Come funziona il Carry Trade?
Di Gabriele Brambilla
Che cos'è e come funziona il carry trade: ecco le nozioni indispensabili su una strategia operativa diffusa e dalle implicazioni importanti

Che cos'è il carry trade
Il carry trade è una strategia finanziaria che consiste nel prendere in prestito una valuta con un tasso d’interesse basso per investire in un’altra valuta (o asset) che offre un rendimento più elevato. L’obiettivo è guadagnare sulla differenza tra i due tassi, nota come “carry”.
Nulla di particolarmente complesso, almeno sulla carta. Vediamo un esempio pratico per comprendere al meglio la definizione.
Un investitore potrebbe prendere in prestito yen giapponesi, noti per i loro tassi d’interesse storicamente bassi. Subito dopo, potrebbe convertire la somma in dollari statunitensi per acquistare titoli del Tesoro USA, che offrono rendimenti più alti. Se il tasso di cambio rimarrà stabile, l’investitore otterrà un profitto dalla differenza tra i tassi di interesse.
Il carry trade è una delle tante modalità pratiche che un investitore può mettere in atto per conseguire i propri obiettivi. Guai però a sottovalutarlo: serve il giusto mix di esperienza e conoscenze.
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Indice
Valute forti e banche centrali
Nel carry trade, le valute con tassi d’interesse bassi sono chiamate in gergo “valute di finanziamento”, mentre quelle con tassi più alti sono le “valute di investimento”. Questa distinzione si comprende immediatamente e si rifà all’esempio precedente: mi finanzierò con una valuta dai tassi tassi, mentre investirò su quella che propone rendimenti maggiori.
Storicamente, lo yen giapponese e il franco svizzero sono valute di finanziamento piuttosto popolari, mentre il dollaro australiano e neozelandese sono spesso utilizzate come valute di investimento. Ma si tratta solo di esempi: le monete in circolazione sono tante ed è possibile individuare diverse soluzioni.
Le banche centrali influenzano direttamente il carry trade attraverso le loro politiche monetarie. Ad esempio, se la Federal Reserve aumenta i tassi d’interesse, il dollaro diventa più attraente per gli investitori, incentivando il carry trade verso gli Stati Uniti. Al contrario, se la Bank of Japan mantiene i tassi bassi, lo yen rimane una valuta di finanziamento preferita.
Rischi e volatilità
Sebbene il carry trade possa apparire come una strategia finanziaria relativamente semplice, in realtà comporta una serie di rischi non trascurabili, soprattutto legati alla volatilità dei mercati valutari.
Il rischio principale è rappresentato dalle oscillazioni nei tassi di cambio. Se, ad esempio, un investitore prende in prestito yen giapponesi per acquistare obbligazioni in dollari australiani e, nel frattempo, il dollaro australiano si deprezza rispetto allo yen, il guadagno ottenuto sugli interessi può essere completamente annullato (o addirittura trasformarsi in una perdita) a causa del cambio sfavorevole. Qui entrano in gioco l’esperienza e la conoscenza per capire come minimizzare i pericoli e massimizzare le probabilità di guadagno.
In aggiunta, il carry trade tende ad attirare molti operatori in periodi di bassa volatilità, quando il mercato appare stabile e prevedibile.
Tuttavia, quando si verificano eventi improvvisi o crisi finanziarie, gli investitori possono affrettarsi a chiudere le proprie posizioni per ridurre l’esposizione, dando luogo al cosiddetto “unwinding” del carry trade. Questo fenomeno può amplificare la volatilità dei mercati, generando rapidi movimenti nei tassi di cambio, talvolta innescando vendite a catena che colpiscono anche altri settori finanziari. Per questo motivo, sebbene il carry trade sia spesso associato a una strategia a basso rendimento e rischio contenuto, nella pratica può avere effetti destabilizzanti nei momenti di tensione.
"Uno strumento in genere sicuro, ma che può presentare anche alti rischi"
Impatto del carry trade sui mercati
L’influenza del carry trade si estende ben oltre i mercati valutari. I flussi di capitale generati da questa strategia possono avere effetti significativi su intere economie, in particolare quelle dei Paesi emergenti.
Quando il denaro “a buon mercato” proveniente da economie avanzate si riversa su mercati più rischiosi ma redditizi, esso può portare a una rapida crescita degli investimenti locali, alimentando in alcuni casi bolle speculative su immobili, azioni o obbligazioni. Sebbene inizialmente questi flussi siano percepiti come positivi, un’inversione improvvisa (pensiamo a un aumento dei tassi nei Paesi di origine) può provocare un’uscita di capitali altrettanto rapida, con effetti destabilizzanti.
Anche le banche centrali monitorano attentamente l’impatto del carry trade, poiché influisce direttamente sui flussi di capitali transfrontalieri e, di conseguenza, sulla stabilità dei sistemi finanziari nazionali.
In certi contesti, il carry trade può persino indebolire la trasmissione della politica monetaria. In questo senso, il carry trade è uno dei tanti fattori che rendono la gestione della politica economica sempre più complessa.
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"Il carry trade può mettere in difficoltà i Paesi e indebolire le politiche monetarie"
Un esempio: yen carry trade negli anni 2000
Uno degli episodi più noti legati al carry trade riguarda il cosiddetto yen carry trade, esploso tra la fine degli anni ’90 e la metà degli anni 2000.
In quel periodo, il Giappone manteneva tassi prossimi allo zero per stimolare un’economia stagnante, mentre altri Paesi offrivano rendimenti ben più elevati. Così, gli investitori prendevano in prestito yen a basso costo e li convertivano in altre valute per acquistare asset più remunerativi.
Questa dinamica generò un enorme afflusso di capitali nei mercati esteri, contribuendo ad apprezzare le valute locali e gonfiare il valore degli asset. Però, con l’inizio della crisi finanziaria globale nel 2008, gli investitori chiusero rapidamente le posizioni, riportando i capitali verso porti più sicuri. Questo improvviso unwinding causò forti turbolenze nei mercati valutari e una severa correzione nei Paesi coinvolti, dimostrando quanto il carry trade possa alimentare l’instabilità sistemica quando i flussi si invertono.

Conclusioni
Oggi, il carry trade continua a rappresentare una strategia seguita da moltissimi operatori finanziari, dai fondi speculativi agli investitori istituzionali. Pur basandosi su una logica relativamente semplice, ossia sfruttare la differenza tra due tassi, le sue implicazioni sono tutt’altro che banali.
Capire come funziona il carry trade, quali condizioni lo favoriscono e in che modo può influenzare l’equilibrio dei mercati internazionali è fondamentale per chiunque segua l’economia, anche senza operare direttamente sui mercati valutari.
Considerando i numeri in gioco, questa operatività è una lente utile per comprendere i meccanismi che muovono i flussi finanziari, talvolta capace di rivelare crisi o squilibri prima ancora che diventino visibili agli occhi dell’opinione pubblica.