Decentralized Physical Infrastructure (DePIN)
Di Massimiliano Casini
Parliamo di una delle narrative che potrebbe fungere da cavallo di Troia per attrarre e arrivare alla massa: la DePIN
Introduzione al focus on di oggi
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Salve cripto investitore e benvenuto al focus on di questa settimana.
Visto il notevole successo che ha portato l’aula studio del 18 gennaio su Render Network ,e dato anche l’andamento che stanno avendo i DePIN, abbiamo voluto scriverci un bell’approfondimento che vada a fare chiarezza su cos’è questa tipologia di token, nonché che problemi reali cerca di risolvere o come pensa di creare delle soluzioni alternative a quelle gia offerte nel web 2.0.
Quali sono le sottocategorie presenti? Quali sono i migliori progetti che si stanno sviluppando nel settore crypto e che stanno innovando nel mondo reale? E ancora, quali sono le metriche principali e fondamentali da analizzare per capire la potenzialità di questi network che stanno nascendo ed espandendosi? Qui troverai tutte le risposte a queste domande.
Per ultimo analizzeremo anche alcune caratteristiche dei token alla base di questi progetti e i loro use case primari.
Ma prima di andare dritti al punto, partiamo con una spiegazione che farà da preambolo e introdurrà un concetto fondamentale per capire questa nuova categoria di token, di cui avrete sicuramente gia sentito parlare: la sharing economy.
Indice
Sharing economy
Quando parliamo di sharing economy, facciamo riferimento a quella tipologia di aziende che permettono la condivisione di un bene o un servizio attraverso un’applicazione che consente il collegamento tra due parti:
- Possessore: il possessore del bene, che offrirà in maniera automatica o manuale un servizio;
- Utilizzatore: colui che ha bisogno di un servizio per una sua esigenza, oppure di un bene di seconda mano.
Le aziende più conosciute in questo campo sono Uber e Airbnb, che permettono di ridurre i costi da parte di chi vuole usufruire di un servizio, come quello di avere un passaggio per raggiungere un luogo o quello di vivere per qualche giorno o settimana in un certo posto del mondo.
Però, come possiamo vedere dall’immagine superiore, il compito della azienda o applicazione è “solo” quello di collegare le due figure, che invece fanno gran parte del lavoro. Per questo la società guadagna una parte dei compensi pagati dall’utilizzatore della piattaforma.
Il problema principale è che la maggioranza di queste società guadagnano una buona parte delle fee sborsate da chi adopera il servizio e non redistribuisce ai suoi “dipendenti” una quota delle revenue.
In più, i diritti di questi ultimi sono limitati, come la possibilità di prendersi un giorno di ferie o di malattia, che appunto non comportano remunerazione di alcun tipo. Di conseguenza, queste persone guadagnano molto meno di quanto percepiscono realmente.
Naturalmente esistono molte altre soluzioni di sharing economy utili in diversi campi.
Ad esempio, quando utilizziamo un app peer-to-peer come Subito o Vinted andremo a installare un’applicazione pseudo-gratuita sul nostro dispositivo che permetterà lo scambio di oggetti o abiti di seconda mano tra persone.
Ma ci siamo mai chiesti da cosa guadagnano i creatori di queste app?
Una parte è data ovviamente dalle pubblicità all’interno della applicazione. Mentre un’altra buona parte è data dal modello di business della società che spesso integra nelle app delle funzionalità migliori per gli utenti che pagano un abbonamento o un miglioramento del proprio account.
Grazie alla tecnologia blockchain, all’utilizzo di smart contract, di token e alla verifica della prova di lavoro, possiamo a tutti gli effetti rimuovere dal trinomio visto in precedenza la figura meno utile: quella aziendale, il middleman. Il tutto massimizzando di fatto il guadagno per chi offre il servizio e riducendo il costo di chi lo adopera, oppure evitando che questa debba finanziarsi con l’utilizzo di pubblicità o di modelli a pagamento.
Sono convinto che questa soluzione non sostituirà quelle presenti sul mercato in questo momento. Tuttavia, l’obiettivo è creare un’alternativa meno costosa e quindi probabilmente meno performante per permettere al mercato di avere una soluzione diversa. Dopodiché sarà il mercato stesso a decidere cosa utilizzare, portando potenzialmente anche a una riduzione dei costi delle società passate.
Esiste già una soluzione che va a creare un’alternativa per una delle due aziende esempo riportate all’inizio. Infatti, Drife è la versione DePIN di Uber, costruita sopra IOTEX, una blockchain creata apposta per questa tipologia di token.
Cerchiamo di capire come funzionano le utility di questi token prima di concentrarci sulle sottocategorie esistenti e sui migliori progetti in circolazione.
"Ora che ci sono tutte le basi, addentriamoci nei DePIN"
Come funzionano i token dei DePIN?
Partiamo dal presupposto che gran parte dei protocolli DePIN sono delle dapp costruite su alcune blockchain che sviluppano una parte del proprio network on-chain, mentre un’altra parte opera off-chain proprio per offrire il servizio nel mondo reale.
Prendendo ad esempio il funzionamento di Filecoin, per diventare un nodo della chain, un utente deve bloccare in stake delle monete “FIL” per garantire una condotta affidabile al network. Dopodiché utilizzerà lo spazio libero del suo computer per immagazzinare file crittografati in cambio di un guadagno periodico. Come possiamo notare, la parte on-chain serve per il vincolo di capitale e per le ricompense, mentre la parte off-chain serve da storage per il materiale.
Andando a vedere invece le caratteristiche delle blockchain che sembrano essere ricercate da questi progetti DePIN troviamo: bassi costi di commissione on-chain, alta frequenza di transazioni, accordi e partnership importanti, e supporto ed incentivi per chi sviluppa su questi network.
Le principali chain su cui stanno emergendo queste dapp sono la già menzionata Iotex, Solana, Cosmos, Polkadot e Polygon.
Ora esaminiamo gli scopi che hanno questi token o coin (nel caso parlassimo di appchain costruite su Cosmos o parachain costruite su Polkadot) nei progetti DePIN. Questi possono creare domanda o vincoli temporali che permettono un blocco della selling pressure sul mercato, cercando di creare un meccanismo di flywheel positivo che possa rendere tutti i membri della rete soddisfatti.
Ecco una lista delle principali utilità di questi token:
- Incentivi: la prima utilità di questi token è quella di essere usati come incentivo per tutti i nodi partecipanti al network che vogliono ottenere delle ricompense “affittando” le proprie disponibilità hardware.
- Pagamenti: la seconda utilità fondamentale è quella di poter impiegare la moneta come sistema di pagamento per utilizzare il network. Spesso questi progetti, per cercare di attrarre più utenti, permettono il pagamento tramite valuta FIAT attraverso soluzioni di pagamento web 2 come, Swipe o Paypal. Questo meccanismo di pagamento FIAT va poi ad integrarsi con un acquisto del token a mercato, così da mantenere la domanda attiva sulla moneta.
- Buyback, lock e burn mechanism: come già anticipato nella sezione precedente, alcuni dei pagamenti fatti in FIAT o direttamente in stablecoin vengono poi convertiti nel token del progetto creando un’istantanea buy pressure. In più, alcuni progetti decidono di utilizzare una parte del buyback per lockare o bruciare la moneta rendendola di fatto meno volatile, più scarsa o addirittura deflazionistica.
- Staking: i token di queste dapp spesso devono essere staked per diventare nodi nella catena. In questo modo, il network può essere sicuro di avere nodi affidabili che hanno impegnato un certo capitale come garanzia. Se questi nodi non si comportano correttamente o non forniscono un servizio adeguato, il network potrebbe sanzionarli attraverso la confisca di questo collaterale. Spesso, parte o l’intero collaterale viene bruciato, contribuendo così a ridurre l’offerta complessiva del token.
- Revenue sharing: alcuni progetti permettono anche il delegate staking verso un nodo della rete oppure lo staking “nativo” sulla applicazione per ottenere una piccola parte delle revenue generate dal servizio.
- Governance: il token può essere utilizzato per partecipare alle decisioni di governance del progetto attraverso l’implementazione di proposte chiamate “proposal“. Nei progetti DePIN, la governance può veramente rappresentare un motore di domanda nel lungo periodo. Ciò accade perché, se i creatori del progetto hanno veramente in mente la sharing economy come idea centrale, il passo finale sarà rappresentato dalle decisioni prese principalmente dalla community che utilizza il servizio.
DePIN Flywheel
Concentriamoci adesso sulla flywheel creata da questi protocolli, che va ad incentivare la detenzione dei loro token da parte dei nodi della rete e ad innescare una possibile buy pressure nel lungo periodo.
Nel contesto degli investimenti e delle cripto, il termine Flywheel è spesso utilizzato per descrivere un meccanismo o un processo che, una volta avviato, continua a guadagnare slancio e a crescere in modo sostenibile nel tempo.
Grazie all’immagine che segue, presa da questo articolo sui DePIN direttamente dal sito di Iotex, sarà molto più facile spiegare il concetto.
Il capitale iniziale investito dai fondatori del progetto serve per creare il protocollo DePIN. Con il supporto di alcuni investitori o venture capitalist interessati, si raccolgono ulteriori capitali per poter crescere, migliorare il servizio e condurre attività di marketing al fine di aumentare la visibilità.
Questi accordi contribuiscono a stabilire un “floor price” per il token (il prezzo di acquisto dei venture capitalist), conferendo al progetto fiducia e valore. Questo è un passo essenziale per avanzare alla prima fase operativa: l’attrazione dei nodi della rete.
Senza nodi il servizio non può funzionare. E senza un minimo di fiducia, nessuno sarebbe disposto a investire denaro e tempo in un network che potrebbe non esistere. Una volta attirati i nodi e incentivati con il token del progetto, esso può finalmente offrire un servizio concreto.
I fondatori iniziali e altre persone esterne al progetto cominceranno a sviluppare applicazioni utili per attirare l’ultimo elemento indispensabile per questo meccanismo: gli utenti.
Questi sono coloro che desiderano utilizzare il servizio e sono disposti a pagarlo, consentendo a tutti gli altri membri visti fino a questo momento di guadagnare sia attraverso l’accrescimento di valore del token che tramite la sua retribuzione per il lavoro svolto.
Lo sviluppo finale di questo meccanismo di flywheel potrebbe persino portare all’uscita dei VC e dei fondatori del progetto nel lungo periodo, lasciando il tutto completamente o parzialmente nelle mani della sua community.
In questo scenario, l’utilità di governance del token diventerebbe l’aspetto più importante, consentendo a chi utilizza quotidianamente il network, e ne comprende gli effettivi difetti e punti di forza, di determinare il miglior modo per prendere decisioni a riguardo.
Questa transizione verso un modello più decentralizzato metterebbe la governance nelle mani di coloro che sono direttamente coinvolti nell’utilizzo e nello sviluppo del network, riflettendo un approccio più democratico e partecipativo. L’autonomia della community nel plasmare il futuro del progetto potrebbe portare a decisioni più informate e adattate alle esigenze effettive degli utenti, contribuendo alla sostenibilità e alla prosperità a lungo termine del network stesso.
Le categorie dei DePIN
Vediamo quali sono le sottocategorie di progetti nati sotto la branca dei DePIN, sfruttando anche le conoscenze apprese grazie a questo report di Messari, scaricabile gratuitamente.
- Storage: offre un servizio di immagazzinamento di dati per aziende, retail e blockchain. I servizi web 2 più utilizzati in questo settore sono Google Cloud, Dropbox, Onedrive…
- Esempi web3: Filecoin, Arweave
- Compute marketplaces: possibilità di affittare la propria potenza computazionale (CPU e GPU) tramite un servizio a pagamento, utilizzabile per il rendering, il machine learning e molto altro. Esistono delle soluzioni nel mondo web 2, ma sono molto più costose rispetto a quelle offerte tramite DePIN.
- Esempi web3: Akash, Render network
- Intelligenza artificiale: creazione di una rete condivisa per tutti quegli utenti che vogliono contribuire allo sviluppo di un’intelligenza artificiale pubblica sfruttando la potenza computazionale offerta dal network stesso o da soluzioni presenti nel mercato (come quelle citate in precedenza). Le soluzioni attualmente conosciute nel web 2, come Bard AI di Google e ChatGPT di OpenIA, funzionano perfettamente, ma sfruttano dei sistemi chiusi e hanno un costo elevato per il loro utilizzo in forma “premium”. I sistemi aperti invece sono perfetti per lo sviluppo di IA che necessitano di una quantità elevata di dati per poter migliorare il proprio funzionamento. Vitalik ha anche scritto un articolo su questa importante integrazione tra IA e cripto.
- Esempi web3: Fetch.ia, Bittensor TAO (link esplicativo)
- Wireless e telecommunications: il network in questo caso viene creato con l’installazione di un dispositivo che funge da router nelle abitazioni dei partecipanti al network. Tramite la somma di questi dispositivi sparsi per le varie città si va poi a creare un servizio di telecomunicazione internet o di rete mobile utilizzabile per gli scopi di tutti i giorni. I costi sono notevolmente più bassi rispetto alle soluzioni offerte da Vodafone, Verizon o Deutsche Telekom.
- Esempi web3: Helium, Helium Iot, Wifi map
- Mapping: il network punta a un’importante acquisizione di dati geografici, di strade o zone esterne tramite dei dispositivi hardware come videocamere e GPS, così da poter immagazzinare informazioni utilizzabili successivamente per costruire applicazioni di mapping come Waze o Google Maps.
- Esempi web3: HiveMapper / DIMO
- Mobility/delivery/short renting/online shopping: queste applicazioni seguono ciò che abbiamo introdotto gia all’inizio di questo articolo e puntano quindi ad offrire tutti quei servizi di mobilità, consegne di prodotti, vendita e acquisto p2p e affitti di breve periodo rimuovendo il middleman.
- Esempi web3: Drife, DriveX
Ci sono molte altre sottocategorie e casi d’uso esistenti per i DePIN, ma dal momento che questa narrativa sta guadagnando popolarità solo recentemente, anche se alcuni di questi progetti esistono dal 2017-2019, confido che nei prossimi mesi e anni emergeranno molte altre applicazioni utili.
"Le categorie di DePIN sono molte e in continua evoluzione"
Benefit dei DePIN rispetto alle soluzioni moderne
La serie di benefit che potrebbe portare questa nuova categoria di cripto è veramente notevole. Per questo motivo ho voluto portarne alcuni alla vostra attenzione, oltre che per poter unire i puntini con quanto gia detto in precedenza, così da avere una visione chiara su funzionamento e vantaggi.
Il primo punto da considerare è collegato alla ridistribuzione della ricchezza che molti progetti potrebbero creare.
Nelle soluzioni esistenti oggi, gran parte dei profitti rimangono nella società che costruisce inizialmente l’applicazione, ma che poi lascia gran parte del lavoro ai suoi “dipendenti” o a coloro che offrono il servizio, rendendo poco e nulla in cambio.
Attraverso i DePIN questo paradigma potrebbe cambiare: rimuovendo il middleman dall’equazione vista in precedenza, si avrebbe con molta probabilità più guadagno per i veri sostenitori del progetto come gli sviluppatori, i “nodi” della rete o coloro che offrono il servizio.
Questo vantaggio potrebbe riversarsi anche per gli utilizzatori, che potrebbero avere un’alternativa meno costosa rispetto alle soluzioni esistenti al momento. Risparmiando sul pagamento per un servizio, si consentirebbe il suo accesso ad un numero maggiore di persone aumentando i vantaggi per la popolazione mondiale e anche l’aumento di domanda per il servizio stesso.
Costi più bassi portano anche alla creazione di una sana competizione, che porterebbe inevitabilmente altri sviluppi su quella determinata tecnologia e potenzialmente anche alla riduzione dei costi del servizio offerto delle società web 2 iniziali.
Naturalmente questa riduzione dei costi porterebbe a una diminuzione dei profitti di tali compagnie, che si troverebbero o con margini di guadagno ridotti o a dover ridimensionare la propria attività con dei tagli al personale.
Ciò ovviamente crea un problema, che è quello della riduzione dei posti di lavoro. Tuttavia, grazie a queste soluzioni di sharing economy, il futuro potrebbe portare il costo della vita stesso a diminuire e a creare per le persone una serie di entrate passive date dai propri dispositivi proprio grazie alle applicazioni.
Il discorso è estremo e va preso con le pinze, però potremmo trovarci addirittura a vedere una società che nell’arco del tempo si evolve e permette all’individuo di lavorare meno ore e di integrare il guadagno derivato da questa situazione con il proprio servizio presso queste soluzioni.
Facciamo un esempio estremo per capire meglio.
Valutiamo l’ipotesi secondo cui una persona un giorno potrebbe lavorare meno ore, perché il costo della vita grazie a questi servizi sarà ridotto. In più, parte del nostro reddito potrebbe essere generato dall’affitto di dispositivi o infrastrutture che possediamo. Potremo utilizzare il nostro computer e la sua potenza computazionale per offrire un servizio presso Render network, affittando la GPU in eccesso a tutte quelle persone che vogliono utilizzare il machine learning sull’IA che stanno sviluppando, oppure per renderizzare il teaser di un film che hanno prodotto. Oppure, immaginiamo che potremo utilizzare la nostra automobile mezza giornata o 15 giorni al mese; il resto del tempo andremo ad affittarla a qualcuno, così da ottenere un guadagno come “tassista” presso Drife.
Se ci pensiamo, ciò potrebbe essere utile anche per il tassista e lo sviluppatore/montatore di IA/teaser, che non avrebbero più la necessita di acquistare un computer potente per effettuare operazioni computazionali o una macchina per svolgere servizi di delivery o di mobilità, riducendo quindi la necessità di capitale iniziale che spesso nella nostra società presenta un vincolo insormontabile.
Questo ridurrebbe quindi la necessità di prendere un prestito che non sempre viene accordato, oppure che stronca l’attività stessa nel caso di aumenti di tassi improvvisi o di cattiva gestione delle entrate, favorendo di fatto la creazione di molte più “imprese” locali e riducendo la presenza di multinazionali.
Tornando alle applicazioni DePIN, come abbiamo gia anticipato inizialmente, queste una volta sviluppate tramite SC su una blockchain potrebbero vivere di vita propria se non presentano dei bug al loro interno. I fondatori e gli investitori iniziali potrebbero quindi abbandonare il progetto stesso dopo che quest’ultimo diventa autosufficiente e, naturalmente, in seguito a una buona exit strategy dilazionata nel tempo della loro allocazione iniziale.
In questo modo tutte e tre le parti sarebbero soddisfatte.
I founder e VC iniziali rientrerebbero nell’investimento iniziale e guadagnerebbero dal profitto fatto con l’aumento del prezzo del token generato dalla crescita della domanda per il servizio.
I nodi, o coloro che provvedono a dare un servizio sulla rete, riceverebbero il 100% delle revenue pagate dagli utenti.
Gli ultimi, pagherebbero meno per il servizio, data l’assenza del middleman.
Naturalmente questa è una visione utopica del concetto portata all’estremo proprio per visualizzarne i possibili punti di forza. Tuttavia non è tutto oro quello che luccica e molti dei progetti che nasceranno non avranno l’obiettivo di ridistribuire la ricchezza, ma di catturarne il più possibile prima di abbandonare, magari con un bel rugpull. Fate quindi molta attenzione a queste possibilità.
"I DePIN hanno enormi poteri e potrebbero portare grandissimi vantaggi a tutti gli stakeholder"
Considerazioni finali
Concludendo l’articolo, desidero sintetizzare la mia visione sulle criptovalute e sulle potenzialità che portano con sé categorie di progetti come la DeFi e i DePIN.
Per me, esse rappresentano strumenti potenti per garantire l’accesso a infrastrutture e servizi a una parte della popolazione globale che, per varie ragioni, non ne ha mai potuto beneficiare.
La forza della blockchain risiede nella sua decentralizzazione e distribuzione, rendendo difficili gli attacchi da parte di hacker e resistendo alle regolamentazioni governative spesso obsolete e restrittive, che portano alla stagnazione dei capitali e alla concentrazione di quest’ultimi nelle mani di pochi.
Un altro punto di forza di questa tecnologia è la sua natura open source, che favorisce la creazione di applicazioni da parte di chiunque nel mondo, attirando le menti più brillanti. Questo inevitabilmente porta ad un’evoluzione darwiniana all’ennesima potenza, accompagnata purtroppo da scam, hack e progetti inutili. Comunque, la legge che guida i mercati crypto oggi è la stessa che ha permesso la nascita della vita milioni di anni fa e che continua a consentire l’evoluzione della specie umana.
Attualmente rimaniamo vigili su quanto accade, mantenendo il focus sui valori fondamentali di questa tecnologia rivoluzionaria che è la blockchain, a discapito del rumore presente sia dentro che fuori dal settore.