L'avvento dei token BRC-20
Di Matteo Bertonazzi
I token BRC-20 stanno mettendo a soqquadro la rete Bitcoin. Ma cosa sono nello specifico, e come funzionano?
Il trend BRC-20
Lo spazio del Focus-on è stato dedicato spesso a macroeconomia e trading, concentrandoci quindi sui risvolti prettamente economici e finanziari. A questo giro, invece, parliamo dei token BRC-20 inseriti nella chain di Bitcoin.
Non dimentichiamoci che ci troviamo in un settore altamente innovativo dal punto di vista tecnologico. Per questo, cerchiamo di tirare le somme rispetto ad una delle innovazioni che ha fatto tanto parlare di se in queste ultime settimane, e che ha posto agli investitori un quesito ricorrente in questo mercato: “Siamo qui per la tecnologia o per la speculazione?”.
E nello stesso tempo, bisognerebbe chiedersi anche se riusciamo a riconoscere il valore dello status quo dei protocolli odierni, o se invece insoddisfatti chiediamo sempre di più.
Questo approfondimento è stato pubblicato in esclusiva sulla nostra newsletter Whale Weekend del 12 maggio 2023. Iscriviti per non perdere articoli inediti, analisi, news della settimana e tanto altro ancora!
I dettagli tecnici del protocollo BRC-20
Cerchiamo di capire nel dettaglio come è possibile creare un token sulla chain Bitcoin, con qualche spunto tecnico per poi approfondire.
Partiamo quindi dalla presentazione dell’ideatore. È stato definito “Fun Experimental Standard”, e sul fatto che sia sperimentale siamo d’accordo (così come potrebbe essere un’idea simpatica). Un po’ meno sul fatto che sia uno “standard”. Lasceremo ai suoi partecipanti decidere se riconoscerlo come tale, rifiutarlo o crearne una versione migliore, ma ad oggi non è uno standard riconosciuto.
L’ideatore stesso, date le dinamiche evolutive imprevedibili di questo esperimento, sconsiglia di prendere decisioni finanziarie in merito. Invece, si pone come un tentativo di esplorare le possibili innovazioni della rete. Non una versione definitiva, ma un punto di partenza tramite il quale coinvolgere la community per migliorare ed espandere l’attuale funzionamento.
Il concetto di portare la “tokenizzazione” su Bitcoin, inoltre, non è una novità. Dalla nascita dell’aggiornamento “Taproot” si pensa a delle possibilità concrete per risolvere questa sfida, ed esistono già società che si occupano di questo, come per esempio Taro, società volta a portare asset sulla rete tramite Lightning Network, oppure RGB, che si pone come un sistema di gestione di smart contract che scala parallelamente alla rete di Bitcoin, sempre tramite LN.
Come funziona un token BRC-20
Ma nel concreto, come funzionano i BRC-20? Abbiamo studiato e compreso il funzionamento degli Ordinals e delle “Inscriptions”, ossia il recente tentativo di rendere fungibili i satoshi tramite l’ordinamento e la possibilità di inscrivere all’interno di questi dei file JPG o di testo.
Ecco grazie a queste due innovazioni (alcuni direbbero “per colpa loro”) si è riusciti a inscrivere non solo token non fungibili, ma veri e propri token.
La logica di questi token è ispirata allo standard ERC-20, ma non è assolutamente considerabile un suo pari. Infatti, se Ethereum è costruito per supportare e validare la creazione e il trasferimento di questi asset digitali, Bitcoin non conosce l’esistenza di questi token, e non ha un modo per regolarli.
Per quanto riguarda la creazione e il trasferimento di questi asset non credo sia questa la sede più opportuna per parlarne, lo scopo di Whale Weekend è quello di alleggerire il lettore, non appesantirlo con tecnicismi operativi, ma per gli amanti dell’azione e del degen vi lascio il gitbook ufficiale dove sono forniti numerosi dettagli.
Inoltre, tutto sembra foriero di grandi problematiche nello sviluppo e nell’adozione. La FOMO e la “degen-mode” portano sempre problemi alle reti monolitiche con poche soluzioni di scalabilità. Lo abbiamo visto durante tutto il 2021 con la NFT mania su Ethereum, e nonostante tutti gli aggiornamenti effettuati e i L2 sviluppati da allora, stiamo rivivendo gli stessi problemi, con la follia delle memecoin.
Per questo, ci potevamo aspettare che su una rete come Bitcoin eventi come questi avrebbero avuto ripercussioni sulla fluidità del network, causando grandi congestioni. Non potevamo però aspettarci che tutto ciò portasse la rete a livelli raramente osservati nella sua storia.
Alcuni dati on-chain
Ma andiamo con ordine, e cerchiamo di spiegare in termini semplici alcuni concetti tecnici che ci aiutino a decifrare le metriche on-chain.
Osservando il grafico sottostante notiamo come il numero di transazioni sia esploso al rialzo in seguito all’introduzione dei BRC-20, con livelli mai visti neanche ai picchi del bull-market 2017. Sintomo dell’interazione sfrenata da parte degli speculatori con queste funzionalità, ma anche dimostrazione del fatto che questo protocollo innovativo abbia intrinseco in sé stesso un problema di spam.
Notiamo come, se il numero di transazioni è notevolmente aumentato, il volume mosso all’interno di queste transazioni ancora fatichi a recuperare i valori precedenti al crollo di FTX e Alameda.
Questo ci porta proprio alle caratteristiche tecniche citate in apertura: i BRC-20 vengono iscritti all’interno di un singolo satoshi come file JSON, ma non richiedono di spostare grandi quantità di satoshi, il che risulta in transazioni dal volume ridotto, necessarie solo per le funzioni di deploy, minting e transfer.
Indovinate un po’ chi di tutta questa situazione ne sta notevolmente beneficiando? No, in questo caso non è Elon Musk, bensì i miner. La shitcoin mania su Bitcoin ha infatti portato il totale di fees pagate ad un massimo di oltre 600 BTC al giorno, con una folle corsa a chi pagava di più per essere inserito nel blocco corrente (un dettaglio già noto al mondo Bitcoin).
Le prospettive dello standard
Il “consensus layer” più distribuito al mondo è giusto che abbia un basso livello di scalabilità sul layer principale, dato che deve essere sicuro, prima di tutto.
Sappiamo bene come il security budget sia spesso un punto centrale nelle discussioni in merito alle blockchain, e in particolare sull’invenzione di Satoshi Nakamoto.
Bitcoin è regolato per fare in modo che la “block subsidy” e la sua scarsità possano reggere l’ago della bilancia tra quanto mi costa mettere in sicurezza la rete e quanto vengo retribuito per farlo. Finora, il sistema è rimasto operativo, però nel dialogo sul security budget ci si chiede come sarà possibile, data la formula di halving, mantenere questa bilancia equilibrata.
Alcuni sostenitori del protocollo sostengono che sarà il prezzo di BTC a garantire sufficiente rendimento ai miner, i quali parallelamente alla diminuzione di reward per blocco vedranno aumentare il valore per singolo bitcoin, mantenendo l’incentivo. Altri, invece, vedono nella revisione dei parametri del protocollo la soluzione a questo dilemma.
Infine, abbiamo chi ritiene che sarà un maggior utilizzo della rete e un conseguente aumento delle fee pagate a sostenere i miner nel loro lavoro di produzione dei blocchi.
Vi lasciamo quindi con un quesito finale.
Il grafico mostra la media delle fees pagate per ogni blocco in BTC e la formula di decrescita della block subsidy, e ci fa notare che poche volte nel passato ci sono stati momenti in cui le fees per blocco sono state superiori alle reward di mining.
Bitcoin ha davvero bisogno di una personale “Smart Contract Platform” interoperabile con l’ecosistema omni-chain attualmente in sviluppo? Se la risposta è sì, bisognerebbe probabilmente concentrare le forze sullo sviluppare questa soluzione su un layer parallelo (come nel caso di Taro e RGB), che non intasi la rete principale e che permetta a Bitcoin di fare quello che è bravo a fare: mettere un blocco dopo l’altro.
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