OPEC: la guerra economica invisibile

Di Davide Grammatica

L'OPEC ha annunciato tagli alla produzione di petrolio per il mese di maggio. I mercati reagiscono rapidamente, ma quali sono gli effetti sull'economia reale e sull’inflazione?

OPEC: la guerra economica invisibile

OPEC+ e riduzione offerta di petrolio

Un topic centrale della narrativa macroeconomica e geopolitica di questa settimana è il taglio delle produzioni di petrolio annunciato dall’OPEC.

Come possiamo notare, per il mese di maggio, Arabia Saudita e Russia prevedono tagli per 500mila barili al giorno, per un totale cumulativo di circa 1,5 milioni barili di riduzione giornaliera di tutto il gruppo.

Questi dati dovranno essere poi verificati rispetto all’impatto che avranno sui vari campi dell’economia. Tipicamente, gli effetti impiegano diversi mesi per manifestarsi nell’economia reale, dovendo impattare progressivamente su tutti i reparti della filiera. Mentre, a livello finanziario, l’influenza è più rapida dato che i mercati reagiscono in maniera rapida a queste informazioni.

Successivamente vedremo come non è una novità, per l’OPEC, tentare manipolazioni di prezzo del petrolio tramite annunci di tagli e aumenti alla produzione.

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Che cos'è l'OPEC?

Per chi non conoscesse la differenza tra OPEC e OPEC+, ecco una breve introduzione. L’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio si riunì per la prima volta nel 1960, in una conferenza a Baghdad. Il loro scopo era ed è quello di concordare la quantità e il prezzo del petrolio che queste nazioni esportano e, tramite sforzi coordinati, regolare la produzione di greggio e di conseguenza il suo prezzo.

Al tempo della fondazione del cartello, i membri partecipanti e fondatori erano Iran, Iraq, Kuwait, Arabia Saudita e Venezuela. Nel corso del tempo sono stati accettati ulteriori paesi e altri ancora hanno deciso di sospendere e/o ritirare la propria partecipazione nel corso del tempo.

A oggi, l’OPEC è composto da 13 membri più 10 aggiunti nel 2016, considerati nell’agglomerato OPEC+. I membri di questa organizzazione detengono l’80% delle riserve di petrolio mondiale, forniscono il 40% della produzione planetaria e metà delle esportazioni.

Nonostante questi dati allarmanti rispetto alle centralizzazione della “governance” dei produttori ed esportatori di petrolio, esistono anche altri grandi produttori che non fanno parte dell’OPEC+, come ad esempio la Cina, gli Stati Uniti, il Canada e il Qatar.

Spesso le decisioni che emergono dalle assemblee dell’OPEC+ hanno il potere di influenzare i mercati: vediamo per esempio come questa notizia del tagli sui barili incida sull’economia americana e sul dollaro.

Il peso geopolitico del petrolio

Parliamo ora di riserve strategiche di petrolio, le quali sono grandi riserve che gli Stati nazionali tengono molto in considerazione come salvagente in periodi di difficoltà economica o tensione sui mercati finanziari.

I principali momenti in cui le SPR sono state utilizzate possono essere rivisti in situazioni di conflitto come la Guerra del Golfo, la Guerra in Libia e il recente conflitto in Ucraina; oppure durante situazioni di imprevedibile crisi come durante l’uragano Katrina o durante la pandemia.

Tralasciando queste informazioni tecniche, a oggi possiamo valutare che l’amministrazione Biden è stata quella che più ha fatto affidamento a queste riserve, portando il totale in stoccaggio ai livelli più bassi dagli anni ’80.

Questo fa subito pensare che in un contesto di alta inflazione, dove si approvvigiona l’energia dalle proprie riserve per evitare di impattare il prezzo del petrolio sul mercato, un ulteriore taglio alla produzione da parte dell’OPEC si presenta come il colpo di grazia al lavoro che la FED sta portando avanti da ormai un anno per contrastare l’innalzamento dei prezzi.

Ma questo non è tutto; infatti, possiamo osservare come l’OPEC stia operando questi annunci di tagli in corrispondenza di una zona precisa di prezzo, così da allontanare al rialzo le quotazioni.

La zona di prezzo in esame è quella che va dai 67 ai 72 dollari al barile. E i più attenti si ricorderanno che la stessa amministrazione Biden, nell’ottobre del 2022, annunciava questo range di prezzo come target per riempire nuovamente le riserve strategiche consumate.

Prospettive e manipolazioni del mercato

Ora potrete dire: “Figurati se l’OPEC+ si mette a manipolare il prezzo del petrolio per non far acquistare agli Stati Uniti”. Alcuni potrebbero far notare che al di sotto dei 65 dollari iniziano i “break even point” a cui i principali estrattori di petrolio occidentali possono compiere le loro operazioni di estrazione, e che potrebbero essere loro a difendere assiduamente quella zona di prezzo per evitare di produrre in perdita.

Facciamo però attenzione alla puntualità con cui gli annunci dei tagli da parte dell’OPEC sono arrivati:

  • A ottobre, proprio in corrispondenza con le azioni del governo americano per ripristinare le riserve, l’OPEC annuncia una riduzione di 2milioni di barili al mese.
  • Il prezzo a seguito dei timori sulla recessione riapproda nella zona di prezzo designata. La Russia annuncia una riduzione della produzione a seguito del cap sul prezzo del petrolio a 60 dollari, e di nuovo il prezzo del petrolio si allontana dalla zona.
  • Ora il prezzo era di nuovo approdato nella fascia di prezzo attenzionata, e abbiamo questo nuovo annuncio da parte del OPEC+.

Tutto questo, inoltre, impatterà in maniera significativa sui panieri di beni altamente dipendenti dal consumo di petrolio, portando, se i tagli non venissero assorbiti da un calo parallelo della domanda, a un aumento dei prezzi e a un nuovo aumento dell’inflazione non core.

È evidente ormai come ci sia una guerra economica in atto. Le fazioni sono ben delineate e i pezzi sono sulla scacchiera. Quanto durerà questo confronto? Ci sarà un chiaro vincitore? Le pedine come sempre saranno quelle a rimetterci di più? Queste sono le domande che più ci tormentano in questi momenti, e saremo sempre pronti ad aggiornarvi su novità e risvolti.

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