Elon Musk spinge per X a pagamento. Occasione per le crypto?
Di Davide Grammatica
Le parole di Elon Musk intorno alla trasformazione di X in un servizio a pagamento hanno fatto molto discutere, ma le crypto avranno un ruolo in questo?
Elon Musk, X e le criptovalute
La battaglia contro i bot su X (ex Twitter) di Elon Musk potrebbe essere arrivata a una svolta. Il miliardario ceo della piattaforma, dopo molteplici misure già messe in atto, che però non riescono a diminuire la presenza di bot sul social, ha infatti pensato a una nuova strategia: il pagamento obbligatorio per usufruire del servizio.
Musk, come ha rivelato in recenti dichiarazioni, sta quindi pensando di integrare un paywall per accedere a X, una sorta di “ultima spiaggia” per ridurre l’attività dei bot.
Una decisione che, se presa, potrebbe avere diverse conseguenze, come verosimilmente una diminuzione repentina dei bot a causa di costi operativi più elevati, ma anche una riduzione degli utenti attivi, che si potrebbero rifiutare di pagare un abbonamento obbligatorio.
E questo, nonostante la tariffa “base” per usufruire del social sia pensata in una forma molto ridotta rispetto al pagamento richiesto per accedere al servizio premium X Blue, sufficiente per bloccare l’attività dei bot, ma probabilmente anche quella di molti utenti reali.
Il ruolo delle crypto
In tutto ciò, la domanda che in molti si stanno facendo nella community crypto è se le criptovalute possano essere funzionali in qualche modo al processo di sviluppo che sta caratterizzando X.
Tradizionalmente, come successo ciclicamente in passato, si pensa subito a Dogecoin (DOGE) e a un suo ipotetico ruolo nella piattaforma, sia per le note simpatie di Musk nei suoi confronti, sia per delle velleità “finanziarie” che X ha più volte espresso tramite il suo ceo.
Elon Musk, di fatto, è sempre un convinto sostenitore della memecoin, ma non c’è stato nessun passo verso l’integrazione del token, che pure potrebbe essere “ideale” per le micro-transazioni necessarie per usufruire del nuovo (ipotetico) social “pay-to-play”.
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