ogni modo, se i prezzi potrebbero ritornare accettabili per il primo trimestre del 2023, questi non riguarderebbero di certo anche l’Europa meridionale.
Lo stop temporaneo dei macchinari può essere visto anche come un mezzo di autoconservazione, reso possibile dal capitale di riserva e dalla capacità di raccogliere più fondi trasversalmente. Questo, a patto che il livello di debito risulti sostenibile, visto che, proprio a causa della leva finanziaria, diversi miner come Core Scientific e Compute North hanno già presentato istanza di fallimento.