Investire in criptovalute e gli italiani: breve ricerca

Di Gabriele Brambilla

Italiani, investire in criptovalute e conoscenze finanziarie: viaggio tra molti controsensi e alcune buone prospettive

Investire in criptovalute e gli italiani: breve ricerca

Investire in criptovalute in Italia

Gli investimenti in criptovalute sono ormai da anni sulla piazza; più passa il tempo, maggiore è la curiosità anche da parte di chi non investe abitualmente.

L’argomento è interessante e si collega strettamente al tema dell’adozione di coin e token; infatti, investire in criptovaluta è ancora uno dei principali casi d’uso.

Abbiamo quindi svolto una ricerca mirata a scoprire quale sia il rapporto tra gli italiani e questi asset. Volevamo comprendere soprattutto il grado di conoscenza degli interessati e disporre di qualche dato demografico.
Il risultato è davvero curioso e offre una fotografia non solo sugli investimenti ma anche sulla cultura finanziaria media dei nostri connazionali.

Per portare avanti la ricerca ci siamo appoggiati a report e analisi preparate da grandi nomi come Banca d’Italia e Consob. Iniziamo con la prima sfruttandone il Bollettino Economico 1/2023.

Italiani e criptovalute: cosa dice la Banca d'Italia

Bankitalia ha da poco pubblicato sul Bollettino Economico di gennaio 2023 i risultati di un sondaggio a tema crypto.

La ricerca è stata svolta la scorsa estate su un campione di 1700 famiglie italiane, a cui è stato chiesto se qualcuno possedesse criptovalute (o meglio, criptoattività) a fine 2021.

I risultati sono interessanti perché consentono di avere una visione più concreta del fenomeno crypto nel nostro Paese.

La ricerca ha mostrato che il 2,2% delle famiglie italiane deteneva un qualche tipo di asset digitale. Banca d’Italia ha specificato che il dato è conforme a quanto rilevato dalla BCE in un altro sondaggio, concentrato su 3000 italiani.

Suddividendo il campione in quartili di reddito, è risultato che la fascia abbiente è anche quella che più investe in criptovalute: ben il 4,3%. Il dato decresce assieme al reddito, fino a diventare 0 per chi fa parte del primo quartile

investire criptovalute quartili

Abbastanza scontata anche la distribuzione per fasce d’età.

Complice la maggior dimestichezza con computer, smartphone e tecnologia blockchain, i giovani sono coloro che più investono in coin, token e NFT (5,7% delle famiglie con referente under 45).
In modo inversamente proporzionale, i crypto-investimenti diminuiscono all’aumentare dell’età del rispondente, raggiungendo solo lo 0,2% nella fascia più anziana.

Interessante la diffusione in base alla tipologia di lavoro.

Liberi professionisti e autonomi sono coloro che più investono in criptoattività: ben il 6,7%. I dipendenti si attestano intorno al 3%, mentre i disoccupati si limitano a pochi decimi di punti percentuali.

Quanto ai rischi, è più difficile collocare esattamente una persona in una determinata fascia. In ogni caso, Banca d’Italia ci ha provato; ne è risultato che tra i meno avversi ai pericoli ben il 19% entra nelle criptovalute, alla ricerca di investimenti redditizi.

Infine, Bankitalia ha rivolto l’attenzione alle cifre coinvolte: quanto gli italiani investono in bitcoin & co.?

Il 30,9% ha “in gioco” meno di 1000€; il 36,1% tra i 1000 e i 4999€; il 18,7% tra i 5000 e i 9999€.
Si passa poi a cifre contenute: 0,9% nella fascia che va dai 10.000 ai 14.999€; 2,5% tra i 15.000 e i 29.999€.
Infine, si torna su percentuali più consistenti: l’11% detien oltre 30.000€ investiti in criptoattività.

Ricapitolando, cosa ci dicono questi numeri?

In parte, essi confermano alcune cose che già sapevamo o che sono scontate: gli investimenti crypto ottengono più successo tra chi ha maggiori possibilità economiche, nonché tra i più giovani.

Alcuni dati ci lasciano invece un po’ stupiti. Ad esempio, ci saremmo aspettati una percentuale superiore di investitori in criptovalute tra i meno avversi ai pericoli.

Torniamo però al numero più importante, cioè quel 2,2% iniziale. Gli italiani sono sempre più attratti da coin, token e NFT ma ancora in misura ridotta rispetto che in altri Paesi.
Le motivazioni risiedono sia in un approccio più prudente (un bene), sia nella scarsa cultura economica e finanziaria (chiaramente un male).
Appoggiandoci a un report della Consob riferito al 2021, approfondiamo proprio queste ultime considerazioni.

Rapporto Consob sugli investimenti degli italiani

Italiani, criptovalute e investimenti: un rapporto davvero complesso. L’argomento è una medaglia a due facce tra loro in profonda contraddizione.

Il rapporto Consob sulle scelte di investimento degli italiani illustra perfettamente questo contrasto. Basato su cifre risalenti al 2021 e pubblicato un anno fa, esso offre contenuti ancora attuali.

Partiamo con una faccia, quella strettamente legata alle criptomonete.

Gli italiani sono da sempre un popolo piuttosto prudente quando si parla di soldi. Storicamente, l’italiano sfrutta i titoli di Stato e altri strumenti sicuri, esponendo poco del suo capitale a operatività maggiormente spinte e pericolose. Una parte considerevole degli individui lascia poi il denaro fermo sui conti o persino in contanti, non curandosi dell’erosione del potere d’acquisto (o non conoscendola).

In più, molte persone optano da sempre per gli investimenti immobiliari, ritenuti solidi a prescindere dalle performance. Detti come “il mattone resta anche se il valore scende” sono fin troppo abusati.

Sorprende quindi che le criptovalute siano sempre più presenti nel portafoglio dei nostri connazionali. Il rapporto Consob parla chiaro: il 3% del campione aveva investito in criptovalute nel 2021.

Le motivazioni sono molteplici. Innanzitutto, le condizioni macroeconomiche erano differenti e le persone cercavano investimenti finanziari (e non) che portassero rendite consistenti. Cosa c’era di meglio che investire nelle criptovalute?

Come persone legate al settore, possiamo solo essere contenti dell’interesse crescente che gli italiani provano verso il mondo crypto. Al tempo stesso, siamo però preoccupati dell’altra faccia della medaglia che mostra il rapporto Consob.

Oltre al profondo contrasto con gli investimenti tradizionali degli italiani, la nuova passione per coin e token non è sostenuta dalle indispensabili conoscenze ed esperienze.
Non solo crypto però: i nostri connazionali sono sempre più attratti dal trading in autonomia, portato avanti grazie alle numerose piattaforme online. Il problema, anche qui, sta nel fatto che solo la minoranza sa quello che fa.

Nel periodo gennaio-ottobre 2021, l’attività di trading in Italia ha mosso ben 34 miliardi di euro, contro i 26 di tutto il 2019.
Contemporaneamente, le transazioni su obbligazioni hanno toccato i 22 miliardi di acquisti, contro i 33 fatti registrare nel 2019.

Gli italiani sono sempre meno prudenti ma non dispongono delle giuste conoscenze. Basti pensare che ben il 76% del campione è avverso a rischi e perdite: un controsenso dato l’impiego crescente di criptovalute e trading, notoriamente rischiosi e complessi.

C’è però di peggio: la Consob ha posto delle domande su alcuni concetti finanziari di base, i cui risultati sono stati pessimi.
Meno della metà delle persone risponde correttamente a quesiti sutemi quali rapporto rischio-rendimento, inflazione, interesse composto e diversificazione. Ma come? In un Paese di risparmiatori e ora investitori in asset rischiosi, meno del 50% dei cittadini conosce le basi finanziarie ed economiche? Ebbene sì.

"Gli italiani si prendono più rischi pur restandone avversi e senza ampliare le conoscenze in materia finanziaria"

Motivazioni dell'interesse crypto

Come dicevamo in precedenza, gli italiani sono attratti dal mondo crypto probabilmente per una serie di motivi.

Innanzitutto la ricerca di rendimenti elevati, fino alla vera e propria ricchezza. A questo contribuiscono le tante figure in circolazione che dipingono coin e token come asset con cui diventare milionari in pochi mesi.

A queste sirene rispondono proprio i meno esperti, poiché non in grado di filtrare i messaggi, analizzare lo scenario e strutturare delle strategie di investimento valide nel tempo. Le criptovalute possono dare grandi soddisfazioni ma prima di tutto si devono conoscere rischi e criticità.

Sicuramente anche la curiosità verso il nuovo che avanza contribuisce all’avvicinamento degli italiani al nostro settore.

Di per sé, questo punto è positivo: solo così si può crescere e guardare al futuro.

Però, la curiosità non è supportata dalle giuste conoscenze. Molte persone compiono il salto nel buio e “investono” (evidenziamo il virgolettato) perché l’ha suggerito l’amico, il collega o addirittura il lattaio.

Ad aggravare la situazione ci si mettono i media tradizionali, spesso incapaci di produrre contenuti veritieri e di qualità a tema crypto. Dopotutto, finché si definisce la blockchain “una concatenazione di computer che, per accumulo, trasforma la quantità in un salto di qualità, dunque in presunto ‘valore'” non si andrà da nessuna parte grazie ai giornali.

Ad aggiungere ulteriore potere attrattivo a coin e token vi è poi l’inflazione, sia essa bassa o elevata.

In passato, i tassi d’interesse ridotti non portavano alcuna rendita nelle tasche dei risparmiatori. In questo contesto, alcuni decisero di avvicinarsi agli investimenti in criptovalute per ottenere maggiore profitto.

Oggi, l’inflazione galoppante ha obbligato la BCE a innalzare i tassi d’interesse. Tuttavia, alcuni italiani optano comunque per le crypto per due motivazioni:

  • Proteggersi dall’inflazione, nonostante la volatilità di coin e token (bitcoin inclusa!)
  • Ottenere rendimenti ancora più elevati, siano essi provenitenti dall’utilizzo della DeFi o nell’ottica di rivendere gli asset a prezzi più alti in futuro.

A proposito: per approfondire e capire cos’è, a cosa è dovuta l’inflazione e che differenza c’è tra inflazione e deflazione, consulta il nostro approfondimento.

Potremmo individuare altri motivi alla base delle scelte di investimento degli italiani. Quelli appena elencati ci sembrano però i più interessanti.

Insomma: investire in criptovaluta non è per tutti ma molti lo fanno comunque, pagandone spesso le care conseguenze.

Riusciremo ad arrivare al punto in cui ci sarà la giusta comprensione dei rischi? Secondo diverse fonti, fra cui il già citato rapporto Consob, il 43% degli italiani non crede di dover approfondire la questione. Però, e questo ci fa ben sperare, la maggioranza pensa che sarebbe necessaria per tutti maggior educazione finanziaria.

"Comprendere i rischi dovrebbe essere un passo che anticipa qualsiasi tipo di investimento in criptovalute (e non!)"

Come investire in criptovaluta e libri sugli investimenti

Se stai ponendoti questa domanda, prendi fiato e aspetta.

La moneta virtuale è un asset molto volatile e rischioso. Potenzialmente si tratta di un investimento redditizio. Al tempo stesso però, i pericoli sono tanti e dietro l’angolo; coin e token non sono investimenti sicuri, ricordalo sempre.

Tuttavia, studio ed esperienza possono certamente metterti nelle condizioni di operare al meglio e chissà, magari ottenere anche un ottimo profitto.

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