Trump, Cina e la voglia matta di crypto
Di Gabriele Brambilla
Nello "scontro" tra Stati Uniti e Cina entrano anche le crypto: entrambi i Paesi cercano la leadership anche in questa industria, tra crypto-hub, ETF e stablecoin
Le due superpotenze e le criptovalute
Non è un mistero che Stati Uniti e Cina si stiano affrontando su diversi terreni. La guerra commerciale, per adesso in una fase di pausa dopo l’incontro Trump-Xi, è solo la punta dell’iceberg: sotto di essa c’è molto di più.
L’intelligenza artificiale è uno dei “campi di battaglia” più discussi. Gli Stati Uniti detengono estrema forza, con tantissime realtà leader del mercato direttamente sul suolo come OpenAI (ChatGPT). Tuttavia, la Cina si è fatta sotto e sta sviluppando alternative (vedi DeepSeek) interessanti e a minore consumo energetico.
In questo contesto, anche le criptovalute entrano in scena.
Nel settore, gli States hanno un vantaggio importante; molti progetti provengono dal territorio e, con un clima sempre più favorevole, ci possiamo aspettare ulteriore crescita. In aggiunta, il dollaro americano, prima valuta assoluta negli scambi mondiali (utilizzata per circa il 50% delle operazioni) è leader incontrastata delle stablecoin.
Anche qui però la Cina non resta un osservatore. Il gigante asiatico vuole guadagnare terreno e richiamare investimenti, nonché spingere lo yuan come alternativa al dollaro. Non a caso, secondo dati SWIFT, a settembre la valuta cinese occupava la quinta posizione mondiale, in crescita, per una quota di oltre il 3% degli scambi. Poco, certo, ma diamo tempo al tempo.
La Cina è diversa dagli States lato crypto. Nel Paese vige infatti un ban alle transazioni domestiche dal 2021; tuttavia, Hong Kong si sta affermando come uno dei poli mondiali dell’industria.
Cina e crescita crypto
L’attenzione è tutta sulla speciale regione amministrativa di Hong Kong. Qui, al contrario del resto della Cina, le criptovalute trovano stimoli per spingerne adozione e investimenti.
Proprio in questi giorni, Hong Kong ha allentato delle restrizioni. Ora, le piattaforme di trading autorizzate possono collegarsi direttamente con exchange esterni e listare nuove coin e token, oltreché stablecoin autorizzate.
C’è di più. Gli eventi a tema crypto si stanno moltiplicando e non richiamano più solo smanettoni informatici, ma anche figure della finanza tradizionale cinese e non. Un chiaro segnale di interesse, apertura e volontà di approfondire le opportunità che l’industria mette sul tavolo.
In questo senso, Hong Kong è comunque già avanti. L’anno scorso, non solo arrivò il via libera agli ETF spot bitcoin poco dopo che gli States fecero lo stesso: in anticipo su questi ultimi, ci fu l’ok anche sugli ETF spot Ether.
Tornando rapidamente agli eventi, quest’anno si è tenuto un evento Consensus a Hong Kong. L’anno prossimo è già previsto il ritorno. Mica male: è uno dei principali appuntamenti dell’intero settore crypto.
La Cina, mediante la sua regione amministrativa speciale, si pone quindi come uno degli attori di spicco dell’industria blockchain e delle criptovalute.
Stati Uniti, crypto e Trump
Chiaramente, l’espansione della Cina fa raddrizzare le antenne agli Stati Uniti che, con Donald Trump come presidente (uno dei maggiori BTC-holder d’America), non vogliono cedere la leadership.
La Casa Bianca ha affermato che gli USA devono restare i numeri 1 e che non intendono cedere lo scettro alla Cina, né ad altri Paesi.
In questo senso, l’apertura dell’amministrazione verso coin e token consentirà di certo l’espansione dell’industria. Tuttavia, resta la fatica a far adottare le stablecoin nell’uso quotidiano, così come per spostare grandi somme. Questo problema è condiviso sia dagli States che dalla Cina e occorrerà del tempo per convincere i partecipanti ai mercati che le stablecoin sono una soluzione valida.
Tra normative, investimenti e dichiarazioni, la sfida USD-Yuan è solo all’inizio e si prepara allo scontro anche nel mondo digitale.