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AI: l'intelligenza artificiale

Di Gabriele Brambilla

L'intelligenza artificiale (AI) è uno dei settori dal maggior sviluppo negli ultimi anni. Vediamo di che si tratta, cosa implica e che rapporto ha con la blockchain

AI: l'intelligenza artificiale

Che cosa si intende per intelligenza artificiale?

Dal 2023 protagonista di una crescita impressionante nell’euforia che la circonda, l’AI (intelligenza artificiale) è costantemente in crescita. Sicuramente ne avrai già sentito parlare a lungo, ma ripassiamola rapidamente, per poi valutare il collegamento che essa può avere con il mondo blockchain.

L’intelligenza artificiale non è un settore così nuovo come si può pensare. Sin dalla nascita del computer, gli umani hanno costantemente cercato di sviluppare tecnologie informatiche sempre più autonome e intelligenti. Nel tempo si è poi inserita la componente legata alla sfera dell’intelligenza, anche se il percorso non è stato privo di ostacoli.

Che sia un sistema operativo degli anni ’80 o Chat GPT, il software che opera dietro le quinte è sempre un più o meno lungo insieme di comandi, attentamente programmato dagli addetti ai lavori. Il risultato finale è lo stesso: se l’obiettivo è A, fare in modo che il software segua le istruzioni per cui è programmato, raggiungendolo.

L’introduzione della componente dell’intelligenza lascia gli obiettivi immutati, ma cambiano profondamente le dinamiche. Ad esempio, un vecchio software arrivava al risultato A perché sapeva che era frutto di B+C, ma qui ci si fermava; cambiando le carte in tavola, o introducendo elementi non previsti nella programmazione iniziale, il software non era più in grado di svolgere il suo lavoro.

L’AI tenta di eliminare questo fattore. Un software di intelligenza artificiale è in grado di ragionare e arrivare a delle conclusioni mediante una sequenza di “pensieri” compiuti in autonomia. Inoltre, può anche apprendere e fare tesoro delle esperienze passate, così da diventare sempre più indipendente e capace di soddisfare compiti più complessi. Chiaramente, alla base c’è comunque una programmazione “made by humans” molto complessa, nonché una mole di dati e informazioni date letteralmente in pasto al software stesso.

Se ci pensiamo, un programma di IA è un po’ come un bambino che fa esperienza e imparara nuove cose giorno dopo giorno, raggiungendo poi una certa maturità.

Ma vediamo una definizione di intelligenza artificiale. IBM sostiene che “Artificial intelligence, or AI, is technology that enables computers and machines to simulate human intelligence and problem-solving capabilities.” Esattamente ciò che dicevamo, ma condensato in una sola frase.

Storia dell'intelligenza artificiale

Come abbiamo accennato in precedenza, la corsa all’AI inizia da lontano con il nome più illustre nella storia dell’informatica: Alan Turing.

Turing fu un matematico, logico, scienziato e informatico. Egli è considerato il padre della moderna scienza informatica, nonché, udite udite, dell’intelligenza artificiale.

Siamo molto indietro nel tempo (Turing morì nel 1954), ma le sue ricerche furono le prime in assoluto nel settore da lui stesso chiamato machine intelligence.

Dopodiché, a soli due anni dalla sua scomparsa, Artificial Intelligence divenne una materia di studio in ambito universitario. In questi tempi i computer occupavano intere stanze, erano riservati solo a scienziati e militari e non erano in grado di svolgere chissà quali operazioni; per capirci, il mitico Nokia 3310 era in confronto una tecnologia aliena ultra-avanzata. Nonostante ciò, le basi della disciplina affondano le radici proprio in questo periodo.

Negli anni, la disciplina si ritrovò a passare momenti di disinteresse totale, incassando già critiche di vario genere. L’intelligenza artificiale restava qualcosa di nicchia, concettualmente sfruttata più dal mondo cinematografico e Sci-fi che dall’industria, dai servizi e dalle persone.

Con l’arrivo degli Anni Dieci del 2000, il settore ripartì con nuova energia. Le motivazioni sono differenti, ma sappiamo che l’innovazione tecnologica (soprattutto il deep learning) giocarono un ruolo fondamentale.

Il vero e proprio exploit dell’AI si è avviato a partire dal 2020 in poi. Si tratta quindi di un’area davvero molto giovane, dall’alto potenziale ma anche dalle non poche criticità.

A cosa serve l'AI?

Le applicazioni di questa tecnologia sono pressoché infinite, perché può adattarsi a specifici contesti e mansioni imparandoli man mano che vengono svolti.

Innanzitutto, un utilizzo diffuso dell’IA è sotto gli occhi di tutti: l’assistenza clienti. Sono ormai molti i portali che integrano un bot basato sull’intelligenza artificiale, in modo tale da fornire un supporto migliore e immediato ai clienti, senza dover obbligatoriamente passare da un essere umano. Ovviamente, quest’ultimo è sempre preferibile e spesso necessario, ma l’AI consente di risolvere piccoli problemi senza sovraccaricare il customer service.

Interessante anche il riconoscimento di un dettato e la trasposizione in versione scritta. Nel nostro piccolo già facciamo una cosa simile con Siri, Alexa a l’assistente di Google: diamo dei comandi a voce che vengono interpretati (e volendo anche scritti). Con lo sviluppo, l’intelligenza artificiale potrebbe diventare una dattilografa perfetta per chiunque scriva molto al computer: basterebbe parlare e il software farebbe il resto. Soluzioni di questo tipo sono già utilizzabili anche sui principali sistemi operativi per computer, ma hanno ancora molti limiti.

E poi, aggiungiamo che ovviamente ci sono tutte le applicazioni legate alla comprensione di ciò che l’umano dice, non solo per creare dei testi. Il riconoscimento vocale e l’interpretazione della parole è uno dei pilastri dell’AI e continuerà a esserlo nel tempo.

Passiamo poi a ChatGPT e soluzioni simili. Di fatto si tratta di assistenti avanzati, in grado di aiutarci a svolgere ricerche, preparare testi, correggerli, tradurli e tanto altro ancora. Ci sono anche qui molti limiti e la supervisione umana è ancora indispensabile. Secondo alcuni, l’IA sarà sempre più brava, mentre altri ritengono che la figura in carne e ossa debba comunque essere al centro e l’unica in grado di dare il tocco personale.

In effetti, se ci riflettiamo, l’AI non è per ora in grado di avere un reale pensiero autonomo, provare sensazioni o simili. O meglio, può anche farlo, ma si tratta di surrogati basati su fredde righe di codice. L’essere umano ha una complessità irripetibile e il suo operato ha quel pizzico di naturalità che anche la miglior soluzione IA per ora non ha… e forse non avrà mai!

Un’altra applicazione diffusa è quella delle immagini. Non si tratta solo di creare foto, modificarle e via dicendo, ma anche di soluzioni complesse per il riconoscimento dei volti, fino al supporto nello svolgimento e lettura di esami medici. In questo gruppo rientrano poi anche le auto a guida autonoma, così come i sistemi di tracciamento e difesa dei moderni mezzi militari.

Il punto è che l’AI ha applicazioni infinite, che vanno oltre al classico immaginario del robot che si muove e ragiona da solo.

Un giorno, l’intelligenza artificiale sarà magari in grado di monitorare più efficacemente i parametri vitali di un paziente sottoposto a un intervento chirurgico, anticipando l’arrivo di una grave problematica di alcuni secondi e comunicandolo prontamente all’equipe medica impegnata nell’operazione. Vorrebbe dire salvare vite.

Magari l’AI potrà analizzare le condizioni meteorologiche e informare con maggiore anticipo riguardo l’arrivo di un potente temporale che creerebbe maggiori disagi e pericoli. Magari monitorerà gli incendi boschivi, facendo predizioni sul movimento del fronte, aiutando gli uomini impegnati nelle operazioni di spegnimento e salvataggio.

Ancora, l’IA sarà forse in grado di leggere la mimica delle persone durante degli eventi affollati, individuando potenziali terroristi o criminali. Così come potrà essere un aiuto indispensabile per chi ha degli handicap o delle difficoltà di apprendimento.

Non sappiamo dove ci porterà questo viaggio. Sappiamo però che le potenzialità sono altissime e starà a noi utilizzarle nella maniera corretta.

A cosa serve l'AI?

Le criticità dell'intelligenza artificiale

Come ogni tecnologia, l’IA non è immune alle criticità e anzi, ce ne sono diverse.

La prima in assoluto riguarda le persone comuni, lavoratori e lavoratrici. L’intelligenza artificiale sta già impattando negativamente sul mercato del lavoro, perché capace di svolgere mansioni in precedenza ricoperte da un essere umano. Ciò crea quindi un grande problema sociale ed etico, assolutamente da non sottovalutare.

Ogni grande rivoluzione tecnologica ha come conseguenza la perdita di posti di lavoro che diventano superflui, se non obsoleti. Però, storicamente si sono trovati dei nuovi sbocchi creati dalla tecnologia stessa. L’intelligenza artificiale necessità certamente di sviluppatori in grado di lavorarci, ma la dimensione è nettamente inferiore rispetto a tutti quelli che potrebbero perdere il lavoro.

Per questo motivo, sono in corso in varie parti del mondo delle discussioni approfondite sul tema. L’obiettivo è trovare la giusta via di mezzo, che permetta di tutelare più lavoratori possibili, senza però imporre paletti troppo rigidi alla nuova tecnologia. È una questione spinosa e difficile da valutare.

Un altro fattore critico è quello etico sulla tecnologia stessa. Si sta infatti cercando di spingere sempre più verso un’AI umana, in grado di provare emozioni autentiche.

L’argomento è ancor più complicato, perché introduce anche delle considerazioni filosofiche. Se ci pensiamo, alla base dell’intelligenza artificiale c’è il codice, quindi potremmo dire (come abbiamo fatto in precedenza) “beh, alla fine sono emozioni surrogate, non reali“. Però, andando oltre, potremmo anche pensare che ciò non conta se la macchina le prova: surrogate o reali, si tratta pur sempre di emozioni. Senza poi contare il “giocare a fare Dio”, giustamente molto a cuore ad alcuni.

Ok, ora molti potrebbero dire “ma che mi importa di una macchina, è appunto tale, nasce per lavorare e basta spegnerla”. Probabilmente è davvero così. Però, con l’avanzamento della tecnologia non sappiamo quanto lontano andranno i limiti e quanto ciò impatterà sulle nostre vite. Occorre quindi un po’ di attenzione.

Vi è poi la corrente di pensiero estrema che vede l’intelligenza artificiale come un pericolo, immaginando scenari alla Terminator. Ecco, per ora siamo ben lontani dalla cosa. Vero però che l’evoluzione dei robot avanza e qualche problema potrebbe sorgere.

Stephen Hawking, una delle menti più grandi che abbiano messo piede su questo pianeta, sosteneva già in tempi non sospetti che servono costante monitoraggio, dei limiti e, soprattutto, dei piani B per poter spegnere immediatamente l’IA che dovesse iniziare a ragionare al di fuori delle istruzioni assegnate. E, francamente, il suo ragionamento non fa una piega.

Per ora comunque possiamo stare tranquilli e non dobbiamo prepararci alla rivolta delle macchine (Schwarzenegger sarà felice della cosa).

Resta il fatto che l’intelligenza artificiale richiede probabilmente una buona regolamentazione, soprattutto per evitare problemi sociali legati al lavoro, nonché quelli etici.

Le criticità dell'intelligenza artificiale

Intelligenza artificiale e blockchain

Torniamo nei ranghi e chiudiamo con il rapporto AI-blockchain.

Negli anni 2023 e 2024 è scoppiata la moda dei progetti crypto e blockchain a tema intelligenza artificiale. In alcuni casi si tratta di pura speculazione data dall’hype che ruota attorno al settore, mentre altri sono realmente interessanti.

La fusione tra i due campi può dar vita ad applicazioni molto utili.

La sanità rientra anche in questo caso tra i settori di spicco. L’AI potrebbe infatti aiutare a individuare malattie e pericolosi pattern, mentre la blockchain consentirebbe alle varie organizzazioni di condividere i dati in maniera sicura e privata.

Per svariati motivi, un campo dove la blockchain offre ottimi frutti è quello della supply chain: si elimina la carta, si rende tutto trasparente, automatico e privo di scorrettezze. Aggiungere all’equazione l’elemento IA permette di ottenere dati ancor più precisi, migliorare ulteriormente l’efficienza e aumentare complessivamente le possibilità.

Però, l’applicazione che interessa maggiormente agli investitori è legata al settore finanziario. Beh, la blockchain è già di per sé una rivoluzione, ma se poi aggiungiamo l’intelligenza artificiale facciamo bingo.

Immaginiamo un ambiente sicuro, affidabile, privo di intermediari e dalle transazioni rapide. Pensiamo a degli algoritmi in grado di valutare i fattori di rischio di un investimento, magari anticipandoli. Oppure dedicati al processo di credito e debito, eliminando le frizioni che la controparte umana può creare. Il campo finanziario sarebbe molto più rapido, sicuro e trasparente, a beneficio soprattutto del cliente finale.

A oggi, esistono diversi progetti blockchain legati al mondo AI come Render, Fetch.ai e SingularityNET. Attenzione alle tipiche dinamiche della bolla, perché c’è fin troppa esaltazione: l’analisi fondamentale deve essere alla base di qualsiasi eventuale decisione di investimento.

Si chiude così questo piccolo approfondimento sul mondo dell’artificial intelligence. Seguici per non perderti nulla dal mondo blockchain e crypto, compresi i progetti AI!


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