Lo stato dell’arte degli NFT e i casi d'uso

Di Davide Grammatica

Gli NFT hanno raggiunto una popolarità impressionante, e nonostante siano stati inghiottiti dal mercato crypto ribassista, i loro casi d’uso continuano ad evolvere in svariati contesti

Lo stato dell’arte degli NFT e i casi d'uso

NFT al giorno d’oggi: quali sono i casi d’uso?

Un NFT determina l’unicità di un dato bene digitale, con i metadati che definiscono un’immagine, un file video o un documento ad esso associato. Sono noti su Ethereum come token ERC-721, ma spopolano anche su altri numerosi ecosistemi, come Solana, Avalanche, Cardano e Tezos.

E benché (com’era soprattutto nei primi tempi) siano diversi i critici che mettono in discussione l’utilità dei non-fungible-token, questi hanno ormai diversi casi d’uso, alcuni ancora sconosciuti a molti, ma che crescono di pari passo con il processo evolutivo dell’industria crypto.

Intuitivamente, si direbbe che una risorsa digitale debba “valere” in misura minore in relazione al fatto che possono essere facilmente copiate e riprodotte. L’NFT indica però la risorsa digitale “originale”, come fosse un dipinto certificato in una stanza piena di copie. E questo, ovviamente, senza che ci sia un intermediario di terze parti a dimostrarlo.

Se nel mondo delle criptovalute, in riferimento all’uso della CeFi, si sente spesso parlare di “not your keys, not your crypto”, per gli NFT vale la stessa cosa, ma con in più la possibilità non remota che questi possano anche aprire in futuro nuovi percorsi per il trasferimento di risorse tra piattaforme. E in base a come vengono progettati, gli NFT potrebbero consentire una concezione completamente nuova di cosa significhi “possedere” risorse digitali.

NFT e intrattenimento

Uno dei primi settori a sfruttare la tecnologia NFT è stato quello dell’entertainment. Hollywood e l’industria cinematografica, per esempio, hanno adottato gli NFT in una serie di occasioni. Realtà come Paramount, Warner Bros. e Lionsgate vendono non-fungible-token per aumentare le entrate derivate dalle loro proprietà intellettuali, e già ora alcune case di produzione li sfruttano per consentire agli utenti di sbloccare funzionalità speciali dei prodotti acquistati. Un DVD, per esempio, viene sostituito con un equivalente digitale, ma con la possibilità che sia proprietà effettiva dell’acquirente.

Netflix, invece, ha sfruttato gli NFT in funzione di “premio” per tutti quelli che avessero completato dei giochi online settimanali in vista dell’uscita dell’ultima stagione di “Stranger Things”.

E se da un lato il caso d’uso può sembrare relegato al campo della promozione, dall’altro ci sono realtà che puntano a molto di più. Il produttore cinematografico indipendente Niels Juul, per esempio, che ha prodotto i film di Martin Scorsese “Silence” e “The Irishman”, punta agli NFT come metodo per il finanziamento di progetti cinematografici altrimenti non realizzabili. È nata proprio per questo scopo, quindi, KinoDAO, che consente agli acquirenti dell’NFT in questione di avere voce in capitolo in varie decisioni nel merito della produzione della pellicola, oltre ad avere accesso a premi esclusivi.

Bryan Unkeless, co-produttore di “Hunger Games”, allo stesso modo, vuole utilizzare gli NFT sia per finanziare, sia per creare contenuti crossmediali che comporranno il progetto “Runner”.

“La sfida di molti progetti Web3 è che hanno grafica incredibile e persino un ottimo world building, ma non hanno necessariamente ancora una struttura che si possa prestare a media diversi”, ha dichiarato Unkeless, nel merito, durante un’intervista. “Quello che speriamo, nel nostro caso, è di avere acquisito abbastanza know-how dal cinema, dalla televisione e dai giochi. Hollywood non è ancora pronta, ma tutto ciò che funziona per il pubblico alla fine funzionerà anche per lei”.

"La sfida di molti progetti Web3 è che hanno grafica incredibile e persino un ottimo world building, ma non hanno necessariamente ancora una struttura che si possa prestare a media diversi"

NFT e musica

Per quanto riguarda il mondo della musica, come abbiamo già avuto modo di approfondire, sono molti i professionisti del settore a credere che il suo modello tradizionale debba essere soggetto a una profonda revisione. Se si pensa alle royalties guadagnate dagli ascolti in streaming, gli artisti si vedono ricevere una percentuale molto piccola, e le entrate sono relegate ai live. Cosa fattibile, per un certo verso, in un contesto “normale” ma, come abbiamo imparato con la pandemia, non sempre le cose seguono un percorso prestabilito.

Proprio nel periodo post-covid, quindi, gli artisti hanno guardato verso altri metodi di monetizzazione. I produttori hanno iniziato a esplorare il mondo degli NFT, e con questo un modo per fornire una connessione più diretta ai fan, prescindendo dalle etichette discografiche.

Il famoso Dj Steve Aoki, addirittura, è arrivato ad affermare di aver guadagnato più soldi dalla vendita dei suoi NFT rispetto al compenso totale di un decennio di attività.

Il tema, del resto, si intreccia a che con la questione intorno ai diritti d’autore, che sta alla base di una serie di nuovi progetti musicali per i Web3. Uno dei quali potrebbe essere Web3 Royal, nato per iniziativa del DJ Justin “3LAU” Blau, votato a consente agli artisti di “possedere” la propria musica, oltre a distribuire percentuali di diritti musicali ai fan paganti attraverso le vendite NFT.

Nello specifico, rispetto al mercato, è invece curioso notare come il settore riconosca maggiore interesse nei confronti della musica elettronica rispetto ad altri generi. I dati di Audius rilevano proprio questo, che si lega al fatto di come i musicisti facciano sempre più affidamento al valore della community, in correlazione ai festival, ai club, e ai forum.

NFT e moda

Anche il mondo della moda risulta essere un importante campo che ha sfruttato l’applicazione della tecnologia dei non-fungible-token, tanto che in numero altissimo di marchi di lusso hanno lanciato le proprie collezioni di arte visiva, a loro volta (in molti casi) collegati alle risorse fisiche del mondo reale.

L’operazione è stata spesso fatta per attrarre la generazione dei nativi digitali, ma non si è limitata a questo. Nello specifico, si possono citare i progetti di Tiffany, che ha lanciato 250 NFT in edizione limitata in collaborazione con Crypto Punks, con l’avatar pixelato trasformato in una vera collana, oppure Gucci, che ha acquistato un terreno in The Sandbox e ha aperto alla vendita dei prodotti tramite criptovalute (Bitcoin o Apecoin).

E ancora, marchi come Prada, Givenchy, Balmain, Dolce & Gabbana e Balenciaga, abbracciano tuttora il Web3, per un percorso comune che (si pensa) porterà all’utilizzo degli NFT come metodo per autenticare i beni fisici anche nel fashion.

Adidas, Nike e Puma, invece, pur non appartenendo alla cerchia dei brand di lusso, hanno comunque fatto sì che anche lo streetwear avesse un proprio spazio nel Web3. Nike, in particolare, ha acquistato RTFKT, e ha rilasciato numerosi NFT legati a sneaker fisiche. Adidas, insieme a Puma, sta invece rilasciando dispositivi “indossabili” digitali.

NFT e videogiochi

Infine, ma non certo per importanza, non si può non parlare della rilevanza che gli NFT si stanno conquistando nel gaming, e di come stiano rinnovando l’industria tradizionale dei videogiochi.

Ubisoft, Take-Two, Epic Games e Square Enix hanno già abbracciato l’idea di sviluppare giochi con risorse NFT in-game. Altri, come Valve e Aggro Crab Games, rimangono più restii. Electronic Arts si è detta ottimista ma non ancora pronta a uno sviluppo del genere, mentre Microsoft ha assunto una posizione ambigua: da una parte ha vietato la presenza di NFT in Minecraft, dall’altra possiede diversi asset in ambito crypto. Sony, infine, ha recentemente a depositato brevetti relativi a NFT in funzione di futuri sviluppi.

E se per alcuni il gaming NFT è qualcosa di semplicemente “non necessario”, sono in tanti a pensare che invece possa essere un nuovo modo per i videogiocatori di monetizzare il proprio tempo, provando al tempo stesso un maggiore senso di proprietà non solo sulle proprie risorse digitali, ma anche sui propri “risultati” videoludici.

L’impatto del Web3, infine, si è palesato nel gaming tramite la nascita di un nuovo e proprio genere, che intendono l’NFT come prerogativa per il gioco. Tra questi, Axie Infinity, Splinterlands, Alien Worlds o Big Time.


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