Dati sul lavoro, immobiliare e inflazione: viaggio nell'economia USA

Di Gabriele Brambilla

Concentriamoci sul mercato del lavoro, sui dati immobiliari e su altri indicatori per muoverci al meglio con i nostri investimenti

Dati sul lavoro, immobiliare e inflazione: viaggio nell'economia USA

Introduzione al focus on

Lo scorso venerdì, Donald Trump è esploso in seguito alla pubblicazione dei nuovi dati sull’occupazione americana. I risultati erano inferiori alle aspettative e il presidente non ha ovviamente gradito. Di mezzo ci è finita la numero 1 del Bureau of Labor Statistics, licenziata in quanto accusata di essere schierata dalla parte democratica, nonché di aver manipolato i risultati.

Al di fuori degli avvenimenti del “folklore trumpiano”, dobbiamo guardare i dati più recenti e capire dove si trova l’economia americana in questo momento.

Nel focus prenderemo in esame proprio le cifre da poco pubblicate, interpretandole al meglio. Non ci limiteremo però all’occupazione, anzi: approfondiremo anche il mercato immobiliare e daremo un’occhiata ad altri indicatori e pareri.

Diciamo sempre che l’economia a stelle e strisce mostra resilienza e che i mercati sono ai massimi storici. Ciò potrebbe confondere perché sì, è vero, ma ci sono dei segnali negativi che vanno strettamente monitorati. Oggi faremo esattamente questo lavoro, così saprai come muoverti e impostare al meglio la tua operatività sui mercati.

Buona lettura!

I dati americani sul mercato del lavoro

Iniziamo con la portata principale: il mercato del lavoro americano mostra delle difficoltà, è inutile nasconderlo o provare a dire il contrario.

Al termine della scorsa settimana, l’indicatore protagonista è stato quello delle Nonfarm Payrolls. Queste sono cresciute solo di 73.000 unita, al di sotto delle aspettative da 106.000. Una differenza tutt’altro che trascurabile.

Non abbiamo finito. Il Bureau of Labor Statistics, responsabile della pubblicazione di questo dato (oltre a molti altri), ha rivisto pesantemente al ribasso le Nonfarm Payrolls di maggio e giugno. Il risultato finale è una media sui tre mesi di sole 35.000 unità in più, meno di un terzo rispetto a un anno fa.

dati sul lavoro USA

Dati sul lavoro americani. Fonte: Investing.com

Le Nonfarm Payrolls (approfondisci cosa sono cliccando sul link) misurano il cambiamento nel numero degli stipendiati nelle attività non legate all’agricoltura nel corso dell’ultimo mese. Il dato è fondamentale per misurare lo stato di salute dell’occupazione americana, considerando che circa l’80% degli occupati lavora al di fuori del settore agricolo.

In genere, questo indicatore tende a mostrare che l’economia sta rallentando o perdendo terreno più di quello che mostrano altri dati. Questo perché le Nonfarm Payrolls arrivano con un po’ di ritardo rispetto alla recessione. Ma quest’ultima, almeno per ora, non c’è; le Payrolls diventano quindi l’avanguardia, ossia uno degli indicatori che devono farci tenere le antenne ben dritte.

Di fatto, in questa fase ci troviamo in un contesto di rallentamento economico. Il che non significa “recessione”, qualcosa di ben diverso e che implica una vera e propria decrescita. Il mercato del lavoro ci fa però capire che la possibilità di recessione è ancora sul tavolo per un mix di fattori: tassi di interesse che restano alti, dazi, incertezze e via dicendo.

La questione dei dazi è per molti addetti ai lavori la chiave. Dopotutto, spendendo più denaro per acquistare prodotti importati, i consumatori dovranno fare delle rinunce da qualche altra parte (cosa che peraltro sta già accadendo). Ciò indebolisce l’economia, ma al tempo stesso maschera alcune dinamiche come l’andamento dell’inflazione in determinati settori.

La scorsa settimana sono arrivati anche i nuovi dati sulla disoccupazione. Questa è leggermente cresciuta, senza però sorprendere: tutto previsto e calcolato.

Chiudiamo questa parte con una nota di cronaca. Dicevamo che Trump ha licenziato il capo del Bureau of Labor Statistics e a giorni dovrebbe annunciare il sostituto o la sostituta. In ogni caso, cambiando il boss, il risultato resterà lo stesso: i numeri non mentono mai e non si possono mutare a tavolino.

La contrazione del settore immobiliare

Cominciamo questa sezione con un chiarimento: il settore immobiliare americano sta vivendo un momento particolare, che i dati riescono a mostrare solo se presi nel loro insieme. In caso contrario, si andrebbe a generare confusione. Spieghiamoci meglio.

I prezzi delle abitazioni negli States continuano a crescere. Giugno 2025 ha visto il nuovo massimo storico di questo dato, ma di fatto potrebbe durare tanto quanto i suoi predecessori (poco): è stato infatti il 24esimo mese consecutivo in cui il dato YoY dei prezzi ha subito un rialzo.

Se ci fermassimo qui, tutto potrebbe sembrare florido: i prezzi crescono da anni (già dal 2020), quindi significa che la domanda accetta questa tendenza. E invece no, perché i compratori non si stanno muovendo e le vendite sono in calo. Ma come, i prezzi salgono e le vendite calano? Assurdo, vero? Eppure è proprio così.

Sempre a giugno, l’Existing Home Sales ha perso il 2,7% rispetto al mese precedente. In contrasto, appunto, con i 435.000$ di prezzo medio per una casa negli States, record high. I dati provengono direttamente dalla National Association of Realtors, la massima autorità americana per quanto riguarda il mattone.

existing home sales

Existing Home Sales. Fonte: Investing.com

Non se la passa meglio il New Home Sales, dato che mostra le vendite di nuove abitazioni. Secondo il Census Bureau americano, tra maggio e giugno c’è stata una diminuzione del 6,6% rispetto allo stesso periodo del 2024. Aggiustando i dati sulla stagionalità, la crescita e pari a un irrisorio 0,6%.

Lo scenario è molto complesso perché la primavera dovrebbe essere il picco del settore. Si tratta del periodo in cui gli americani acquistano casa, traslocano e poi passano a pensare all’estate, alle vacanze e all’arrivo delle festività. Di solito vi è poi un’altra stagione delle vendite in autunno, ma di magnitudo inferiore rispetto alla primavera. Di fatto, se in primavera non si vendono case, l’annata è compromessa quasi di sicuro. Questa primavera è stata negativa e l’estate non ha finora mosso le acque.

Ci sono altri segnali negativi, come il 15% di trattative saltate proprio a giugno. Anche questo è un massimo storico per il mese.

Indagando più a fondo si scopre che la domanda ci sarebbe e gli americani “urlano” da tempo contro la crescita dei prezzi nell’immobiliare. Tuttavia, queste persone non possono acquistare alle cifre attuali, oppure non se la sentono di farlo in un contesto che resta incerto (torniamo ancora una volta su dazi, lavoro, inflazione ecc.).

Perché i prezzi salgono anche in assenza di incontro tra domanda e offerta? Beh, la questione è spinosa e presente dal 2022. Possiamo dire che i fattori sono molteplici:

  • Mancanza di abitazioni. Negli Stati Uniti non ci sono abbastanza case e l’offerta non riesce a soddisfare la domanda. Ecco quindi che si innesca il tradizionale meccanismo “all’aumentare della domanda, se l’offerta non aumenta di pari passo, il prezzo sale“.
  • Tassi di interesse alti. Gli americani non vogliono acquistare un’abitazione accollandosi dei tassi d’interesse così elevati. Il tasso a 30 anni è di fatto bloccato intorno al 6,5/7% da novembre 2024; non ci sono segnali di variazioni al ribasso nel breve periodo.
  • Chi ha una casa non la vende per quanto appena detto. Difficile trovarne una nuova e impossibile farlo a condizioni economiche identiche a quelle che i già proprietari hanno, considerando che molti pagano ancora un mutuo a tassi inferiori. Quindi, perché cambiare?
  • Chi ha una casa e la vuole vendere, mantiene aspettative alte. Se non si trovano compratori, molti venditori decidono di ritirarsi e ricadere nel punto precedente. Così si alimenta ulteriormente la dinamica dell’offerta insufficiente.

In ogni caso, possiamo dire che per fortuna qualche segnale positivo c’è. A giugno, proprio l’offerta ha finalmente mostrato una crescita significativa, pari al 16% in un mese. In aggiunta, i venditori sembrano essere più pazienti. Ciò potrebbe aiutare a raffreddare la corsa dei prezzi, anche se il futuro resta complicato.

Cosa deve succedere per avere una svolta? Sono due i punti fondamentali:

  • Le case in vendita devono aumentare e non di poco.
  • I tassi d’interesse sui mutui devono scendere.

Il mercato immobiliare è la spina dorsale degli Stati Uniti. Diventa quindi fondamentale riparare la situazione il prima possibile.

Chiudiamo dicendo no, non ci sono segnali di crollo. Dopotutto, il 2025 sta mostrando dei miglioramenti lato offerta rispetto allo scorso anno, anche se restiamo su livelli inferiori al periodo pre-COVID.

Approfondisci: i dati immobiliari USA

Altri dati e indicatori dell'economia USA

I tassi d’interesse restano inchiodati e adesso tutti guardano a settembre per il tanto atteso ritorno ai tagli. L’ottimismo sembra prevalere, ma sappiamo che la Federal Reserve non si muoverà se non assolutamente convinta dell’azione.

Per adesso il 2025 è stato caratterizzato dallo stop totale a qualsiasi taglio: settembre sarà davvero il momento della svolta? In attesa di scoprirlo, diamo uno sguardo ad altri dati e indicatori utili per inquadrare meglio la situazione.

Nel Q2 2025, il PIL americano cresce a un passo annualizzato del 3%. Un dato positivo, che contrasta però con l’1,2% della prima metà. Il ritorno verso l’alto del PIL deriva dall’inversione delle importazioni tra Q1 e Q2, nonché dalla produzione locale: nel primo periodo, le aziende anticiparono i dazi e importarono il più possibile; nel secondo, c’è stato un forte rallentamento in questo senso.

Tra gli addetti ai lavori e gli esperti ci sono dubbi sulla seconda parte dell’anno. Si teme che la crescita economica sarà debole, sconfinando anche nella prima parte del 2026. Ancora una volta saranno i dazi a decidere in che direzione andremo e se ci sarà spazio addirittura per una recessione.

Spiccano le previsioni di Goldman Sachs, non di certo gli ultimi arrivati, che stimano una crescita limitata all’1% per la seconda metà del 2025. Motivazione: riduzione dei consumi e rallentamento del real income, riflesso della debole crescita occupazionale, dell’incremento dell’inflazione dovuto ai dazi e da altre dinamiche. Uno scenario negativo che non sembra provenire da un film SciFi, ma che non è detto che avvenga.

Come sempre, non possiamo fasciarci la testa prima del tempo e dobbiamo osservare i dati reali, non le stime. Tuttavia, se il quadro dovesse incontrare nuove conferme dai vari indicatori aggiornati, dovremo intervenire sui nostri investimenti per evitare delle perdite.

Per ora i mercati si comportano bene, ma sappiamo che il vento può cambiare molto rapidamente.

In questo periodo, parlare di bull market è corretto, ma al tempo stesso lo è pure parlare di crolli e problematiche, senza ignorare i chiari segnali che arrivano soprattutto dal gigante a stelle e strisce.

Stabiliamo da subito un piano B per tutti i nostri asset e non facciamoci trovare impreparati/e nel caso in cui le cose non dovessero andare bene. Se poi non dovessimo metterlo in atto e tutto andasse liscio, meglio così. In caso contrario, riusciremo a evitare di finire nel pieno della tempesta.


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