Dal crollo al rally: Una settimana da cardiopalma per i mercati

Di Daniele Corno

Settimana da montagne russe per i mercati: prima il sell-off, poi l'euforia. Ma il rischio sistemico resta, solo più silenzioso

Dal crollo al rally: Una settimana da cardiopalma per i mercati

Introduzione al focus on di oggi

La settimana appena conclusa ha messo in luce, ancora una volta, quanto i mercati siano fragili e sensibili alla narrativa dominante.

Tutto è iniziato con un’ondata di vendite sui mercati globali. Gli investitori temevano infatti un mix pericoloso: da un lato, il rischio di recessione, dall’altro, lo spettro della stagflazione, cioè inflazione alta con crescita bassa. Una combinazione capace di mettere in difficoltà banche centrali e governi.

In mezzo al caos e alla volatilità, Donald Trump ha rilanciato il tema dei dazi. La prima dichiarazione è stata interpretata come una minaccia diretta al commercio globale, scatenando un forte sell-off sui mercati globali, con gli indici in territorio di Bear Market e Bitcoin che è crollato fino ad area $74.500, con un test dei precedenti ATH.

In poco tempo tuttavia, la narrativa sembra già essere cambiata, anche se è sempre meglio attendere prima di cantar vittoria. Nella giornata di mercoledì, Trump ha corretto il tiro: dazi sospesi per 90 giorni con tariffe minime del 10%, è tempo di contrattazioni, ad eccezione della Cina.

Tuttavia, sebbene l’euforia si sia fatta sentire, il quadro generale resta incerto. La volatilità non è un’eccezione, oggi è diventata la regola.

Nel Focus On di oggi analizziamo ogni dettaglio: dalle dichiarazioni politiche alle reazioni dei mercati. Inversione di un trend dalla breve durata oppure un solo rally effimero, figlio di un tweet?

Dazi in stand-by, ma lo show è solo all’inizio

La settimana è iniziata con tensioni forti su tutti i mercati. A innescare la svendita iniziale è stato, ancora una volta, Donald Trump. A seguito dell’imposizione di nuovi Dazi verso molteplici paesi, i mercati hanno reagito con un sell-off immediato. 

Gli indici USA come Standard & Poor’s 500 e Nasdaq 100 concludono la settimana con perdite comprese tra il -9% e il -9.7%. Le pressioni si alimentano all’apertura settimanale, con ulteriori svendite che portano gli indici in territorio di Bear Market, con affondi superiori al -20% dai massimi locali.

Pressioni che colpiscono il prezzo di Bitcoin, il quale subisce forti ribassi, fino a raggiungere minimi in area $74.500, vicino ad un retest del precedente ATH raggiunto nella primavera del 2024.

Queste dichiarazioni hanno riacceso lo spettro di una stagflazione: inflazione alta, ma crescita economica debole. Una combinazione pericolosa che da un lato blocca la spesa dei consumatori, dall’altro impedisce alle banche centrali di intervenire con tagli ai tassi di interesse.

Nel giro di poche ore dall’apertura settimanale, il mercato ha iniziato a prezzare un contesto più cupo. Il rischio di una recessione tecnica è tornato sul tavolo. Goldman Sachs e Jp Morgan quotano addirittura una probabilità rispettivamente del 45% e del 60% per una recessione USA nel 2025.

Tuttavia, basta un momento per capovolgere le carte sul tavolo. Ad una settimana di distanza, lo stesso Trump ha annunciato una pausa di 90 giorni sui dazi comunicati, escludendo solo la Cina, che verrà colpita da un’aliquota record del 125%, con una tariffa complessiva che ammonta al 145%. Il resto del mondo, almeno per ora, resterà soggetto solo a tariffe minime del 10%.

Strategia politica o decisione economica? Una mossa che apre le porte a nuove trattative e che rende sempre più chiaro l’obiettivo dal nuovo Presidente. L’America è aperta a trattative ma a quale scopo? Sul tavolo, tra i temi più importanti, il Debito Pubblico USA è al centro dell’attenzione, e quello che sembra un momento di pausa prima di una guerra commerciale, potrebbe portare a risvolti imprevedibili.

Indici in recupero, ma la volatilità è estrema

La risposta dei mercati al dietrofront sui dazi non si è fatta attendere. Nel corso della giornata di mercoledì, gli indici americani hanno messo a segno un rimbalzo tra i più violenti degli ultimi anni. Il Nasdaq 100 ha chiuso la sessione con un incredibile +12.5%, mentre S&P 500 ha segnato un +10.2%. Numeri che, letti da soli, potrebbero suggerire la fine della tempesta. Ma la realtà è più complessa.

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A confermarlo è la reazione del mercato dei beni rifugio: l’oro è salito del +3.3% nella stessa giornata, segnando in seguito un nuovo massimo storico, sopra i $3.170 dollari per oncia. Un ulteriore segno che lascia accesa l’incertezza, segno che il mercato ha ancora timori, dubbi e incertezze.

Nonostante il recupero infatti, anche la volatilità non stenta a placarsi. Il VIX infatti, indice della volatilità su S&P 500, anche detto “Indice della paura“, oscilla a livelli superiori a 50, indice che il sentiment è ben più che incerto.

Ne da un ulteriore conferma l’indicatore ATR (average true range). Il movimento medio giornaliero di Nasdaq 100 è quasi raddoppiato dal 2 aprile in poi, passando da una media di 420 punti agli attuali 770 punti giornalieri. Valori RECORD, mai visti nel corso della storia, dettati anche dall’enorme crescita dell’indice negli ultimi anni.

Situazione simile anche per Standard & Poor’s 500, dove l’ATR segna una crescita del +100%, da movimenti medi di 90 punti giornalieri, agli attuali 180 punti.

I volumi, inoltre, raccontano una storia diversa. Le sessioni in rosso della scorsa settimana hanno mostrato maggior convinzione rispetto all’ultimo rimbalzo. Questo porta molti operatori a definire il movimento come un classico “bear market rally, ovvero un recupero tecnico all’interno di un trend discendente.

Bitcoin tenta la ripresa ma le Altcoin soffrono

Anche il mercato crypto ha reagito al cambio di tono di Trump, ma in modo più selettivo rispetto all’azionario. Dopo aver testato l’area dei $74.500, corrispondente ai vecchi ATH di inizio 2024, Bitcoin ha mostrato una resilienza senza precedenti.

A seguito del dietrofront del presidente sui Dazi, BTC è esploso a rialzo con un netto +8% sul giornaliero, recuperando area $80.000, colmando il gap lasciato nel week end sul Futures del CME. 

Tuttavia, al contrario dell’azionario, qui non si può parlare di recupero generalizzato. Le Altcoin, infatti, sono rimaste indietro, in una continua spirale di debolezza. A dimostrarlo è l’andamento della Bitcoin Dominance, tornata sopra il 63%, sui valori massimi raggiunti durante il crollo del 3 febbraio. Un netto segno che la maggior parte del capitale si sta rifugiando nel principale asset del settore.

Anche la Dominance di Ethereum (ETH.D) continua a calare, scendendo sotto il 7.5%, verso i suoi minimi assoluti. La debolezza sul prezzo di ETH è infatti cronica, con valori vicini ai prezzi di fine 2022, quando il mercato aveva appena iniziato a riprendersi dopo la bancarotta di FTX.

La pressione è ancora più evidente sulle altcoin le quali, ad eccezione di qualche nome particolare, soffrono un ciclo discendente senza fine. Nel grafico qui indicato infatti, indice della Market Cap delle Altcoin escludendo USDC e USDTtutti i profitti generati da novembre 2024 ad oggi sono azzerati.

All’interno di questo grafico tuttavia, solamente XRP pesa il 20% sul totale mentre SOLANA pesa un ulteriore 10%. È facile intendere quindi, che per tutto il resto del mercato, il contesto è ben altro che roseo e l’interesse è oramai sui livelli minimi.

Oltre i dazi: Trump tratta sul debito, non sul commercio

Tra dichiarazioni, rialzi e correzioni, il vero tema della settimana non è né la guerra commerciale né l’inflazione: è il debito USA. Ed è proprio qui che entra in gioco la strategia, a tratti nascosta, di Trump.

Ad oggi, gli Stati Uniti hanno oltre $36.600 miliardi di debito, con una crescita pari a $1.000 miliardi ogni 100 giorni. Il costo annuo per gli interessi ha superato i $1.100 miliardi, diventando la voce di spesa più alta dopo la previdenza sociale. Ma la parte più critica deve ancora arrivare: nel solo 2025, il Tesoro dovrà rifinanziare oltre $8.000 miliardi,

Ed è qui che i dazi diventano uno strumento e non un fine. La chiave è la credibilità del debito americano, e più gli USA riescono a dimostrare forza, meno dipendenza avrà il Tesoro da acquirenti esterni.

Non è un caso, infatti, che il dietrofront del presidente sia arrivato proprio nel momento in cui i rendimenti dei Treasury a 10 anni, dopo un forte calo iniziale, sono tornati a salire con decisione. Tra il 7 e l’8 aprile, il tasso è passato dal 3.89% al 4.29%, segnando un aumento del +10% in appena 48 ore. Una dinamica che ha anticipato l’annuncio di Trump sulla sospensione dei dazi per 90 giorni, alimentando il sospetto che la sua mossa fosse ben più che casuale.

Troviamo un approfondimento degli eventi in questo tweet condiviso da KobeissiLetter, che condivide una disamina degli eventi.

Nel frattempo, il Dollar Index (DXY) è crollato sotto il valore di 101, sui minimi da settembre 2024, e l’euro/dollaro è schizzato a valori superiori a 1.102, in crescita del +2% sul grafico settimanale.

Il mercato dei tassi inizia ad adattarsi. Secondo il FedWatch Tool, per la riunione del 7 maggio la probabilità di un taglio resta bassa, intorno al 28%. Tuttavia, le aspettative cambiano radicalmente da giugno, dove si prezza una probabilità del 63% per un primo taglio da 25 punti base, seguita da un ulteriore 55% di possibilità per un secondo taglio già nella riunione del 30 luglio.

In un clima di estrema incertezza, forse la domanda giusta non è se qualcosa si sta rompendo. Ma quando, e quale sarà il primo pezzo a cedere.

Tra tweet e realtà: chi comanda davvero i mercati?

La settimana attuale ha dimostrato ancora una volta quanto l’incertezza sia un tema ben più che attuale, dove, i cambi repentini di direzione messi in atto dal presidente USA, muovono centinaia di miliardi a suon di tweet.

È bastata infatti una comunicazione verso una morsa più leggera, per creare uno dei più impulsivi rally in una singola giornata degli ultimi anni. La reazione non poteva esser altro che una volatilità da cardiopalma, in quanto, nonostante la pausa ai Dazi, i timori di una guerra commerciale restano alla porta.

In un contesto dove le dichiarazioni pesano più dei dati, i mercati si muovono sempre più su percezioni e aspettative, piuttosto che su fondamentali solidi.

I mercati cercano risposte, ma per ora si muovono sulle ipotesi. E mentre la narrativa cambia da un giorno all’altro, una domanda resta sullo sfondo:

"stiamo assistendo a un semplice assestamento, o a segnali di qualcosa che sta cambiando più in profondità?"


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