Minare bitcoin: si può ancora fare da casa?
Di Gabriele Brambilla
Stai pensando di minare bitcoin? Vorresti farlo in solitaria, magari da casa? Ecco quanto può essere difficile

Minare bitcoin da casa: è possibile?
Lasciati alle spalle gli anni pionieristici della blockchain, ha ancora senso minare bitcoin da soli? Si può ancora fare da casa? Ci siamo posti queste domande e abbiamo studiato i dati a nostra disposizione. Dopo qualche calcolo, la risposta è servita in questo articolo.
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Indice
Cosa vuol dire "minare bitcoin"
Ripassiamo velocemente cosa significa minare bitcoin. Il mining è il meccanismo che consente alla blockchain di funzionare, mantenere la sicurezza e produrre nuovi BTC.
Il processo fa parte del modus operandi dell’algoritmo di consenso Proof-of-Work, ancora oggi il più sicuro in assoluto ma penalizzante lato prestazioni della blockchain.
Il mining permette di estrarre nuove coin, un po’ come accade per i metalli preziosi. Il miner si dota di speciali computer in grado di elaborare complessi calcoli matematici; risolvendoli si ottengono nuove coin appena create.
A questo punto, dobbiamo capire se è possibile minare bitcoin in solitaria e, soprattutto, quanto può essere profittevole.
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Dotazione tecnica: gli ASIC
Affronteremo ora un paio di questioni puramente pratiche (dotazione tecnica ed energia elettrica). Dopodiché passeremo alla difficoltà del mining, per poi unire il tutto.
Cominciando dall’hardware, minare bitcoin (ma anche alcune altre crypto Proof-of-Work) richiede di possedere almeno uno o più ASIC. Si tratta di speciali computer costruiti appositamente per svolgere questo compito.
Un tempo era possibile darsi a questa attività anche con il computer di casa, sfruttando la potenza computazionale delle schede video. Oggi però la difficoltà è davvero troppo elevata e un normale PC non riuscirebbe a portare alcun risultato, se non una fattura per l’energia più alta del normale.
Gli ASIC hanno dei costi variabili, nell’ordine comunque di qualche migliaio di dollari al pezzo. Questa voce di spesa va sempre considerata, perché deve essere recuperata nel tempo.
Queste macchine Ssono piuttosto esose di energia elettrica, necessaria per farle lavorare a pieno regime e provare a risolvere i complessi calcoli matematici necessari per minare BTC. Indicativamente, un ASIC consuma almeno 3.000 watt (3 kW); per dare un’idea di confronto, una lavatrice consuma tra i 500 e i 1.500 watt. Si tratta quindi di strumenti che comportano dei costi non da poco, uniti a un fatto puramente pratico che scopriremo a breve.
Parliamo ora di corrente elettrica, con la consapevolezza che ha un ruolo chiave nel determinare la fattibilità del mining tra le mura domestiche.

Energia elettrica e mining
L’energia elettrica è determinante per stabilire se minare bitcoin o lasciar perdere. O meglio: è il costo dell’energia elettrica a decidere i giochi.
Siccome siamo molto fortunati (ovvia ironia), iniziamo dicendo che l’Italia è uno dei peggiori Paesi al mondo dove minare criptovalute. Il costo dell’elettricità è alto e, come si può intuire, incide parecchio sull’eventuale guadagno finale.
Stando ai dati reperibili in rete (molto interessante questa ricerca di CoinGecko), estrarre un BTC nel 2025 richiede circa 860.000 kWh di energia elettrica per un miner solitario. La ricerca linkata porta un esempio per rendersi conto di quanta corrente sia: più o meno il fabbisogno di 80 case americane per un anno intero.
Il costo medio di 1 kWh nel nostro Paese è di 0,25-0,30€ (dati di ottobre 2025). Se moltiplicassimo 860.000 * 0,25 otterremmo 215.000, ossia gli euro di bolletta elettrica da spendere per estrarre un singolo BTC. Tutto in linea teorica, perché non avremmo alcuna garanzia di successo. In altre parole, saremmo pesantemente in perdita e non ci sarebbe alcuna convenienza a procedere.
In alcuni Paesi il discorso cambia. Già negli States, il dato scende al di sotto dei 100.000€. Saremmo un po’ al limite, ma ci sarebbe già un guadagno teorico. Meglio ancora in altri Stati, dove il costo dell’energia è bassissimo (poche migliaia di dollari per estrarre un singolo BTC).
Oltre al portafoglio, bisogna pensare anche alla praticità. Ammesso che volessimo comunque minare crypto, bisogna considerare che un ASIC consuma almeno 3.000 watt. Una normale utenza domestica ha come limite 3/3,5 kWh; in altre parole, potremmo a malapena tenere accese le luci e la TV con un ASIC in funzione. Si può chiedere al proprio fornitore di aumentare la potenza massima, ma ciò comporta un costo extra in bolletta (contenuto, ma c’è).
Valutare la fattibilità del mining in solitaria richiede quindi un attento calcolo tra costi dell’hardware, dell’energia elettrica e della praticità. L’ambiente è molto competitivo e le possibilità di minare un bitcoin sono davvero ridotte, ma non mancano gli esempi di persone che ce l’hanno fatta solo sulle loro gambe.
Se vivi in un Paese dove i costi sono ridotti, o se hai delle condizioni particolari (ad esempio un impianto fotovoltaico performante, che ti permette di abbattere le spese), potresti valutare di procedere. In caso contrario, per i miner solitari italiani la vita è davvero dura.
Perché è difficile minare bitcoin?
Introduciamo l’ultimo elemento di cui tenere conto, di fatto il più importante: la difficoltà nel minare bitcoin.
Un tempo, questa attività era molto semplice e chiunque, anche con un portatile-rottame, poteva partecipare al processo e intascarsi qualche BTC. Vi è da dire che la coin valeva pochissimo, se non addirittura nulla. Restava quindi un “lavoro” per smanettoni e appassionati, nulla di più.
Ma perché la difficoltà è aumentata? Andiamo con ordine e lo capirai. Bitcoin è disegnata per produrre un nuovo blocco ogni 10 minuti. Il blocco si crea proprio mediante il processo di mining, che assicura che le cose procedano nella maniera corretta, senza manipolazioni. Contestualmente, a ogni blocco corrisponde il rilascio di nuove coin; il numero di queste è variabile e si dimezza ogni quattro anni (halving, clicca e approfondisci). Le nuove coin vengono assegnate al miner che per primo risolve un problema matematico più o meno complesso.
Quando i miner risolvono il problema troppo velocemente, gli algoritmi che regolano Bitcoin aggiustano la difficoltà in automatico. In questo modo si riporta il tempo a 10 minuti, come deve essere. Ciò avviene circa ogni due settimane, ossia ogni 2.016 blocchi.
La difficoltà del problema può inoltre essere abbassata, così come restare identica: dipende dalle performance dei miner.
Dicevamo che un tempo era facile minare bitcoin, ma poi le cose sono cambiate. Nel momento in cui è aumentata la competizione, l’algoritmo della blockchain ha modificato di conseguenza la difficoltà. Poi, sono comparsi miner con computer sempre più potenti, fino alla scoperta dei sistemi basati sulle GPU (schede grafiche), decisamente più performanti delle normali CPU. Infine, siamo arrivati agli ASIC, che oggi vengono ammassati in migliaia e migliaia all’interno di capannoni dedicati interamente all’attività di estrazione (le cosiddette mining farm).
La corsa alla ricerca delle performance (e quindi del profitto) ha portato i miner a migliorare, provocando un continuo aggiustamento della difficoltà dei problemi per restare nei 10 minuti previsti dal codice.
L’hashrate totale, ossia la potenza computazionale, è cresciuta a dismisura. Prima del 2018 era di pochi milioni di TH/s; nel 2019 si toccarono i 100; oggi siamo intorno a 1 miliardo di TH/s. Per chiarezza, 1 TH/s = 1.000 miliardi di calcoli al secondo.
Evoluzione dell’hash rate totale di Bitcoin. Fonte: Blockchain.com
Proprio l’hash rate ci fa capire quante possibilità abbiamo di estrarre 1 bitcoin, secondo la potenza che abbiamo a disposizione. Un PC moderno si ferma più o meno a 10 MH/s: le possibilità di estrarre un bitcoin sono di fatto zero. Un ASIC medio va dai 100 ai 200 TH/s, ma si è una parte infinitesimale della potenza complessiva. Di conseguenza, le chance restano bassissime.
Esistono però casi di successo anche in questi tempi. Proprio nel 2025 ci sono stati alcuni individui che hanno minato un blocco, portandosi a casa tra i 250.000 e i 370.000 dollari (3,125 BTC, il cui valore varia in base al prezzo). Tuttavia si tratta di eccezioni: a dominare sono i grandi consorzi e le farm.
Un’alternativa è proprio quella di aggiungere la propria potenza a un pool di altri miner solitari. In questo modo, l’unione fa la forza e si può competere nel mercato. I mining pool di successo conseguono dei guadagni regolari, che vengono poi distribuiti proporzionalmente ai soci che ne fanno parte. Una bella alternativa, soprattutto se si opta per realtà etiche, che richiede comunque dei calcoli dovuti al costo dell’energia e dell’hardware.
Perché alcuni minano bitcoin da soli?
È naturale porsi questa domanda. Dopotutto, se l’ambiente è così competitivo e le possibilità di chiudere un blocco da soli equivalgono a vincere alla lotteria, perché farlo?
La questione è principalmente etica. Bitcoin è una blockchain che punta tutto sulla decentralizzazione e l’assenza di controllo; la stessa cosa la fanno anche altri network, con risultati variabili. Ci sono persone che desiderano mantenere la filosofia di base, preferendo restare in solitaria piuttosto che unirsi ai pool. Così facendo, si contribuisce anche a contrastare l’egemonia delle farm.
In alcuni casi, ci sono individui che scelgono di minare bitcoin per questioni fiscali. Esistono infatti Paesi dove è possibile ottenere dei benefici lato tasse, anche se l’Italia non è ovviamente uno di quelli.
Troviamo poi persone che hanno accesso a energia elettrica davvero a buon mercato, fino ad arrivare a società che devono impiegare da qualche parte del surplus energetico. Pensiamo ad esempio a delle centrali elettriche che si ritrovano con uno spreco della produzione nelle ore scariche: minare crypto è la soluzione.
Infine, c’è anche chi decide di minare criptovalute ragionando proprio come se fosse un gioco d’azzardo. Il “brivido” di avere un’infinitesima possibilità ogni dieci minuti è più forte di tutto il resto e spinge a provarci. Dopotutto è lo stesso meccanismo per cui tanti giocano al Superenalotto o acquistano i biglietti della lotteria. In ogni caso, servono le disponibilità economiche per fare un ragionamento di questo tipo, che a prescindere non è sano.
Conclusioni
In chiusura, abbiamo capito che minare bitcoin non è profittevole per i singoli, ma c’è chi ha avuto fortuna e continua su questa strada.
Tanti fattori influenzano la scelta di come (e se) procedere: dal costo dell’energia elettrica all’hardware, arrivando persino alla tassazione.
Se vuoi entrare in questo mondo perché ti incuriosisce, ma non hai i mezzi, puoi cercare un pool affidabile e calcolare se effettivamente può darti dei guadagni. Sarà comunque un’avventura e una nuova preziosa esperienza.