La Russia potrebbe eludere le sanzioni con le crypto?
Di Davide Grammatica
Le sanzioni economiche dell’Occidente hanno colpito gravemente l’economia russa. E c’è chi dice potrebbe ricorrere a BTC per eluderle. Ma è davvero possibile?
Le conseguenze delle sanzioni
Con l’intensificarsi dell’invasione della Russia nei confronti dell’Ucraina, è continuato anche l’inasprimento delle sanzioni economiche. Che includono l’esclusione delle banche russe dal sistema SWIFT, il congelamento dei beni di proprietà degli oligarchi, e le limitazioni della capacità di effettuare transazioni in valuta estera.
La rincorsa alle risorse digitali è stata la prima conseguenza della svalutazione del rublo russo e, insieme ad essa, sono aumentate le voci della possibilità che gli oligarchi possano ricorrere a Bitcoin per incassare il colpo, se non addirittura eludere queste sanzioni imposte dagli stati della Nato e dall’Unione europea.
Questa evenienza, tra l’altro, ha messo in allerta gli stessi enti occidentali, che si sono subito mossi a verificare la questione, accelerando i processi di regolamentazione delle criptovalute.
La decentralizzazione di BTC, in questo preciso momento storico, sta creando problemi e opportunità, a seconda della prospettiva dalla quale si guarda. L’Ucraina, dall’altro lato della barricata, continua a raccogliere fondi da tutto il mondo sfruttando i canali crypto, mentre la Russia, sempre con lo stesso strumento, potrebbe creare un precedente importante in opposizione alla politica delle sanzioni dell’Occidente.
Potrebbe funzionare?
Tuttavia, uno scenario del genere potrebbe essere molto complicato che si realizzi. In primo luogo, c’è un problema di mancanza di liquidità. Considerando la consistenza dei fondi degli oligarchi russi, è difficile che le reti possano sostenere i trasferimenti di miliardi e miliardi di dollari in così poco tempo. E lo stesso Carol House, a capo dell’ufficio cybersicurezza del National Security Council, negli Stati Uniti, ha definito lo strumento delle criptovalute come “inefficace in scala a ciò che lo stato russo avrebbe bisogno per aggirare tutte le sanzioni.
In secondo luogo, i miliardari russi che anche volessero approcciare questo tentativo, dovrebbero poi fare affidamento su servizi di anonimato che, per quanto l’opinione pubblica continui a credere sia garantita dalle criptovalute (non del tutto, almeno), sono ancora necessari. Le attività svolte sulla blockchain, così come qualsiasi transazione, possono tranquillamente essere monitorate dalle forze dell’ordine, come dimostrano anche fatti recenti.
Infine, un’attività del genere comporterebbe un incremento sostanziale dei limiti sui casi d’uso dei fondi, che per quanto riguarda il mondo crypto sono soggetti a numerose norme antiriciclaggio e all’attenzione delle autorità di regolamentazione in generale. La Russia, in questo senso, non avrebbe comunque vita facile ad aggirare attività potenzialmente illegali, il che rimane un obbiettivo primario in circostanze in cui la cautela risulta fondamentale.