Aumentare le tasse su Bitcoin? Un errore strategico
Di Daniele Corno
L'aumento delle tasse sulle plusvalenze generate da Bitcoin mette a rischio lo sviluppo del settore. Un passo indietro per l'Italia
Fuga di capitali e disincentivo per le aziende
Il viceministro dell’economia Maurizio Leo ha proposto un aumento della tassazione sulle plusvalenze di Bitcoin dal 26% al 42%. La manovra, SE APPROVATA con la nuova legge di bilancio potrebbe avere conseguenze drammatiche per lo sviluppo del settore.
Questa decisione, presa con l’obiettivo di incrementare i guadagni dal governo a fronte di un settore in crescita sembra a tutti gli effetti far acqua da tutti i buchi. I grandi investitori, che hanno costruito enormi capitali dalla crescita di questo settore, vedono questa manovra come un chiaro incentivo per spostare le proprie residenze fiscali in paesi con carichi fiscali minori.
La situazione non è molto diversa per le aziende attuali e future del settore. Le grandi aziende, con risorse economiche significative, potranno facilmente spostare le loro sedi legali in cerca di normative chiare ed efficaci e di tassazioni competitive.
Al contrario, le piccole aziende, già in difficoltà, si troveranno ad affrontare nuovi ostacoli. L’aumento della tassazione ridurrà le loro opportunità di crescita e potrebbe portare alla perdita di posti di lavoro in un settore che, invece, ha un grande potenziale di espansione.
La creazione di un monopolio?
Questo intervento arriva dopo che Blackrock ha continuato a fare acquisizioni in Italia. Negli ultimi mesi, il fondo ha comprato diverse grandi aziende e banche italiane. Tra queste ci sono il 3% della società LEONARDO e il 5% di ENEL, oltre a quote di Intesa SanPaolo e Banco BPM.
Nell’intervento NON si menzionano investimenti in strumenti regolamentati, come gli ETF spot Bitcoin. Questo potrebbe differenziare gli investimenti in Bitcoin dagli altri strumenti finanziari, che sono tutti tassati con la stessa aliquota del 26%.
A differenza di altri investimenti tradizionali, l’acquisto di Bitcoin non è protetto da leggi e non è coperto da assicurazioni. In pratica, questo investimento “rischioso” è reso ancora meno attraente da un’aliquota elevata sui profitti.
L’operazione sembra essere una scelta strategica per favorire gli investimenti in Bitcoin attraverso strumenti regolamentati, offerti da partner terzi selezionati dal governo. Una sorta di monopolio relativo alla custodia dei crypto asset, togliendo il reale beneficio che offre questo settore, ovvero la PROPRIETA’ DEGLI ASSET.
Colpiti i piccoli investitori, la reazione della community non tarda
Questa manovra non porta vantaggi nemmeno ai piccoli investitori. Si stima che in Italia oltre 2,5 milioni di persone possiedano criptovalute, per un valore superiore a 2,5 miliardi di euro.
Le normative attuali richiedono la dichiarazione dei propri crypto asset, con un‘imposta di bollo dello 0,2%, oltre alla tassazione delle plusvalenze generate nell’anno fiscale oltre la soglia di 2.000 euro. La complessità del quadro normativo è già di per sé un disincentivo per molti italiani a essere in regola con il fisco per le loro posizioni in crypto. Seguire le norme nel dettaglio è quasi impossibile senza l’uso di software specifici come TATAX, e anche in quel caso, i risultati non sono sempre garantiti.
Questa situazione potrebbe spingere i piccoli investitori a non dichiarare i loro possedimenti, ritenendo che le possibili sanzioni siano più vantaggiose per loro in confronto al rispetto delle normative.
La community si unisce per far sentire la voce degli attori di riferimento italiani e cerca un dialogo per evitare questo ingiusto aumento della tassazione. Condivideremo sui nostri social tutte le possibili strade da seguire.
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