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Dati sul lavoro e licenziamenti: cos'è successo venerdì 1 agosto

Di Gabriele Brambilla

Venerdì complesso per gli Stati Uniti: i dati sul lavoro negativi hanno portato al licenziamento della numero 1 del Bureau of Labor Statistics

Dati sul lavoro e licenziamenti: cos'è successo venerdì 1 agosto

Tra dati sul lavoro e licenziamenti

Venerdì complicato per gli States, tra dati sul lavoro negativi e licenziamenti. Ricapitoliamo cos’è successo in una lettura rapida e semplice.

Problemi nel mercato del lavoro USA

Tutto è cominciato dall’aggiornamento di luglio delle Nonfarm Payroll, uno degli indicatori più seguiti negli States per quanto riguarda il mercato del lavoro. I dati pubblicati si sono rivelati al di sotto delle stime, ma non è tutto: anche quelli relativi a maggio e giugno hanno subito una revisione piuttosto marcata (258.000 posti in meno combinati rispetto ai numeri pubblicati in origine).

In più, anche il tasso di disoccupazione è leggermente cresciuto (ora al 4,2%), rispettando però le attese.

In ogni caso, le cifre degli indicatori appena menzionati possono essere un campanello di allarme riguardo il tanto temuto rallentamento di cui si parla da parecchio tempo.

Tuttavia, il problema non si è limitato ai numeri di per sé, anzi: questi sono passati in secondo piano, lasciando il palcoscenico a Donald Trump. Il presidente ha urlato alla manipolazione dei dati, sostenendo che vi era un bias politico pro-democratici. Risultato finale: licenziamento in tronco per il capo del Bureau of Labor Statistics, Erika McEntarfer.

CNBC ha messo in evidenza che questa mossa richiama a quella compiuta esattamente due anni fa dal governo cinese. In quel caso fu bloccata la pubblicazione dei dati sulla disoccupazione giovanile, posizionata ai massimi storici.

Donald Trump, che si è sfogato su Truth Social, ha accusato la McEntarfer di aver manipolato i dati anche prima delle elezioni, così da aiutare Kamala Harris nella corsa elettorale. Il tutto a distanza di poche ore dall’ennesimo invito a licenziare Jerome Powell dopo il mancato dei tagli ai tassi d’interesse:

“Jerome ‘Too Late’ Powell, a stubborn MORON, must substantially lower interest rates, NOW. IF HE CONTINUES TO REFUSE, THE BOARD SHOULD ASSUME CONTROL, AND DO WHAT EVERYONE KNOWS HAS TO BE DONE!”

Da entrambi gli schieramenti sono arrivati commenti a caldo in seguito alla vicenda. In generale, “vince” il anche cambiando la persona a capo del Bureau, non si può mutare la realtà dei dati. Per fortuna.

I mercati reagiscono male

I mercati non hanno preso bene tutta questa storia e la reazione non si è fatta attendere.

Per iniziare agosto con il piede sbagliato, venerdì tutti i tre principali indici americani (DJIA, Nasdaq Composite e S&P500) hanno chiuso la giornata in rosso. Nello specifico, hanno avuto la peggior giornata dal 21 maggio, rompendo con i continui record e contro-record della settimana precedente.

Il Dow Jones Industrial Average ha contenuto i danni con un -1,23%. È andata peggio all’indice S&P500 (-1,6%) e soprattutto al Nasdaq Composite, che ha chiuso a -2,24%. Niente performance da grande crollo per fortuna, ma segnali negativi in una giornata difficile.

La reazione dei mercati è certamente dovuta ai dati di per sé, che mostrano un quadro più complicato del previsto. Tuttavia, vi è anche un collegamento con il licenziamento di McEntarfer da parte di Trump, criticato da più parti.

In aggiunta, bisogna anche considerare l’arrivo di nuovi dazi, che dovrebbero entrare in vigore dal 7 agosto a meno di nuovi dietrofront da parte della Casa Bianca. L’incertezza per le società è palpabile, fomentata anche dall’aumento dei costi dovuti alle tariffe sulle importazioni. Questo mix di fattori potrebbe impattare ulteriormente sul mercato del lavoro, andando a rallentarlo.


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