Draghi indica la via all’Europa: il piano per la ripresa
Di Davide Grammatica
Mario Draghi ha presentato in Ue un report sulla competitività dell’Europa: si accende la discussione sulla ripresa economica
La via di Mario Draghi per la ripresa dell’Europa
Il report di Mario Draghi sulla competitività dell’Europa (commissionato da Ursula von der Leyen) ha acceso un forte dibattito in tutto il mondo, soprattutto per la “terapia” individuata come necessaria per una ripartenza economica di tutta l’euro-zona.
Andiamo dritti al punto. Per Draghi i punti cruciali su cui lavorare sono tre: innovazione, decarbonizzazione e sicurezza. Il tutto, per colmare un gap ormai fin troppo ampio con Cina e Usa, presi come metro di paragone.
Il passo richiesto all’Ue però non è semplice. Si parla esplicitamente della necessità di nuovi investimenti in una misura “doppia” rispetto al Piano Marshall, che nel dopoguerra aveva fatto ripartire l’economia di stati come Francia, Italia, Inghilterra e Germania dell’ovest. E ad oggi i numeri non sarebbero indifferenti.
I numeri sconfortanti dell’Ue
Come si legge nel report, servirebbero circa €450 miliardi per la transizione energetica, €150 miliardi per le tecnologie, €50 miliardi su difesa e sicurezza, e €150 miliardi per la produttività e l’innovazione. All’anno, per un minimo di cinque, e che siano gestiti da un’autorità federale.
Pesano soprattutto i pochi investimenti effettuati nell’ultimo ventennio in ricerca e sviluppo (sempre rispetto a quanto fatto invece da Usa e Cina), ma anche le modalità degli investimenti stessi.
Il budget federale Usa in R&D, per esempio, è 13 volte quello europeo, dove più che altro si pensa a “sussidi nazionali, frammentati e non coordinati”.
“L’Ue è in una situazione di stallo, con aziende tech oramai in una fase di maturità”, ha dichiarato l’ex premier italiano. “Gli investimenti in ricerca e sviluppo sono tornati ai livelli di 20 anni fa, e ci sono troppe barriere per commercializzare, tanto che, dal 2008 ad oggi, circa il 30% dei nostri innovatori più di successo si sono spostati negli Usa”.
La decarbonizzazione è propedeutica alla competitività stessa, e quindi sarebbe necessaria a prescindere. Gli Usa sono avanti anche da questo punto di vista, e la Cina segue con piani molto più chiari in questa direzione.
Tornare a investire in Europa
Ma il cuore della questione rimangono gli “investimenti produttivi”, deboli soprattutto nei settori più avanzati e a partire da quello digitale. Si fa accenno, in questo senso, al cloud computing e all’evoluzione dell’AI, rispetto ai quali l’Ue sembra essere già condannata ad avere un ruolo marginale.
Tra i dati meno clementi ci sono quelli che riguardano da vicino anche l’Italia. Il settore automotive, per esempio, sembra essere tra quelli più in crisi, con una quota globale di veicoli europei passata dal 31% nel 2000 al 15% nel 2022. Allo stesso tempo, la Cina ha aumentato la propria di 8 volte, arrivando oggi a mettere le mani sul 32%.
Vanno male anche le spese militari (cruciali in un momento di tensioni geopolitiche come questo) e il settore delle infrastrutture (-14% in 10 anni). Ma soprattutto sembra essere un fardello importante il mercato finanziario europeo in generale, che conta ancora in larga parte sulle banche locali (“nane, lente e inefficienti”) per supportare l’economia, a scapito dei capitali privati. Si dedicano, dice Draghi, più risorse nelle pensioni che in VC e startup, e questo è un problema.
“Ci sono alcune cose che sono così importanti per il futuro dell’Ue e per i suoi singoli Stati membri che si dovrebbe procedere tramite una cooperazione rafforzata nell’ambito del quadro generale”, ha sottolineato Draghi, infine, rispetto ai processi decisionali dell’Ue. “L’urgenza c’è, e a mio avviso è una sfida sacra”.
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"Si dedicano più risorse nelle pensioni che in VC e startup, e questo è un problema"