Credit Suisse crolla e la crisi bussa all’Europa
Di Davide Grammatica
Dopo il crollo delle banche americane, la crisi sembra bussare alle porte dell’Europa, e soprattutto di Credit Suisse. Ma anche il resto del sistema continua a traballare
La crisi di Credit Suisse
Sulla scia della crisi bancaria che ha colpito gli Stati Uniti (QUI il nostro approfondimento), con la caduta di banche come Silverbank, SVB e Signature, anche il sistema europeo comincia a traballare. Gli occhi sono tutti puntati su Credit Suisse, le cui azioni hanno toccato un nuovo minimo storico proprio in queste ore.
Inoltre, un importante investitore della banca svizzera, la Saudi National Bank, ha già dichiarato che non sarebbe in grado di fornire altra liquidità a causa delle restrizioni normative.
Il crollo del prezzo, sceso più volte sotto i 2 franchi svizzeri (interrompendo quindi la possibilità di trading), ha quindi innescato una nuova svendita di titoli di altre realtà europee, che già stavano affrontando significative turbolenze di mercato generate dalle banche americane.
Tra i maggiori ribassi si segnalano la francese Société Générale, la spagnola Banco de Sabadell e la tedesca Commerzbank, mentre le più colpite delle italiane risultano essere UniCredit, FinecoBank e Monte dei Paschi.
Il rischio del contagio
Il ruolo della Saudi National Bank, in questo contesto, assume un ruolo fondamentale, visto che se non fosse davvero in grado di garantire dell’assistenza finanziaria potrebbe scatenare un’ulteriore corsa al ribasso dei titoli. Il problema, però, sembra di essere solamente di carattere normativo, andando a possedere più del 10% consentito delle partecipazioni in Credit Suisse.
Ulrich Koerner, ceo di Credit Suisse, si è già espresso in difesa della liquidità della banca, giudicandola “molto, molto forte”, e in linea con i requisiti normativi. Il presidente Axel Lehmann, d’altra parte, ha invece rifiutato di commentare alla CNBC se la sua azienda abbia bisogno di un qualsiasi tipo di assistenza: “Siamo regolamentati, abbiamo solidi coefficienti patrimoniali, un bilancio molto solido”.
E anche per quanto riguarda l’andamento dei prezzi, silenzio assoluto. Altri investitori hanno denunciato “debolezze sostanziali” nei processi di rendicontazione finanziaria per il 2022 e il 2021, e in merito a ciò è intervenuta la stessa Securities and Exchange Commission (SEC) degli Stati Uniti, per una “valutazione tecnica delle revisioni precedentemente divulgate al rendiconto finanziario consolidato negli anni chiusi al 31 dicembre 2020 e 2019”.
Credit Suisse, a dirla tutta, non naviga in acque calme già dall’intero 2022, in cui ha rivelato di aver assistito a “prelievi significativamente più elevati dei depositi in contanti”, pari a 110 miliardi di franchi svizzeri solo nel quarto trimestre.
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