New York vuole vietare il mining di Bitcoin
Di Davide Grammatica
Il mining di Bitcoin è sempre più nel mirino degli enti regolatori. Ora anche New York vuole mettere al bando il proof-of-work.
La legge
L’algoritmo di consenso proof-of-work (POW) e il mining di Bitcoin sono sempre più nel mirino degli enti regolatori. Come lo è, di conseguenza, la criptovaluta stessa. Dopo l’Unione europea, a questo giro sembrerebbe ritornare nel dibattito anche lo stato di New York, con un disegno di legge che è avanzato all’assemblea di stato.
“L’intenzione del disegno di legge è impedire nuove operazioni di mining che sfrutterebbero, anche solo in modo parziale, energia derivata da combustibili fossili”, ha affermato John Olsen, guida del gruppo di pressione Blockchain Association per lo stato di New York. “L’impatto, tuttavia, è davvero solo economico, nel senso che le attività si trasferirebbero in altri stati, ovvero dove il controllo normativo nei confronti dell’impatto ambientale risulta inferiore”.
I gruppi ambientalisti che hanno favorito il disegno di legge, d’altra parte, vedono nel mining un ostacolo importante nel cammino di New York verso i suoi obbiettivi di emissione di anidride carbonica. Una prospettiva che sembra essere prioritaria rispetto allo sviluppo dell’industria del mining, che tra l’altro, negli ultimi anni, ha fatto passi da gigante nel percorso verso la sostenibilità.
Solo a New York, per esempio, la società di private equity Atlas Holdings, nel 2014, ha convertito la centrale a carbone Greenidge Generation in una al gas naturale, e ha iniziato ad utilizzare l’energia prodotta in eccesso per attività di mining di BTC. Come sottolinea sempre Olsen, “l’industria crypto stessa è sempre al lavoro su nuove tecnologie per ridurre le emissioni, per soddisfare gli standard e per catturare l’energia sprecata che altrimenti non verrebbe utilizzata”.
Il tema ambientale
Tuttavia, questi buoni propositi non sembrano bastare, tanto che la rappresentante statale Anna Kelles, tra le principali fautrici della legge, ha ribadito sui social l’intenzione di voler impattare sulle operazioni di mining che si reggono sullo sfruttamento dei combustibili fossili.
La legge, però, non comporterebbe certo la messa al bando di Bitcoin e, come sottolinea sempre la Kelles, non vieterebbe nemmeno BTC in quanto tale, incluse le possibilità di acquistare, vendere, o investire in criptovalute.
Calcolare il contributo delle criptovalute all’inquinamento, ad ogni modo, rimane piuttosto complicato. E uno dei motivi è anche il fatto che i miner stessi siano i primi a ricercare fonti di energia alternativa (e quindi nella maggior parte dei casi rinnovabile), in primo luogo per fare in modo che l’industria continui a registrare profitti. Il costo dell’energia, soprattutto negli ultimi tempi, è alto un po’ per tutti.