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Tasso di disoccupazione: l'essenziale da sapere

Di Gabriele Brambilla

Tra gli indicatori più utilizzati e noti vi è il tasso di disoccupazione. Scopriamo di che cosa si tratta, a cosa serve e quali sono i suoi limiti

Tasso di disoccupazione: l'essenziale da sapere

Introduzione

Conosciamo più a fondo il tasso di disoccupazione, uno dei dati statistici più famosi e rilevanti in ambito economico. Ecco tutto quello che devi sapere.

Cos'è il tasso di disoccupazione?

Il tasso di disoccupazione è uno dei parametri economici e statistici più importanti in assoluto. Esso è un indicatore che, mediante un semplice numero, offre un’immediata fotografia del lavoro in un dato Paese, ma anche su territori più piccoli (come le province) o ampi (l’Eurozona).

L’indicatore permette di misurare la differenza tra domanda e offerta nel mondo del lavoro, ossia la richiesta di forza lavoro da parte delle imprese e la domanda di impieghi da parte di chi lavora.

La formula per calcolare il tasso di disoccupazione è piuttosto semplice: basta dividere il numero di persone che cerca lavoro con il totale della forza lavoro. Quest’ultima consiste nella somma di chi non lavora e cerca (disoccupati) con chi invece ne ha già uno (occupati). Il risultato della formula è un numero espresso in percentuale.

TASSO DI DISOCCUPAZIONE = DISOCCUPATI/FORZA LAVORO

Data la natura stessa della formula, talvolta il tasso di disoccupazione cresce con quello degli occupati; questo perché vi è appunto una stretta relazione tra le due categorie, che insieme compongono la forza lavoro.

"TASSO DI DISOCCUPAZIONE = DISOCCUPATI/FORZA LAVORO"

A cosa serve il tasso di disoccupazione?

Il tasso di disoccupazione è indispensabile per valutare lo stato generale del mercato del lavoro.

In misura più ampia, il dato ha grande importanza nel misurare come sta l’economia, soprattutto in periodi complessi. Ad esempio, quando l’inflazione è elevata, le banche centrali intervengono con misure che impattano sugli investimenti e le imprese, che si ritrovano così a dover tagliare la manodopera. In questi casi, tenere monitorato il tasso di disoccupazione consente di valutare fino a che punto si può spingere con gli interventi e quando invece bisogna fermarsi, pena problematiche ancor più serie.

Inoltre, il tasso influenza anche la questione degli stipendi. Quando esso aumenta, i lavoratori hanno meno forza contrattuale e non possono alzare troppo le pretese. Di conseguenza, le retribuzioni si riducono. Al contrario, se il tasso è basso e la domanda da parte delle imprese è alta, i lavoratori hanno maggiore forza e possono richiedere più denaro.

In ogni caso, seppur importantissimo, il tasso di disoccupazione ha dei limiti. Un esempio è la definizione stessa di disoccupato, secondo cui è sufficiente lavorare poche ore a settimana (addirittura una!) per non rientrare nella categoria. Ciò influenza il tasso, che così risulta inferiore a quello che in realtà dovrebbe essere.

Un’altra considerazione sta nella differenza tra disoccupati e inoccupati. I primi non hanno lavoro e lo cercano attivamente, mentre i secondi sono coloro che non hanno mai avuto un impiego. Però, anche se questi ultimi sono in cerca di lavoro, non rientrano comunque nel tasso di disoccupazione. Risultato: tasso inferiore a quello che in realtà dovrebbe essere.

Tasso di disoccupazione Italia ed Europa

Un tasso di disoccupazione sano si aggira tra il 3,5% e il 4,5%, secondo alcuni esperti anche fino al 5%. Queste cifre consentono di avere un buon equilibrio tra domanda e offerta, così come il bilanciamento tra la forza contrattuale dei lavoratori e quella delle imprese.

Chiaramente il dato non resta mai fisso a queste quote, sarebbe troppo bello. Esistono periodi in cui la disoccupazione cresce, mentre altri in cui cala e scende addirittura sotto il range ottimale. L’economia è un intreccio di parametri e dinamiche che si condizionano a vicenda: il tasso di disoccupazione fa parte del gioco.

Passiamo quindi al pratico: quanti disoccupati ci sono in Italia e in Europa?

Possiamo consultare i grafici di TradingView, basati su dati Istat, per sapere in qualsiasi momento qual è la situazione del mercato del lavoro italiano.

Nel nostro Paese c’è sempre stato un rapporto conflittuale con l’indicatore protagonista di questo articolo. Storicamente alterniamo periodi in cui il tasso va in doppia cifra con altri in cui si “stabilizza” sul 6/7 percento. In ogni caso, il grafico in questione mostra i dati dal 1983 e non siamo mai entrati nel range ottimale.

Lo stesso discorso vale per l’area euro. Questo dato è frutto della media dei tassi di disoccupazione degli Stati che compongono l’area euro. Di conseguenza, esso difficilmente può entrare in area 3,5/4,5%: troppe differenze tra i vari Paesi.

Stati Uniti e Cina

Il discorso cambia per Stati Uniti e Cina, economie differenti rispetto alle realtà europee.

Agli States non mancano periodi in cui i disoccupati superano il 10%, ma neppure fasi in cui si è nel range ottimale. Ancora meglio la Cina che fa del tasso basso uno dei suoi cavalli di battaglia.

Date le dimensioni economiche di questi due Paesi, la disoccupazione è un dato da tenere monitorato, perché capace di offrire informazioni rilevanti in ottica generale, al di fuori dei loro confini.


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