Hedera (HBAR): la crypto più istituzionale
Di Davide Grammatica
Hedera è una crypto con un backing istituzionale, meno decentralizzata, ma con il vantaggio di avere partner (e validatori) di prima fascia, come Google, IBM, o LG.
La crypto dei pezzi grossi
Hedera è una criptovaluta un po’ particolare, di quelle che decisamente si distinguono in quanto a caratteristiche, e soprattutto se confrontate con quelle più comuni, come possono essere Bitcoin o Ethereum.
In effetti, anche Hedera può supportare non-fungibile-token (NFT), ma non utilizza smart contract in modo tradizionale per rendere possibile questa caratteristica. È decentralizzata come Bitcoin, ma allo stesso tempo dispone anche di un organo di governo pubblico come Ethereum.
Allo stesso tempo, raggiunge risultati importanti in termini di scalabilità e sicurezza, pur essendo più veloce, più efficiente dal punto di vista energetico, e di conseguenza più economica.
Ed è da intendersi in modo diverso rispetto a qualunque altra criptovaluta soprattutto in termini di “proprietà”. Hedera è infatti governata da un totale di venticinque società, tra cui Google, IBM, LG e Deutsche Telekom, e viene definita, per questo motivo, un registro pubblico di “terza” generazione, proprio perché si basa sulle tecnologie rappresentanti di questa categoria, ma con caratteristiche diverse, prima tra tutte (e per nulla banale) l’assenza dell’infrastruttura blockchain.
Come funziona
La domanda sorge spontanea: come è possibile che Hedera possa funzionare, in quanto criptovaluta, senza che venga sfruttata la tecnologia blockchain? La risposta sta nel suo algoritmo di consenso distintivo, chiamato “hashgraph”. Questo è da intendersi come un registro pubblico che tiene traccia delle transazioni, il tutto con l’ausilio di una serie di timestamp tra i nodi della rete. Si direbbe molto simile a una tradizionale blockchain, raccontata in questo modo, ma ci sono alcune caratteristiche distintive che cambiano completamente il contesto.
Nell’hashgraph, infatti, le transazioni sono validate in base alla loro posizione in relazione a tutte le altre. Cosa che, per intendersi, potrebbe essere correlata a una blockchain le cui transazioni sono contestualizzate in base sì alla loro posizione, ma in rapporto alla chain stessa. Con la differenza che in quest’ultimo caso, la blockchain deve essere in modalità di lavoro “perpetua”, indipendentemente dal traffico di transazione che vengono registrate in un determinato momento.
Sull’hashgraph, d’altra parte, le transazioni vengono inviate per conferma solo ai nodi attivi, e non a tutti i nodi, come su una blockchain tradizionale. Proprio questa dinamica rende così la rete più scalabile, e anche capace di risparmiare energia e tempo. Inoltre, il criterio per il quale dipende l’ordine dato alla validazione delle transazioni è determinato dalla quantità di token HBAR detenuta dagli utenti, come una sorta di proof-of-stake, ma rivisitato.
L’hashgraph nello specifico
Quando si parla di Hedera si deve prendere in considerazione che si sta trattando di un DAG (Directed Acyclic Graph). Ciò implica che non esiste una struttura a blocchi (il blocktime, con ogni transazione legata o uno specifico blocco), ma una sequenzialità delle transazioni.
I validatori, invece, sono da intendersi in un “consorzio” di grandi società (gli stessi partner) e, di conseguenza, i nodi sono gestiti dalle aziende stesse. Questo, come si potrebbe aver già intuito, è sia un pregio, sia un forte limite.
Avere dietro di sé un partner come Google fa comodo certamente, ma sull’altra faccia della medaglia ci sta un netto taglio alla decentralizzazione. L’utenza, quindi, è chiusa a una di tipo “enterprise”.
Il tutto, del resto, sarebbe poi da declinare a seconda del caso d’uso, ovvero lo sviluppo di soluzioni istituzionali e aziendali, del tutto differente, per esempio, da quello di Bitcoin o altri token.
"Avere dietro di sé un partner come Google fa comodo, ma l’altra faccia della medaglia è un taglio alla decentralizzazione"
Varie applicazioni
Come le altre blockchain, l’hashgraph supporta in primo luogo il suo token nativo, ma deve la sua fama soprattutto al supporto alla tecnologia NFT. Sull’hashgraph è stata abilitata, proprio a questo scopo, una realtà come ARIA Exchange, una piattaforma NFT “carbon-negative”, gestita a dalla rete ARIA, a sua volta sostenuta da IBM.
Altre realtà, come ServiceNow, utilizzano invece l’hashgraph Hedera nella loro infrastruttura cloud, che consente i flussi di lavoro digitali dell’azienda, mantenendo sotto controllo il registro della corrispondenza tra entità che potrebbero essere in diretta concorrenza tra loro.
E ancora, Safe Health Systems sfrutta Hedera per archiviare le informazioni sui pazienti per gli utenti della sua piattaforma. Il tutto, senza utilizzare smart contract.
Altre specifiche
Hedera non solo è posseduta e governata da alcune delle più grandi società a livello mondiale, ma queste svolgono addirittura il ruolo di validatori di tutto il suo network. Esiste infatti un “council” di validatori, che si muove su un meccanismo di consenso, a conti fatti, proof of stake.
Questo è chiamato ABFT (Asynchronous byzantine fault tolerance) ovvero un BFT ma senza un blocktime, che porta i nodi a convalidare in modo consequenziale. E anche lo staking, del resto, non è propriamente tradizionale, e presenta delle caratteristiche particolari.
Per capire perché si parte dal presupposto che Hedera è sì una public DLT, ma permissioned, poiché per essere validatore sono richieste determinate competenze. Queste evolvono in parallelo con lo sviluppo della rete, e infatti questa sta affrontando più fasi. Da una prima in cui votano solo i nodi del Council, passando a una in cui possono essere presenti dei nodi satellite “su invito”, e una che include ogni tipo di validatore (ancora da realizzarsi).
C’è poi la possibilità del realizzarsi del “consensus as a service”, ovvero l’integrazione con altre blockchain o DLT, anche private. Utilizzando il consenso di Hedera, si offre a queste realtà un servizio di timestamping, mantenendo privati i dati. In questo modo si tutela la privacy al meglio e si gestiscono dati più sensibili.
Il token HBAR
HBAR mantiene due funzioni principali. Ovvero lo staking, insieme ala sicurezza della rete, e il pagamento delle fee. Queste ultime sono estremamente basse, e quindi lo stalker cerca incentivi da altre parti. Esiste per esempio un pool con lo scopo di ricompensare i validatori.
Più applicazioni girano sul protocollo, maggiore sarà l’adozione del network, e maggiori saranno le fee, con un guadagno collaterale per chi fa staking.
La tokenomics, tuttavia, è caratterizzata da una forte prevalenza “insider”, con una tresury pre-minted di grande dimensione. Seguita da vendite private, settori aziendali, e incentivi che non fanno altro che creare una forte selling pressure.