L'intelligenza artificiale e le crypto AI: come funzionano

Di Davide Grammatica

La convergenza tra Blockchain e AI ha aperto nuovi orizzonti nell’industria crypto, creando nuove possibilità di innovazione a prescindere dalla speculazione sul settore

L'intelligenza artificiale e le crypto AI: come funzionano

Le crypto AI

L’intelligenza artificiale si presenta in forme diverse, ma principalmente basate su un sistema di regole prestabilite o di machine e deep learning. Le prime utilizzano una serie di impostazioni per formulare giudizi, le seconde sono sistemi di apprendimento automatico che migliorano nel tempo. E come sottoinsieme dell’apprendimento automatico, per svolgere compiti complicati, esistono addirittura algoritmi modellati sul cervello umano e le reti neurali.

Viene applicata ormai nei campi più svariati, tra cui sanità, finanza, trasporti e intrattenimento, ed è finita a sollevare questioni etiche e sociali, come l’effetto sull’occupazione o sui processi decisionali.

Ovviamente, anche il settore crypto non è da meno. Le criptovalute possono infatti incorporare l’AI nelle loro operazioni, per piattaforme dedicate o per sviluppatori di nuovi modelli, applicazioni e algoritmi in un ambiente decentralizzato e open source.

La Blockchain incontra l’AI

Blockchain e intelligenza artificiale possono essere considerate due due tecnologie chiave di questo decennio. La prima nasce con Bitcoin nel 2008, mentre la seconda ha origini nel cuore del ‘900: basti pensare a “Computing Machinery and Intelligence” di Alan Turing, pubblicato negli anni ’50.

La loro convergenza è stata vista negli ultimi tempi quasi come un fenomeno naturale, ed è avvenuta precisamente in concomitanza all’avvento di ChatGPT, la prima vera manifestazione della maturità della tecnologia AI.

L’industria crypto, nello stesso momento, non vive certo il suo momento migliore, venendo da un 2022 particolarmente complicato e un mercato ribassista che ha ridimensionato l’industria e portato al fallimento diverse realtà importanti (su tutte l’exchange FTX).

Per certi versi, quindi, l’AI ha rappresentato per le criptovalute in primo luogo un potenziale volano per la ripartenza dell’ecosistema crypto.

E lo dimostrano i numeri: tutte le crypto AI, che poi non sono altro se non tutti i token con un riferimento esplicito (ma anche implicito) all’intelligenza artificiale, contano una capitalizzazione totale che ha superato i cinque miliardi di dollari, cifra tra l’altro decuplicata nel giro di pochi mesi.

Come funzionano le crypto AI?

In sostanza, le criptovalute si possono appoggiare all’AI per consentire lo svolgimento di operazioni automatizzate, fruttando algoritmi di apprendimento oppure, nello specifico, per adattarsi meglio agli sviluppi del mercato, e quindi in relazione alla tokenomics e al trading. E ancora, per aumentare la sicurezza della rete di riferimento, per verificare le transazioni ed evitare frodi.

Il minimo comune denominatore di una criptovaluta che sfrutta l’intelligenza artificiale potrebbe essere individuato nella raccolta di informazioni da una moltitudine di fonti, come articoli, social media e analisi di mercato.

Questa caratteristica può portare a un sistema AI che sviluppa un piano di trading senza la necessità di un input umano, e di conseguenza anche l’esecuzione automatica di operazioni sulla blockchain tramite smart contract. Per un processo che, oltretutto, può migliorare continuamente le proprie prestazioni tramite algoritmi di apprendimento, portando numerosi vantaggi in termini di gestione del rischio, processo decisionale o sicurezza.

Il processo decisionale può essere migliorato nella gestione dei volumi di dati, comportando l’individuazione di modelli e trend che gli analisti umani trascurerebbero.

E dal un punto di vista dell’efficienza, la stessa analisi dei trend di mercato può essere automatizzata accelerando le transazioni e facendo risparmiare tempo agli utenti.

Per non parlare della gestione del rischio, potendo delegare all’AI la valutazione dei dati e dei rischi annessi in relazione agli importi investiti oppure a possibili scenari di hacking.

"Le criptovalute si possono appoggiare all’AI per consentire lo svolgimento di operazioni automatizzate, per adattarsi meglio agli sviluppi del mercato"

Crypto AI tra speculazione e innovazione

Da un altro punto di vista, invece, la convergenza tra criptovalute potrebbe essere vista come una sorta di revival della bolla delle dot-com, che nel mondo crypto, a differenza di quello azionario, assume caratteri ancora più particolari e/o pericolosi.

Proviamo a prendere in analisi, in questo senso, alcuni dei progetti principali, come The Graph, SingularityNET o FetchAI.

Il primo consiste in un servizio decentralizzato di analisi dei dati, che sfrutterebbe l’AI come catalizzatore di informazioni provenienti da più fonti, per offrire un quadro completo di un determinato progetto.

Gli altri due non sono invece che marketplace del settore AI, i quali danno la possibilità agli utenti di usufruire di diversi bot per la realizzazione di contenuti mediali, dalla scrittura fino all’editing di immagini, video e audio.

Ma cosa centrano le criptovalute in tutto questo? Semplicemente, il token nativo delle piattaforme (nell’ordine, GRT, AGIX e FET) è necessario per poter usufruire del servizio offerto, per una commistione dell’AI nell’industria crypto che sembra essere, quindi, quantomeno tendenziosa.

E questo, si intende, senza che si debba delegittimare in alcun modo il valore delle tecnologie chiamate in causa, sia per quanto riguarda l’intelligenza artificiale, sia per le criptovalute. Semplicemente, la prima non sembra fungere da valore aggiunto alla seconda.

Crypto AI: innovazione o “red flag”?

Un’altro problema emerso dal trend dell’AI nel mondo crypto ha invece a che vedere con l’approccio prevalentemente orientato alla speculazione degli utenti, subordinato al valore della tecnologia in quanto tale.

Questo approccio, come successo già in passato con diversi protocolli, prepara collateralmente il terreno per tutto un altro genere di progetti, che potremmo definire quantomeno ambigui o addirittura “truffaldini”.

Negli ultimi mesi, infatti, il totale dei token con riferimento esplicito o implicito all’intelligenza artificiale è entrato nell’ordine delle centinaia, tutti nati per pura speculazione e senza alcuna implementazione tecnica.

Si è creato così un orizzonte vastissimo di “red flag”, capace di raccogliere in poco tempo milioni di dollari in volumi di trading coinvolgendo gli ecosistemi di Ethereum, Solana o Cronos, e in larga parte la BNB smart chain.

Questi token si dividono principalmente in tre categorie. La prima riguarda coin con imposte di vendita elevatissime, e che quindi nascondono agli utenti trattenute sulle transazioni per percentuali altissime, compromettendo i guadagni anche in caso di profit.

Ci sono poi gli “honeypot”, ovvero degli smart contract che simulano la tokenomics del progetto in questione (come numero di address o token in circolazione) in cambio di un pagamento. E infine schemi “pump & dump”, ovvero progetti che acquistano valore grazie agli investitori ma che vedono il prezzo crollare nel momento in cui creatori del token (che ne detengono una larga parte) vendono le loro partecipazioni in maniera massiccia e istantanea.

PeckShield, una società che si occupa di sicurezza su blockchain, ha realizzato delle ricerche in questo senso, individuando dozzine di token di questo genere, vere e proprie trappole per investitori poco prudenti.

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