Treasury in "crisi": USA in scacco?
Di Gabriele Brambilla
I Treasury americani subiscono delle vendite e vengono utilizzati come rappresaglia per i dazi: scacco per gli USA?

Introduzione al focus on
Le tensioni internazionali si accumulano soprattutto sul piano economico, stavolta coinvolgendo anche una delle categorie di asset più apprezzate in assoluto: Treasury in crisi, quali conseguenze per gli Stati Uniti?
Alcuni giorni fa avevamo trattato della questione in una breve notizia, annunciando l’uscita di questo approfondimento. Ora siamo finalmente pronti per indagare a fondo sulla questione dei Treasury, capendo cosa sta succedendo e come ciò potrebbe impattare sugli States (e non solo).
Dopo un breve paragrafo per comprendere cosa sono i Treasury, andremo direttamente al nocciolo della questione, valutando se effettivamente si può parlare di crisi vera e propria. Dopodiché, chiuderemo con un passaggio dedicato alle possibili conseguenze.
Indice
Cosa sono i Treasury americani?
I Treasury sono i titoli di Stato a stelle e strisce, emessi periodicamente dagli Stati Uniti per rifinanziare il debito pubblico, promuovere progetti e portare avanti le tante attività di cui un Paese si occupa.
In questo termine rientrano diverse sottocategorie di prodotti, nello specifico:
- Treasury Bill, noti anche come T-Bill. Caratteristica principale è la breve scadenza, che non supera l’anno. Sono emessi sotto la pari e gli interessi maturano alla scadenza;
- Treasury Note, chiamate anche T-Note. Titoli dalla durata decisamente più lunga (2, 3, 5, 7 e persino 10 anni), offrono il pagamento di una cedola ogni sei mesi e il tasso fisso;
- Treasury Bond, o T-Bond. Termini ancor più lunghi (anche 30 anni), cedola ogni sei mesi a tasso fisso;
- Treasury Inflation Protected Securities (TIPS). Strumenti pensati per proteggersi dall’inflazione, emessi su scadenze a 5, 10 e 30 anni. Anch’essi pagano una cedola semestrale a tasso fisso, con la particolarità che quest’ultimo si applica sull’importo investito corretto per l’inflazione del momento.
A prescindere dalla scelta, i Treasury sono noti per essere tra gli investimenti più sicuri al mondo, in quanto a garanzia ci sono gli Stati Uniti d’America. Sono una scelta valida per diverse categorie di investitori privati e società, ma non solo: i titoli di Stato americani sono infatti ben presenti nel corredo di diversi Paesi, anche nell’ordine di centinaia di miliardi di controvalore. Un esempio è il Giappone, che detiene circa 1.100 miliardi di dollari in Treasury per mano delle società di assicurazione locali. Segue poi la Cina, con circa 750 miliardi di dollari di controvalore.

Vendite e giochi di potere: Treasury in crisi?
Dicevamo che i titoli di Stato americani sono ritenuti uno degli asset più sicuri in assoluto, perfetti per tutelare il capitale, ma anche per farlo crescere nel tempo. In genere, sono presenti nei portafogli di molti investitori, da quelli individuali fino ai grandi fondi.
Guardandoli invece dalla prospettiva americana, i Treasury sono uno strumento fondamentale per raccogliere denaro utile per portare avanti gli investimenti e consentire il buon funzionamento degli apparati statali. Inoltre, essi rappresentano anche un simbolo di potere. Pressoché in tutto il mondo si detengono questi titoli perché garantiscono sicurezza ed esposizione al dollaro USA, altro strumento che nel tempo ha consentito agli States di affermare la propria supremazia.
Tuttavia, nelle ultime settimane le cose stanno cambiando. L’amministrazione Trump ha avviato una vasta campagna di dazi, andando a colpire soprattutto gli alleati storici, ma anche la grande rivale, ossia la Cina. Da poco più di una settimana, buona parte delle tariffe sono state messe in pausa, con l’intento di aprire il dialogo; la Cina è però rimasta esclusa, ma non solo: i dazi nei confronti dei suoi prodotti sono pure aumentati.
Mettiamo da parte tutte le conseguenze politiche e strategiche dell’approccio di Trump, che di fatto mettono la posizione americana di leader mondiale in grande discussione (e già lo era da tempo). Concentriamoci invece sui Treasury e su ciò che sta accadendo.
Il contesto attuale sta avendo una conseguenza diretta sui titoli di Stato a stelle e strisce: sono in corso delle vendite considerevoli, azione che stona con le condizioni attuali del mercato. Quali sono le motivazioni dietro questa tendenza?
La prima è piuttosto semplice: gli investitori stanno perdendo fiducia negli Stati Uniti e nella loro posizione di leader economico mondiale. Lo scenario si fa quindi sempre più serio e mette davvero a rischio gli equilibri in essere da molti decenni a questa parte.
Certo, non sono solo i titoli di Stato USA a finire nel mirino. Ad esempio, anche quelli britannici stanno vivendo un periodo di difficoltà, che mette sempre più pressione sulle spalle dei politici. Tuttavia, il peso dei bond americani è nettamente maggiore.
La seconda motivazione è anch’essa strettamente legata alla guerra commerciale: le vendite fanno parte di una rappresaglia.
Come dicevamo, la Cina è rimasta esclusa dalla momentanea pausa ai dazi, subendo invece una maggiorazione delle tariffe fino a un totale del 145%. Il Paese asiatico ha innanzitutto reagito con dei dazi-contromisura, la via più naturale per rispondere a tono. Altre iniziative, come il blocco degli acquisti di aerei Boeing (americani) sono in atto. Ma non solo.
La Cina possiede circa 750 miliardi di dollari in treasury americani e parrebbe che ne stia vendendo una parte. Questa azione contribuisce a far abbassare i prezzi a mercato dei titoli, aumentando al tempo stesso gli interessi (ci ritorneremo nel prossimo paragrafo) e mettendo così in difficoltà il governo americano.
Anche altri Stati potrebbero intraprendere questa strada in caso di bisogno: sono infatti molti i Paesi che detengono centinaia di miliardi di dollari in treasury. I titoli diventano quindi un’arma da utilizzare contro il nemico economico, ma bisogna fare attenzione: venderli in misura eccessiva comporta la loro svalutazione a mercato, rischiando di andare incontro a delle perdite; esattamente quello che potrebbe accadere alla Cina.
Infine, vi è una terza motivazione dietro le vendite: l’economia americana rallenta e potrebbe essere necessario un taglio ai tassi di interesse di emergenza, misura adottata già nel corso della pandemia. Tuttavia, non dimentichiamoci che i tassi bassi spalancherebbero definitivamente le porte al ritorno dell’inflazione, che necessiterà di azioni correttive future. La coperta è sempre troppo corta è la recessione sembra farsi sempre più concreta; all’orizzonte, non troppo velata, vi è poi la grande minaccia della stagflazione.

Le potenziali conseguenze
Per comprendere le conseguenze economiche, basta ripassare il meccanismo alla base dei prezzi dei Treasury. In verità basta davvero poco: le rendite sono inversamente proporzionali ai prezzi; perciò, se vi è tanta offerta (come in questo momento), le rendite si alzano per rendere i titoli più appetibili, mentre i prezzi chiaramente scendono, sono le regole del mercato.
In America, sia i bond a 10 anni che quelli a 30 stanno sperimentando una discesa che non si vedeva da tempo. Tra gli addetti ai lavori c’è chi ha definito questa situazione una “[…]fire sale of Treasuries”, giusto per rendere l’idea di quello che sta accadendo.
La conseguenza più seria sta proprio qui. Gli Stati Uniti, come molti Paesi dall’alto debito pubblico, fanno grande affidamento sui titoli di Stato per potersi rifinanziare e garantire il buon funzionamento della macchina federale.
Se vi è uno squilibrio domanda-offerta come quello attuale, abbiamo visto che i tassi di interesse tendono ad alzarsi. Ciò comporta dei costi maggiori a carico dello Stato, che dovrà pagare di più per ottenere il denaro in prestito mediante i titoli. Questa dinamica va ad aggravare il debito pubblico e mette maggior pressione alle casse, che faranno sempre più fatica a rispettare le scadenze. Quindi, ecco due possibili “conseguenze delle conseguenze”:
- Per alleggerire la pressione, gli States dovranno applicare ulteriori tagli alla spesa pubblica e/o aumentare il gettito fiscale (ossia le tasse). Sulla prima opzione ci sono brutte notizie: nonostante il D.O.G.E, i tagli e i proclami, l’amministrazione Trump sta andando incontro a un pesante deficit.
- I Treasury potrebbero addirittura subire un declassamento da parte delle agenzie di rating. Questo perché se le casse dovrebbero effettivamente mostrare maggiori difficoltà a ripagare i debiti, i titoli diverrebbero naturalmente più rischiosi e, di conseguenza, andrebbero declassati.
Oltre alle conseguenze puramente economiche, abbiamo già menzionato la perdita di prestigio e potere mondiale. Il processo è già in atto: la Cina sta cercando di compattarsi con alcuni Paesi asiatici che storicamente sono partner degli States (come il Vietnam) e dialogando con alcune personalità di spicco dell’imprenditoria europea.
Conclusioni
Lo scenario è in continua evoluzione e purtroppo non abbiamo delle certezze. Le considerazioni che abbiamo appena esposto sono frutto di ragionamenti naturali date le dinamiche in atto, ma potrebbero anche arrivare delle sorprese.
A prescindere da quello che effettivamente accadrà, abbiamo però una certezza: i dazi stanno danneggiando l’economia globale, colpendo pesantemente anche gli artefici stessi. L’illusione del “there’ll be a little disturbance”, frase pronunciata da Trump all’annuncio delle tariffe, è crollata: la situazione è grave e le conseguenze sono già entrate dalla porta principale.
Al tempo stesso, anche la Cina avrà le sue difficoltà, dato uno scenario economico interno tutt’altro che roseo. L’Unione Europea per ora è più tranquilla, ma non resterà di certo esclusa dal caos. Il resto del Mondo avrà le sue problematiche specifiche.
In questo periodo non ci stancheremo mai di dirlo: massima attenzione sui propri investimenti, minimizzare le operazioni ad alto rischio e restare sempre vigili.
Cosa accadrà all’economia americana e mondiale? Treasury in crisi, partita a scacchi ancora in corso. Rimaniamo a osservare, pronti a raccontare tutte le possibili evoluzioni.