La crisi delle banche e le crypto sulle montagne russe

Di Davide Grammatica

Dopo giorni di crisi generale del settore crypto e di quello bancario, Biden e le istituzioni Usa si sono impegnati a salvaguardare il sistema, e Bitcoin risponde con entusiasmo

La crisi delle banche e le crypto sulle montagne russe

Tra banche e crypto, tre giorni di fuoco

Le acque sono più agitate che mai. Il sistema bancario internazionale sta risentendo della crisi delle banche americane, e dopo la liquidazione volontaria di Silvergate, il crollo di Silicon Valley Bank (SVB) e la chiusura imposta a Signature Bank, il mercato crypto è in balia della volatilità.

La scorsa settimana è stata all’insegna di un’ondata ribassista. Diversi fattori macroeconomici hanno avuto effetti negativi su tutto il settore, e l’attività normativa degli Usa, in tutto questo, non ha certo aiutato, aggravando la preoccupazioni e l’incertezza degli investitori.

Poi è arrivata la presa di posizione delle istituzioni, che ora cercheranno in tutti i modi di arginare la crisi, tutelando in primo luogo gli investitori. Bitcoin e le crypto, di tutta risposta, sono finite sulle montagne russe, forse ritrovando un momento di calma in seguito al trauma della ultima tre-giorni.

Le origini della crisi delle banche

Tutto è iniziato con Silvergate, la cui saga è iniziata con il pericolo di insolvenza e il suo potenziale impatto sull’industria.

Il 10 marzo, tuttavia, le peggiori ipotesi si sono rivelate realtà, con Silvergate che ha avviato delle discussioni con la Federal Deposit Insurance Commission (FDIC) degli Stati Uniti per poi annunciare la cessazione delle operazioni, liquidando volontariamente le attività della banca.

Gli exchange di tutto il mondo sono quindi finiti nell’occhio del ciclone, e realtà come Binance e Coinbase si sono affrettate per informare le relative community di non avere alcuna esposizione a Silvergate.

Sui motivi del crollo di Silvergate non si è fatta ancora chiarezza, e le speculazioni si sono spinte fino a ricostruzioni al limite del complotto, con le istituzioni americane che avrebbero deliberatamente creato le condizioni perché la banca perdesse la propria influenza nell’ecosistema crypto. Silvergate, difatti, non era semplicemente una banca crypto-friendly, ma una vera e propria infrastruttura che permetteva ai CEX di usufruire di un circuito (SEN) per transazioni crypto/fiat in maniera costante 24 ore al giorno, sette giorni su sette.

Il ruolo delle leggi crypto degli Usa

Non si può negare, tuttavia, che le le iniziative di regolamentazione del governo americano contribuito in qualche modo alla crisi della banca.

Il campo normativo crypto rimane, infatti, un tema scottante tra le autorità statunitensi. E gli eventi della settimana hanno ulteriormente esacerbato queste apprensioni.

Abbiamo avuto modo di documentare tutti i vari passaggi che da qualche settimana a questa parte hanno incrementato le tensioni tra le parti. Per ultima, il 9 marzo, il procuratore generale di New York, Letitia James, aveva intentato una causa contro l’exchange KuCoin, accusato di aver offerto investimenti in “security” ai propri utenti senza rispettare le leggi sui titoli americani.

La faccenda non era di poco conto, poiché seguiva perfettamente la linea della Security Exchange Commission (SEC) in questa materia, portando però la questione sui tavoli di un tribunale (cosa che la SEC, di per sé, non può fare, e anzi necessiterebbe).

Secondo la SEC (così come il procuratore James), asset come Ethereum sarebbero da considerarsi “security” alla stregua di asset come TerraUSD, il cui crollo ha innescato il mercato ribassista dell’ultimo anno.

Il piano sarebbe quello di intensificare gli sforzi normativi per limitare l’autonomia degli exchange, che non solo violerebbero le leggi in ambito finanziario, ma metterebbero anche a serio rischio le attività degli investitori. L’azione del procuratore, in questo senso, potrebbe diventare il precedente necessario alla SEC per agire contro i vari CEX in maniera sistematica.

Gary Gensler, del resto, aveva più volte auspicato uno scenario del genere, per un nuovo approccio normativo dettato da criteri molto semplici. Primo tra tutti il meccanismo di consenso Proof-of-Stake (PoS) ad indicare lo status di una criptovaluta: “security” se PoS (come Ethereum), “commodity” se PoW (come Bitcoin). Di conseguenza, ogni risorsa crypto, a parte BTC, rientrerebbe nella categoria delle security.

Di opinione diversa, invece, è Rostin Behnam, presidente della Commodity Futures Trading Commission (CFTC), il quale ritiene che Ethereum e le stablecoin siano più assimilabili alle “materie prime”, e quindi sotto sua competenza.

Dall’altra parte della barricata stanno invece due rappresentanti del governo, Patrick McHenry e Ritchie Torres, che tramite la commissione per i servizi finanziari della Camera degli Stati Uniti starebbero provando a introdurre una legislazione che chiarisca una volta per tutte i rapporti tra le parti.

Brian Armstrong, ceo di Coinbase, ha addirittura espresso la sua approvazione per un disegno di legge presentato da McHenry e Torres, ritenendo che la legislazione sia determinante anche per tutelare gli Usa come centro dell’innovazione del settore.

E per quanto riguarda Bitcoin, se qualcuno pensava sarebbe rimasto incolume da questo rantolo normativo, si sbagliava di grosso. L’amministrazione Biden, infatti, negli stessi giorni, ha introdotto l’idea di imporre una tassa del 30% sui miner del paese sull’utilizzo dell’elettricità.

"Il piano sarebbe quello di intensificare gli sforzi normativi per limitare l’autonomia degli exchange, che non solo violerebbero le leggi in ambito finanziario, ma metterebbero anche a serio rischio le attività degli investitori"

Cronaca della crisi bancaria

La questione, già seria, è diventata poi grave con il crollo di Silicon Valley Bank (SVB), una delle banche più grandi d’America e volano dell’industria hi-tech, che ha causato tensioni anche ai mercati tradizionali.

Il declino è stato rapido, inesorabile e durato appena due giorni, avviato da dichiarazioni in merito a un piano per raccogliere 2,25 miliardi di dollari dagli investitori per affrontare un deficit significativo nei suoi bilanci. L’annuncio ha spinto i clienti e le strat-up a ritirare i propri asset a scopo preventivo, e la banca si è trovata di colpo esposta al rischio del fallimento.

In un intervallo di tempo ristrettissimo, la corsa agli sportelli da 42 miliardi di dollari ha provocato subito una crisi di liquidità, e la rivelazione di una perdita di 1,8 miliardi dovuta ai ripetuti aumenti dei tassi di interesse da parte della FED ha reso la situazione irrecuperabile.

I clienti di SVB sono principalmente aziende e professionisti del settore tecnologico, e le conseguenze del crollo hanno subito danneggiato il mercato azionario. La banca è stata subito lasciata nella mani della Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC), designato come curatore fallimentare, e la banca è entrata in un processo di cessione delle attività.

Anche in questo caso, però, la crisi è stata più sistemica di quanto non si sperasse, e le onde d’urto si sono sentite anche nel mondo crypto.

Circle, nelle ore successive al fatto, ha rivelato di essere esposta a SVB per 3,3 miliardi di dollari, ovvero il corrispettivo di una parte del collaterale della stablecoin USDC.

Il panico ha preso quindi subito piede tra le community, portando USDC a perdere il peg col dollaro e i possessori a convertire i loro token con altri asset. Gli exchange, allo stesso tempo, hanno sospeso la conversione del token, e sono riusciti a ripristinare gli scambi soli due giorni dopo (come nel caso di Coinbase), una volta riconquistato il peg.

Altri attori della CeFi come BlockFi hanno rivelato le proprie esposizioni alla banca (in questo caso 227 milioni di dollari), e lo scenario non ha fatto che peggiorare.

Le autorità di regolamentazione finanziaria dello Stato di New York hanno deciso di chiudere Signature Bank, citando il rischio di sistema, e così la capitalizzazione del mercato crypto è crollata, scendendo sotto i livelli dello scorso gennaio. La situazione, infine, è stata aggravata dalla notevole pressione sulle vendite dei miner di bitcoin, che hanno liquidato le loro posizioni in maniera massiccia.

Cronaca della crisi bancaria

Biden soccorre le banche, le crypto ripartono

La stessa intensità con cui il mercato ha reagito al ribasso, il settore sembra averla impiegata anche per rispondere alle dichiarazioni del governo statunitense, che invece si è impegnato con gli investitori a garantire la sicurezza dei propri fondi.

La Federal Reserve, il Tesoro e la FDIC hanno dichiarato che i clienti di SVB e Signature Bank sarebbero stati in grado di ritirare i propri fondi, e hanno promesso di avere la situazione sotto controllo.

L’amministrazione Biden, da parte sua, ha insistito sul fatto che le perdite subite da queste banche “non saranno a carico dei contribuenti”, pur non parlando di “salvataggio” dei vari attori in gioco. E questo nonostante, comunque, gli azionisti e la direzione della banche siano stati spazzati via dall’intervento delle istituzioni.

In questo senso, non stupiscono le dichiarazioni di alcuni analisti, che dalle pagine del WSJ, per esempio, parlano di “salvataggio de facto” dell’intero sistema bancario, per quanto il presidente insista a dichiarare che “l’economia è ottima e non c’era nulla di cui preoccuparsi”.

Lato crypto, Bitcoin ha recuperato più del 20% del suo valore dai minimi di questi giorni, e così più o meno tutti gli altri token, trainati dalla prima delle criptovalute. Questo, a differenza del mercato azionario, che invece sembra soffrire non poco, insensibile alle dichiarazioni del presidente americano. 

Abbiamo analizzato per bene tutto quanto in questo recente video, che ti consiglio di guardare!

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