I nuovi miliardari italiani sono a marchio crypto (e Tether)
Di Davide Grammatica
Forbes ha stilato la classifica aggiornata dei “più ricchi” d’Italia. I soliti noti, in larga parte, ma con new entry del mondo crypto
Imprenditori crypto italiani in grande spolvero
La rivista Forbes ha stilato la classifica aggiornata dei miliardari italiani. Primo in classifica, come ormai da diversi anni, l’imprenditore Giovanni Ferrero, con un patrimonio da 43,8 miliardi di dollari (più alto di sempre).
A questo giro non c’è più però il diretto rivale Leonardo Del Vecchio, il cui patrimonio è stato diviso tra gli eredi, e i posti successivi sono per patrimoni più “ristretti”.
Oltre a nomi noti come Andrea Pignataro (Ion Group) e Giorgio Armani, però, la classifica riserva una sorpresa degna di nota già in top10.
Al quarto posto risulta infatti esserci un nome nuovo, Giancarlo Devasini, cfo di Tether, (emittente della stablecoin USDT) e principale stakeholder della società. Il suo patrimonio risulterebbe essere di 9,2 miliardi di dollari, superiore a nomi quali Piero Ferrari, che con il 10% delle quote del cavallino si ferma a $8,6 miliardi.
E per la prima volta in classifica rientra anche Paolo Ardoino, ceo di Tether da pochi mesi e punto di riferimento per la community crypto italiana.
La crescita di Tether
La faccenda è verosimilmente una diretta conseguenze della crescita di Tether, che proprio nell’ultimo mese è arrivata a superare, con USDT, i $100 miliardi di capitalizzazione.
Le ragioni del rialzo derivano principalmente dall’aumento delle attività di trading e della consequente liquidità, che stanno rendendo l’asset sempre più dominante nella categoria delle stable.
A differenza del passato, inoltre, Tether sembra godere di una sempre maggiore fiducia da parte degli investitori, grazie un’evoluzione soprattutto in tema di gestione del collaterale, sostituendo asset rischiosi (come potevano essere dei crediti verso Celsius, poi finito in bancarotta) con asset quali buoni del Tesoro Usa.
Ad oggi, la fetta di mercato di USDT copre il 70% di tutta la quota in mano alle stablecoin, e anche i profitti risultano sempre in aumento (2,85 miliardi di dollari nell’ultimo trimestre), grazie ai rendimenti derivati dai titoli Usa.
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