Bitcoin e investimenti in crypto: a che punto siamo oggi?
Di Daniele Corno
ETF, aziende e governi: chi sta davvero accumulando Bitcoin (e perché)? Un viaggio tra dati, nomi e strategie istituzionali

Introduzione al focus on di oggi
Nel corso degli ultimi mesi, la distribuzione di Bitcoin ha subito una trasformazione tanto silenziosa quanto profonda.
A guidarla, a differenza dei precedenti cicli, non sono più piccoli o grandi investitori privati, ma grandi istituzioni, fondi, aziende e governi. Il risultato, ben visibile dai numeri, parla chiaro: una quota sempre più grande dell’offerta disponibile è in mano a big player e soggetti istituzionali.
Questo cambiamento in corso è di natura strategica. Dietro ogni acquisto c’è infatti un’intenzione ben precisa: Utilizzare BTC non più come asset speculativo, ma come asset di riserva o copertura sistemica.
Tutto ciò, segna l’inizio di una nuova fase di mercato, dove gli attori di mercato cambiano così come cambiano i casi d’uso di Bitcoin.
In questo focus on, analizziamo quali sono i principali detentori di BTC, come stanno costruendo le loro posizioni e cosa significa tutto questo per il futuro di questo mercato.
Indice
ETF Spot: il canale preferito per l’esposizione istituzionale
Tornando indietro a poco più di un anno fa, l’11 gennaio 2024, l’ingresso sul mercato degli ETF Spot Bitcoin ha cambiato per sempre la percezione del mercato.
Gli ETF Spot hanno permesso l’apertura del mercato crypto e, nel particolare Bitcoin, verso tutte quelle istituzioni USA interessate all’accumulo tramite strumenti regolamentati.
Attualmente, i soli ETF spot dedicati al mercato USA, custodiscono quasi 1.2 milioni di BTC, pari circa al 6% dell’offerta circolante, dal valore di circa $130 miliardi di dollari.
Di questi, più di 620.000 BTC erano precedentemente custoditi, nella quasi totalità, dal Trust di Grayscale, convertito successivamente in ETF Spot. Considerando i dati, in poco meno di un anno e mezzo hanno raccolto nel complesso circa 570.000 BTC, pari a circa il 2.7% dell’intera offerta.
Come riporta inoltre Sosovalue, il flusso in ingresso cumulativo ha superato il valore di $43 miliardi, confermando l’interesse e il successo sul mercato di questa tipologia di prodotti. Nello stesso periodo inoltre, come riportato da TheBlock, il trading di questi prodotti ha generato volumi vicini a $1.000 miliardi di dollari.
È inoltre interessante notare come, seppur non dato da una correlazione diretta, sono molto simili i rapporti di inflow su ETF Spot e Outflow su Exchange centralizzati. A fronte dei circa 570.000 BTC in ingresso sugli ETF, più di 600.000 BTC sono usciti dagli Exchange nello stesso periodo.
Altra chiave di volta correlata agli ETF Spot, sono le opzioni, recentemente approvate che offrono uno degli strumenti più liquidi e scambiati sul mercato. Esse hanno infatti aperto il mercato a fondi specializzati in opzioni, che ora possono integrarle ai Futures già quotati.
I grandi protagonisti: IBIT, FBTC, GBTC
Il panorama del mercato ETF Spot si è fin da subito concentrato su pochi prodotti che hanno dominato il mercato, di cui tre nello specifico, quali; iShares Bitcoin Trust (IBIT) di BlackRock, Fidelity Wise Origin Bitcoin Fund (FBTC) e Grayscale Bitcoin Trust (GBTC).
IBIT ha fin da subito concentrato a sé l’attenzione, accumulando oltre $20 miliardi di dollari nei primi 5 mesi di vita, stabilendo così un record globale nel mercato ETF. Le sue quote di mercato sono ulteriormente crescite ed attualmente, il solo IBIT detiene quasi il 50% della Market Share.
Con una quota di 663.000 BTC accumulati, pari ad oltre $70 miliardi di dollari, IBIT si posiziona nei primi 25 posti tra gli ETF più grandi sul mercato. (Fonte dati: Etfdb).
Con quote inferiori, sulla scia del successo di IBIT, anche FBTC di Fidelity e GBTC di Grayscale ricoprono quote importanti. Con quasi 195.000 BTC, FBTC copre il 23% della Market Share mentre GBTC, con 187.000 BTC copre il 14.6%.
È interessante notare inoltre, come siano divise le partecipazioni all’interno di questi prodotti. Negli USA infatti, Hedge found, Fondi comuni d’investimento, Banche, Assicurazioni, Fondi pensione, e Società di gestione patrimoniale con asset in gestione sopra i $100 milioni di dollari, sono tenuti a presentare moduli 13/F, dichiarando trimestralmente le proprie partecipazioni su Titoli quotati. (Ciò non tiene conto di “valute” e posizioni short, offrendo quindi una visione parziale).
Grazie a siti come Fintel o WhaleWisdom è possibile osservare quindi chi sono coloro che possiedono partecipazioni in ETF Spot.
Per IBIT ad esempio, Goldman Sachs Group Inc. figura come principale holder, con oltre 23.38 milioni di azioni, dal valore di oltre $1.4 miliardi. Troviamo in seguito Brevan Howard Capital Management LP e Millenium Management LLC, rispettivamente con 21.57 e 17.59 milioni di azioni.
Per FBTC invece, Millenium Management LLC figura come principale holder, con 6.9 milioni di azioni, dal valore di $650 milioni. Con un valore simile segue Jane Street Group LLC, con 6.7 milioni di azioni.
Infine, per GBTC, Horizon Kinetics Asset Management LLC figura come principale holder, con 14 milioni di azioni, dal valore di oltre $1.16 miliardi di dollari.
Questi numeri, e soprattutto le entità coinvolte, confermano come l’interesse verso Bitcoin non sia più una scommessa di nicchia, ma un’allocazione concreta nei portafogli di chi gestisce centinaia di miliardi.
Aziende quotate: la strategia delle corporate
Parallelamente alla crescita degli ETF Spot, un numero sempre maggiore di aziende quotate ha scelto di accumulare Bitcoin nei propri bilanci. Alcune lo hanno fatto per motivi strategici, altre per visibilità, altre ancora come copertura contro l’inflazione o come asset di riserva liquido e non correlato.
A guidare questa tendenza c’è la ben più che nota Strategy (dal ticker MSTR), guidata da Michael Saylor. Con l’intenzione di diventare la più grande Bitcoin Treasury Company, Strategy ha avviato un piano di finanziamento da $84 miliardi per acquistare BTC, grazie alla liquidità proveniente dalla vendita di azioni e obbligazioni della società.
Con acquisti ricorrenti e dall’alto impatto, la società ha acquistato 580,250 BTC, pari al 2.76% dell’offerta totale, per un costo totale superiore a $39 miliardi. Le holding di Bitcoin, dal valore attuale di $61.4 miliardi, con un valore mNAV di 1.67, rappresentano quasi il 60% del valore azionario della società.
È possibile monitorare tutti gli acquisti e aggiornamenti relativi a Strategy grazie al sito Bitbo.
Sempre grazie ai dati di Fintel possiamo notare come, così come un ETF Spot, Strategy sia diventata uno “strumento finanziario” per investire (in)direttamente in BTC.
Vanguard Group Inc. figura infatti come principale Holder. Con 20.5 milioni di azioni, uno dei gestori patrimoniali più grandi al mondo, possiede oltre $7.5 miliardi di dollari in azioni MSTR. Tra i principali holder troviamo anche il gigante State Street Corp, con partecipazioni di poco superiore ad $1.5 miliardi. Figurano inoltre grandi nomi come Jane Street Group e Citadel Advisor, esposti principalmente con grandi posizioni in opzioni.
Dal successo riscontrato da Strategy, molte aziende hanno avviato una strategia simile, ampliando la competizione tra le “Bitcoin Treasury Company“.
Oltre a Mara Holding e Riot Platform, tra le più grandi società quotate sul Nasdaq per il Mining di Bitcoin, numerose società si uniscono all’appello.
XXI Capital, recentemente fondata dall’incontro tra Cantor Fitzgerald, Softbank, Tether e Bitfinex, si propone come uno dei principali competitor di Strategy, con una base di partenza di 42.000 BTC e piani per successive acquisizioni.
Altre società come Metaplanet, Gamestop e con il recente annuncio, anche Trump Media and Technology Group sono in corsa con importanti accumuli e acquisti sul mercato.
Tra i principali nomi, prevalentemente sul suolo USA, figurano tuttavia anche importanti attori dal suolo Europeo. Si tratta della tedesca “Bitcoin Group SE” e della francese “The Blockchain Group“, rispettivamente con 3.605 e 847 BTC. Figura infine, grazie alla dashboard mostrata da BitcoinTreasury, l’Italiana Intesa San Paolo, con un primo acquisto da 11 BTC.
Molte di queste aziende, come già avviene per gli ETF Spot, stanno diventando strumenti regolamentati per ottenere esposizione (in)diretta su Bitcoin. La loro presenza nei portafogli di fondi e banche evidenzia quanto l’adozione corporate non sia più un’eccezione, ma una componente strategica di mercato.
Seppur non quotate, nelle retrovie, anche società private come Block.one e Tether, rispettivamente con 164.000 e 100.500 BTC, contribuiscono alla già importante pressione d’acquisto, alimentando ulteriormente l’impatto delle società pubbliche e private sul mercato.
Stati e governi: tra confische e riserve nazionali
Ad oggi, diversi governi nel mondo detengono complessivamente 527.570 BTC, pari al 2.51% dell’offerta totale. La maggior parte di questi Bitcoin è frutto di sequestri giudiziari o operazioni statali, ma in alcuni casi fanno già parte di vere e proprie riserve strategiche.
Gli Stati Uniti guidano la classifica con 198.012 BTC, detenuti attraverso l’U.S. Marshals Service. Una parte di questi fondi è stata ufficialmente destinata alla “Strategic Bitcoin Reserve”, istituita all’inizio del 2025 grazie all’ordine esecutivo firmato dal presidente Donald Trump.
Seguono Cina (190.000 BTC), Regno Unito (61.245 BTC), Ucraina (46.351 BTC), Nord Corea (13.562 BTC), Bhutan (13.562 BTC) ed El Salvador, che ha accumulato 11.879 BTC tramite acquisti diretti di Stato.
Parallelamente, alcuni paesi stanno discutendo attivamente, chi in fase più avanzata e chi meno, l’introduzione di Bitcoin come riserva ufficiale.
Tra questi, il Pakistan, la Repubblica Ceca, New Hempshire, la Svezia hanno sul tavolo diverse proposte di legge da valutare, mentre per altri paesi il tema non è più che un semplice tema di discussione.
Le partecipazioni pubbliche e governative all’interno di Bitcoin come asset, non rispondono a logiche di profitto immediato, ma riflettono scelte strategiche di lungo periodo sempre più difficili da ignorare.
Oltre Bitcoin: Fondi e Aziende per Ethereum, Solana e XRP
Accanto a Bitcoin, nonostante i diversi tipi di utilizzi, ci sono altri nomi che vengono utilizzati come riserve strategiche, tra cui; Ethereum, Solana e Ripple (XRP).
Nel caso di Ethereum, oltre alla presenza di ETF Spot, che attualmente detengono circa 3.5 milioni di ETH, dal valore di circa $10 miliardi, numerose compagnie pubbliche hanno avviato una riserva strategica.
Tra queste, la più recente SharpLink Gaming Inc. ha raccolto $425 milioni da destinare all’acquisto di ETH come riserva aziendale. Il raise di capitali, guidato dalla società Consensys, si unisce a precedenti iniziative già in corso.
Il fondo londinese Abraxas Capital Management ha recentemente destinato ulteriori $477,6 milioni di dollari all’acquisto di ETH, per poi successivamente metterli in Staking su protocolli di liquid staking ed in seguito, utilizzarli come collaterale per un prestito in Stablecoin.
Tra le società, anche la tech BTCS, quotata sul Nasdaq, ha avviato una raccolta fondi dall’importo di $57 milioni da destinare all’acquisto di ETH.
Per quanto riguarda Solana, spiccano due società: DeFi Development Corp., ex Janover Inc., che ha effettuato un rebranding nel 2025 per concentrarsi sull’ecosistema Solana, detenendo oltre 609.000 SOL e gestendo propri validatori; e Sol Strategies, precedentemente Cypherpunk Holdings, che ha liquidato le sue posizioni in Bitcoin per accumulare più di 267.000 SOL, con 3,3 milioni di SOL delegati tramite validatori proprietari.
Infine, anche su XRP iniziano ad emergere esempi di accumulo strategico. La società farmaceutica Wellgistics ha annunciato un acquisto di XRP per oltre $50 milioni come riserva liquida. VivoPower International invece, ha avviato una raccolta fondi da $121 milioni per finanziare l’acquisto di XRP come asset di riserva.
Conclusione
L’interesse istituzionale verso Bitcoin e, più in generale, verso il settore crypto, non è più una tendenza marginale, ma una vera e propria evoluzione strutturale dei mercati finanziari. L’emergere di BTC come riserva strategica – nei bilanci aziendali, nei fondi regolamentati, nelle casse statali – rappresenta quella che potrebbe diventare la più grande pressione d’acquisto della sua storia.
Non più solo speculazione, ma copertura asimmetrica. Sempre più spesso, grandi fondi e gestori patrimoniali iniziano a considerare Bitcoin come uno strumento decorrelato dalle logiche dei mercati tradizionali, adatto a resistere agli shock sistemici e a proteggere valore nel lungo termine.
Se il trend prosegue, Bitcoin smetterà di essere semplicemente “un’alternativa” e inizierà a essere parte integrante delle strategie finanziarie di chi comanda davvero il denaro. E a quel punto, la domanda non sarà più “chi compra Bitcoin?”, ma “chi può permettersi di non averlo?”.