Bitcoin, regolamentazioni e il nuovo ruolo della privacy

Di Davide Grammatica

Il rapporto tra privacy e Bitcoin è intrinsecamente complicato, e non a caso in continua discussione quando deve scendere a compromessi con le nuove regolamentazioni

Bitcoin, regolamentazioni e il nuovo ruolo della privacy

Le prospettive delle nuove normative crypto

L’equilibrio tra privacy, innovazione e conformità normativa sta assumendo un ruolo sempre più fondamentale per determinare il futuro di Bitcoin e del settore crypto. E lo si capisce soprattutto nell’ottica dei più recenti cambiamenti nel panorama normativo, in cui l’Unione europea sembra voler fare da guida.

Il MiCA, in questo senso, sembra avere tutte le prerogative per essere un punto di svolta, con un approccio in contrasto con lo “stile” di regolamentazione statunitense e di altre giurisdizioni, dove la chiusura (tra le altre) di Signature Bank e le azioni legali della Securities and Exchange Commission (SEC) contro Genesis, Gemini, Bittrex e (in parte) Coinbase hanno accresciuto le preoccupazioni per quanto riguarda la fuga di capitali dal paese.

Proprio Coinbase ha esortato la SEC a stabilire un nuovo framework per le criptovalute, ma la risposta è stata in sostanza negativa, non lasciando presagire nulla di buono per l’industria.

Al contrario, l’Ue sembra aver lavorato diligentemente per creare regolamenti che tutelino i consumatori e incoraggino l’innovazione.

Su questo si concentra il MiCA, con misure per incrementare la supervisione normativa e “bilanciare” i cripto-asset alle industrie tradizionali, con l’obiettivo finale di instaurare fiducia tra i consumatori e le istituzioni finanziarie.

Di conseguenza, il MiCA sembra avere il potenziale per incoraggiare collateralmente un uso più diffuso delle criptovalute e della tecnologia blockchain che le sostiene. Un impatto che dovrebbe estendersi ben oltre i confini dell’Ue, e che servirà probabilmente da “modello” per altre giurisdizioni.

Il caos normativo degli Stati Uniti, dove più organi di governo sono il lizza per il predominio normativa, mette poi ancora più in risalto il tentativo più armonioso e pragmatico di regolamentare da parte dell’Europa.

Questo approfondimento è stato pubblicato in esclusiva sulla nostra newsletter Whale Weekend del 26 maggio 2023. Iscriviti per non perdere articoli inediti, analisi, news della settimana e tanto altro ancora!

Privacy ed effetti collaterali

Il regolamento MiCA mira a far rientrare l’industria crypto nel quadro giuridico Ue esistente, offrendo “certezza normativa” anche in rapporto a misure antiriciclaggio e di protezione degli investitori.

E proprio a questo proposito, emergono però le prime criticità. A partire, per esempio, da un linguaggio di tipo “restrittivo”, che potrebbe allo stesso modo limitare il potenziale del settore per crescita e innovazione.

Si parla, soprattutto, dell’articolo 68 della normativa, che affronta le regole da adottare da parte degli exchange. Prima tra tutte, l’impedimento dell’attività tramite anonimizzazione integrata, perché le transazioni possano essere identificate dai CASP (Crypto Asset Service Provider) autorizzati. Il tutto, con conseguenze di grande portata per individui, imprese e community.

La privacy, del resto, rimane una pietra miliare dei diritti umani, che permette agli individui interagire tra di loro senza timore di essere sorvegliati o di avere ritorsioni di qualsiasi tipo. Ed è essenziale per la corretta esecuzione delle transazioni finanziarie (per es. tutela da concorrenza o hacker).

Per questo motivo, l’implementazione del MiCA e le autorità bancarie europee (EBA) svolgeranno un ruolo ancora più decisivo per il futuro delle crypto. Per la finalizzazione di vari standard tecnici di regolamentazione, e un approccio che andrà oltre il semplice contrasto alle attività illecite (come il riciclaggio di denaro).

C’è chi auspica, in questo senso, un approccio normativo più flessibile e dinamico, che possa promuovere la crescita e l’innovazione del settore, garantendo al contempo la conformità ai requisiti normativi e la protezione della privacy.

Per esempio, esortando i CASP a continuare a supportare transazioni “riservate”, pur in conformità con il framework. Magari a scapito di soluzioni tecniche specifiche, ma a favore di una flessibilità necessaria per ideare nuove soluzioni. Il tutto, collaborando con le parti interessate del settore, per comprendere meglio le potenziali implicazioni della regolamentazione sull’industria e sulla privacy.

Il linguaggio restrittivo del MiCA potrebbe avere però, per molti analisti del settore crytpo, un impatto negativo sulla crescita di quest’ultimo.

Una normativa “unica”, per certi versi, potrebbe infatti non essere la la soluzione ideale per un’industria ancora in fase di sviluppo.

Invece di proporre una soluzione tecnica specifica, sono in molti a suggerire una regolamentazione che conceda agli intermediari regolamentati la flessibilità di adottare soluzioni che equilibrino l’esigenza di conformità con l’innovazione e la privacy.

Bitcoin e l’imprescindibilità della privacy

Non c’è Bitcoin senza privacy, direbbe qualcuno. Sicuramente tutti quelli che vivono BTC più da vicino.

Non a caso, dietro le quinte, gli sviluppatori di Bitcoin hanno da sempre lavorato per preservare la privacy delle transazioni, a partire dal paradosso che proprio queste ultime sono, di fatto, pubbliche: nessuna identità è registrata sulla blockchain, ma ogni singola transazione lo è.

Lo scontro con le autorità di regolamentazione da questo punto di vista sembra quindi scontato, con un naturale tentativo di tutelare il più possibile la possibilità di detenere fondi senza collegamenti KYC da parte della community.

Il motivo? In sostanza, evitare che i dati raccolti dalle autorità possano “essere usati contro di noi”. Il che, pur essendo un’eventualità di difficile previsione, rappresenta un diritto fondamentale per molti.

Per questo motivo, parallelamente all’incedere delle regolamentazioni, proseguono anche le soluzioni per continuare a tutelare la privacy.

Questo, a partire dai wallet, e già negli anni passati con la tecnologia CoinJoin o con i mixer, che infatti hanno puntato su di essi il mirino delle autorità di sorveglianza, soprattutto negli Usa.

Esiste poi Wasabi Wallet, che utilizza la rete Tor per rendere anonimo il proprio traffico. Oppure Monero, che in fatto di privacy non sembra avere rivali nel panorama crypto (pur con altre controindicazioni).

E ancora, il Lightning Network, che pur essendo nato per risolvere il problema di scalabilità di Bitcoin, presenta vantaggi anche in termini di privacy, visto che ogni transazione non viene memorizzata nella mainnet in modo permanente, ma raggruppata insieme alle altre, poi registrate successivamente come un’unica grande transazione.

Più recenti, invece, soluzioni che mirano a integrare l’intelligenza artificiale proprio in funzione della tutela della privacy, come per esempio il progetto Worldcoin portato avanti dal fondatore di OpenAI, Sam Altman.

"Gli sviluppatori di Bitcoin hanno da sempre lavorato per preservare la privacy delle transazioni, a partire dal paradosso che proprio queste ultime sono, di fatto, pubbliche"

CBDC: la nemesi della privacy

Sulla strada per la tutela della privacy, tuttavia, il nemico per eccellenza non sembra essere il trend normativo in sé. Semmai, la deriva normativa che spinge verso una sorveglianza sempre più spinta, il cui apice sono senza dubbio alcuno le valute digitali delle banche centrali (CBDC). Ovvero, come abbiamo imparato, versioni digitali centralizzate della valuta fiat, che potrebbero essere utilizzate per consentire un monitoraggio totale sulle transazioni.

Quasi tutti i governi di tutto il mondo sono già in fase di realizzazione di tali risorse, con un certo numero di piccoli paesi che ne hanno già rilasciate alcune versioni. Esclusa, ovviamente, la Cina, in prima linea da questo punto di vista e prova delle conseguenze sulla privacy di una tecnologia del genere sfruttata da un regime autoritario.

Il trend, in ultima istanza, sembra essere proprio questo, paese autoritario o meno. E da molti punti di vista, dato che non sono in pochi a ritenere limitazioni della privacy anche soluzioni come “punti CO2” sulle carte di credito o limiti all’uso del contante, fino alle estremizzazioni del credito sociale cinese.

La quesitone, ad ogni modo, sembra essere più che chiara nella community Bitcoin, in cui la sfida, come lo è stata da sempre, è costruire un’alternativa valida, e farlo il più velocemente possibile.

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