Tasse crypto: aliquota al 33%, ma al 26% per le stable EMT in euro
Di Davide Grammatica
La bozza Legge di Bilancio 2026 sta facendo discutere non poco la community crypto italiana. Dal 33% sembrano esclusi i token denominati in EURO

Ancora molta confusione per le tasse crypto in Italia
Torniamo a parlare di tasse crypto in Italia e la musica è sempre la stessa. Quantomeno, lo è il sottofondo di confusione che sembra regnare tra gli uffici del MEF in materia di criptovalute, con nuove modifiche che spesso rendono il contesto ancora più di difficile interpretazione.
Un esempio lampante lo ha dato l’ultima bozza della Legge di Bilancio 2026, che sta facendo discutere non poco la community crypto italiana.
In sostanza, sembra di capire che la tassazione crypto dal 1°gennaio 2026 sia confermata essere del 33% sulle plusvalenze, ma ad eccezione delle operazioni che coinvolgono “e-money token denominati in EURO”, ovvero stablecoin MiCa compliant.
In parole semplici, se una quota crypto viene convertita in EMT peggata all’euro, l’aliquota da applicare sarà del 26%, mentre del 33% per il resto delle operazioni, come stable in dollari o NFT. Anche i proventi derivati da staking dovrebbero anch’essi rimanere sotto l’aliquota del 33%.
Ovviamente, parliamo di una semplice bozza della legge di bilancio 2026, che verosimilmente subirà numerose modifiche (anche per evitare diverse interpretazioni). Resta però curioso notare come la materia “crypto” crei sempre confusione (all’apparenza, quantomeno) tra gli addetti ai lavori negli uffici normativi.
Tasse rimarranno al 26% solo per conversione in stablecoin EURO mica compliant
Cambio in dollari – stablecoin dollaro: 33%
Cambio in euro (FIAT): 33%
Cambio in EURC o EURI: 26%
crypto – crypto: sempre fiscalmente non rilevante
stable EUR – EUR fiat: fiscalmente irrilevante… https://t.co/u0noli68cn
— The Crypto Gateway (@crypto_gateway) October 20, 2025
il testo della legge
L’interpretazione nasce da una modifica da effettuare al comma 24 dell’articolo 1 della legge del 30 dicembre 2024.
Si aggiunge infatti che “le disposizioni di cui al primo periodo si applicano con l’aliquota del 26 per cento, in luogo di quella ordinaria del 33 per cento […]. Ai fini del presente comma, per token di moneta elettronica denominati in euro si intendono i token il cui valore è stabilmente ancorato all’euro e i cui fondi di riserva sono detenuti integralmente in attività denominate in euro presso soggetti autorizzati nell’Unione europea”.
Nei prossimi giorni la bozza sarà trasmessa al Parlamento. Per ora, diversi esperti del settore sono concordi nell’interpretare che per i “token di moneta elettronica denominati in euro” l’aliquota sarà al 26% (e non al 33%), ma non manca chi rimane pessimista. Su questo tema, le sorprese abbiamo imparato che sono sempre dietro l’angolo.
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