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ETF spot crypto: perché sono importanti

Di Gabriele Brambilla

Parliamo ancora di Exchange Traded Fund sulle crypto, ma in ottica più generale, capendo perché sono così importanti

ETF spot crypto: perché sono importanti

Introduzione

Nell’ultimo periodo si parla con insistenza riguardo l’approvazione dell’ETF spot Ethereum. Ma perché tutta questa attenzione?

Nell’articolo che stai leggendo tratteremo proprio di questo, individuando tre delle motivazioni più rilevanti per cui gli ETF spot sulle crypto hanno tutta questa importanza.

Ponte con la finanza tradizionale

Iniziamo dal motivo che a molti sta a cuore: gli ETF spot fungono da ponte tra il mondo delle criptovalute e la finanza tradizionale. Certo, avevamo già altre opzioni da poter seguire (come gli ETF futures), ma nulla è meglio di un prodotto spot.

Grazie agli Exchange Traded Fund di questa categoria, molti investitori tradizionali possono oggi avvicinarsi a bitcoin (e chissà…) senza avventurarsi nello studio delle modalità operative tipiche delle criptovalute.

Chiariamo subito un punto importante: a nostro avviso, bisogna conoscere bene qualsiasi asset su cui si intende investire. Però, operare con le crypto non è da tutti: bisogna scegliere un wallet, capire quali exchange utilizzare, finalizzare correttamente le transazioni e via dicendo. Per non parlare di tutto lo studio legato alla sicurezza. Immaginando l’investitore medio, che di base non mastica per niente neppure gli argomenti tradizionali e si affida ai consulenti, viene da sé capire che difficilmente andrebbe ad approcciarsi alle criptovalute. Invece, con uno strumento facile come l’ETF spot nulla è precluso.

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"Le crypto si collegano al mondo tradizionale e raggiungono più investitori"

Più investitori, più denaro

Prima dei prodotti spot avevamo a disposizione (e ancora abbiamo) gli ETF basati sui futures, che però sono di natura molto differenti. Questi ultimi necessitano infatti di riserve dell’asset sottostante, mentre i futures non hanno questa necessità. Di conseguenza, la categoria spot va a riversare denaro direttamente su bitcoin e le eventuali altre criptovalute che entreranno in questo mondo. Ma ricorriamo a un esempio, così da capire meglio che cosa intendiamo.

Se oggi andassimo a investire 1.000 € sull’ETF spot BTC di BlackRock, il fondo in questione deterrà 1.000 € di valore in BTC. Se il prodotto spot avesse 1 miliardo di euro di capitalizzazione totale, BlackRock dovrà possedere almeno 1 miliardo di euro in bitcoin. Il concetto è molto semplice: più le persone comprano gli ETF, più la market cap di BTC aumenta, perché il fondo deve avere la coin in custodia.

Però non tutto è positivo. Infatti, i fondi non muovono la criptovaluta abbinata all’ETF, ma si limitano a “tenerla lì” finché c’è domanda. In aggiunta, non sono BlackRock, Fidelity e compagnia a detenere direttamente le crypto, ma si appoggiano a società esterne (come Coinbase). In poche parole: la blockchain della coin interessata non viene utilizzata più di tanto e, chiaramente, questa non è una buona cosa.

Il timore di alcuni esperti è che se gli Exchange Traded Fund dovessero diventare più popolari della criptovaluta stessa, la relativa blockchain potrebbe avere difficoltà a funzionare correttamente. Ma questo, almeno per ora, è uno scenario ipotetico.

"Gli Exchange Traded Fund spot obbligano il fondo a detenere l'asset sottostante"

Riconoscimento e consolidamento

Arriviamo alla terza motivazione, non meno importante delle due precedenti: gli Exchange Traded Fund spot danno maggiore autorevolezza al comparto crypto, contribuendo a consolidarlo.

Le criptovalute restano ancora un ambiente pionieristico, soprattutto quando ci si ritrova a che fare con piattaforme DeFi (e non) molto spinte e innovative, oppure progetti particolari da “gloria o fallimento”. Però, dobbiamo accettare il fatto che, rispetto a qualche anno fa, le cose sono cambiate. Le crypto più note come BTC, ETH, SOL, USDT e via dicendo ormai le conoscono in tanti, se ne parla sui media tradizionali (generalmente senza conoscerle, ma comunque se ne parla) e anche le istituzioni le hanno più o meno inquadrate (ci sarebbe da ridire pure qui, ma lasciamo perdere).

Per quanto vogliano staccare con la finanza tradizionale, le criptovalute devono comunque avere un minimo riconoscimento se vogliono continuare a evolversi. Fa parte del gioco e prima o poi bisogna farne i conti.

Se ci pensiamo, non è comunque un male. Dopotutto, le fondamenta del comparto restano identiche e avremo sempre a disposizione un’alternativa il più delle volte decentralizzata, libera e priva di censura. Per dire, una blockchain come Bitcoin è pressoché incontrollabile da un’autorità centrale e nessuno può “staccarle la spina”.

Dicevamo che serviva del riconoscimento e gli Exchange Traded Fund contribuiscono proprio in questo senso. Quando si hanno a disposizione dei prodotti di questo genere, approvati (a gran fatica) da autorità centrali come la SEC americana, la percezione verso gli asset sottostanti cambia. BTC non è più un oggetto misterioso, talvolta ritenuto pure truffaldino o lo schema Ponzi di turno, ma diventa un asset dotato persino di ETF spot sul più grande mercato economico mondiale.

Su questo punto parlo proprio per esperienza personale: negli ultimi mesi ho visto molti amici e conoscenti cambiare bruscamente opinione su BTC. Prima era qualcosa di pericolosissimo, da cui stare alla larga. Ora è diventato qualcosa su cui “magari una piccola allocazione posso metterla, sai, per diversificare…”. Potere della finanza tradizionale, c’è poco da dire.

"Grazie a questi strumenti, le criptovalute guadagnano autorevolezza"

Conclusioni

Sicuramente abbiamo scordato altri motivi meritevoli di attenzione. Tuttavia, i tre che abbiamo visto sono forse i più rilevanti in assoluto.

Dopo i prodotti spot su bitcoin, attendiamo con trepidazione quelli su Ethereum. Poi chissà: forse il futuro della finanza tradizionale riserverà un posto più ampio anche al nostro settore.

Non dimentichiamo però che le diversità rimarrano e dovremmo gioire di questo: le criptovalute restano l’alternativa alla TradFi, non dimentichiamolo!


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