Una stablecoin di Wall Street: l’idea delle big bank Usa
Di Davide Grammatica
Il WSJ ha svelato come diverse banche americane stiano valutando la creazione di un consorzio per emettere una stablecoin “bancaria”

Ulteriori sviluppi sul fronte stabelcoin
Come rilevato di recente dal Wall Street Journal, un gruppo di banche americane (JPMorgan Chase, Bank of America, Citigroup e Wells Fargo) starebbe discutendo della possibilità di creare un consorzio per emettere una stablecoin bancaria, unendo le forze con gli enti di regolamentazione.
Il mondo stabelcoin sta già vivendo una vivace fase di sviluppo, e questa circostanza non fa che aumentare i riflettori puntati sul settore.
Il progetto in questione, inoltre sarebbe una svolta: per la prima volta, le principali banche tradizionali Usa entrerebbero in modo strutturato in un settore dominato da giganti crypto-native come Tether (USDT) e Circle (USDC). E non sarebbero le sole, visto che anche diverse banche regionali starebbero valutando consorzi alternativi.
In attesa di nuove norme
La più grande variabile di tutta la dinamica riguarda la chiarezza normativa, e da questo punto di vista diventa decisivo il GENIUS Act, il disegno di legge federale che mira a normare in modo chiaro le stablecoin, in attesa di approvazione al Senato.
Fino ad allora, la tradFi rimarrà a guardare da lontano, ma sicuramente con qualche progetto pronto.
In verità, già in passato il consorzio USDF aveva provato a creare una stablecoin bancaria interoperabile, ma si è arenato proprio tra gli ostacoli normativi. Il contesto attuale però è completamente diverso, e le stable sono un asset in ascesa.
L’iniziativa, a sua volta, potrebbe portare ulteriore liquidità, trasparenza e adozione di massa nei sistemi di pagamento digitali, offrendo l’affidabilità di istituzioni regolamentate e, al tempo stesso, la velocità e la programmabilità delle criptovalute.
Rimane il dubbio su come gli emittenti crypto-native potranno comportarsi in uno scenario del genere. USDT domina il mercato con 152 miliardi di dollari di capitalizzazione, e potrebbe vedersi arrivare addosso una nuova ondata di concorrenza istituzionale.
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