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DOT: dalle tokenomics ai casi d'uso

Di Gabriele Brambilla

Parliamo di tokenomics e casi d'uso di DOT, coin nativa tra le più capitalizzate in assoluto

DOT: dalle tokenomics ai casi d'uso

Alla scoperta di DOT

Pronti a scoprire tutto ciò che si deve sapere su DOT?

La coin nativa di Polkadot ha un ruolo centrale nel progetto ed è dotata di diversi casi d’uso. L’investitore può quindi decidere di investirci con la sicurezza di optare per un asset dotato di un certo valore intrinseco. Ma c’è di più: grazie allo staking è possibile generare una rendita passiva sui propri capitali.

Governance, staking e bonding: questi saranno i temi del giorno, in quanto principali casi d’uso della coin DOT. Però, prima di iniziare, diamo uno sguardo ai numeri e alle tokenomics.

Come sempre, massima cautela negli investimenti. Ognuno deve svolgere una propria analisi fondamentale, corredata magari anche da un’analisi tecnica per valutare l’andamento dell’asset. Solo in questo modo avremo la certezza che questa crypto possa fare al caso nostro.

DOT tokenomics

Cominciamo dalla supply, che per DOT è illimitata. Al momento della scrittura ci sono circa 1,43 miliardi di coin in circolazione (fonte CoinMarketCap).

L’inflazione annuale è fissata al 10%, ma il meccanismo va ben oltre questo numero. Infatti, l’emissione di nuovi DOT è pensata per incentivare o disincentivare lo staking, che dovrebbe restare nel range ottimale tra il 45 e il 75% della supply. Una parte dei nuovi token finisce agli staker, mentre un’altra è destinata alla treasury di Polkadot. Maggiori dettagli sulla documentazione ufficiale.

Per accedere a funzionalità e servizi è prevista una soglia minima di coin DOT in possesso. Ecco le cifre:

  • 1 DOT è il minimo richiesto per avere un account attivo su Polkadot. Chi non arriva a questa somma non ha la possibilità di eseguire alcuna operazione. Diventa quindi indispensabile possedere almeno 1 DOT nel proprio wallet, magari aggiungendone qualche altro per poter effettivamente utilizzare il network e pagare le gas fee;
  • 5 DOT è invece la quota minima per avviare una raccolta di consenso nelle aste Parachain;
  • 20 DOT è infine la quantità necessaria per registrare la propria identità onchain e per prendere parte alle votazione dei membri del concilio.

Passiamo quindi ai casi d’uso iniziando dalla governance.

Grafico DOT/USDT by TradingView

Governance del network

Pensando a questa infrastruttura, la governance è forse il tratto più distintivo. Nel panorama Polkadot, i possessori di DOT hanno un ruolo fondamentale nel processo decisionale, perché di fatto il controllo è in mano loro.

Il sistema OpenGov è alla base di questa filosofia. Gli holder di DOT hanno la possibilità di partecipare direttamente alle decisioni riguardanti il network, da quelle più “banali” ai grandi temi come gli upgrade del protocollo e la programmazione per il futuro. Qui prende davvero vita il concetto di decentralizzazione come piace ai crypto-appassionati: nessun intermediario né attore centrale, solo il proprio wallet e la possibilità di votare e avanzare proposte.

OpenGov funge anche da garante riguardo trasparenza e sicurezza. Dopotutto, il sistema di aste che governa la presenza delle Parachain richiede che ci sia un attore in grado di tutelarlo. La community ha quindi grandi responsabilità e può sentirsi davvero coinvolta e integrata nel progetto.

Ma torniamo a DOT. Come abbiamo detto, solo possedendo la coin si ha modo di prendere parte a tutto ciò. E se da un lato è vero che chi ne possiede di più ha maggior peso, dall’altro è altrettanto vero che anche l’holder più piccolo può proporre, partecipare e far sentire la propria voce.

Data la centralità della governance in Polkadot, questo use case dona particolare valore intrinseco.

"La governance è il pilastro dell'intero progetto, dove DOT ha un ruolo centrale"

DOT staking

Il network è basato sull’algoritmo di consenso NPoS, acronimo di Nominated Proof-of-Stake. Di conseguenza, lo staking ha un ruolo indispensabile.

Chi possiede coin DOT può decidere di optare per lo staking. Come sappiamo, questa procedura consente di ottenere diversi benefici tra cui:

  • Supportare la sicurezza del network;
  • Aiutare a mantenere il normale funzionamento della struttura;
  • Favorire una maggior decentralizzazione.

Chi conosce lo staking sa bene come funziona: si bloccano i propri fondi (con la possibilità di recuperarli entro un certo periodo) e in cambio si ottiene un ritorno economico. Mentre scriviamo, la ricompensa storica è superiore al 14% annuo: una bella somma.

Lo staking di DOT è possibile seguendo tre vie differenti.

La prima soluzione è quella nativa, che richiede come minimo 1 DOT.

Si tratta della strada migliore per chi volesse contribuire alla causa nella maniera più diretta e permette di partecipare alla governance. Completamente trustless e decentralizzato, nonché semplice da gestire, questo processo è indicato per la maggior parte degli utenti.

Come seconda soluzione ci sono i protocolli decentralizzati di terze parti (DeFi).

Aspetti positivi: non ci sono attese per l’unstaking né limiti minimi; inoltre, potremmo sfruttare soluzioni che ci lasciano della liquidità da reinvestire, elaborando strategie di investimento più complesse.

Lati negativi: dovremo pagare una fee alla piattaforma e ci esporremo a eventuali problematiche di sicurezza, perché andremo ad aggiungere un intermediario; in più, il network risulterà meno decentralizzato.

Infine, come terza via c’è lo staking tramite exchange centralizzati (tipo Binance, per intenderci).

Qui a vincere sono certamente comodità e semplicità, che si esprimono ai massimi livelli. Però troveremo anche centralizzazione, rischi di controparte e, non da meno, un exchange può potenzialmente censurare utenti e wallet esterni a piacimento.

Cerchi ancora più info? Da’ un’occhiata alla documentazione ufficiale.

"Lo staking assicura tanti benefici al network, ma anche all'investitore"

Bonding DOT

Parliamo ora del bonding.

Questo processo consente di bloccare i propri fondi e ricevere dei benefici di qualche genere. Se ci pensiamo, anche lo staking è una forma di bonding: blocchiamo coin DOT, supportiamo il network e riceviamo una percentuale di guadagno annuale.

Qui però ci riferiamo  al bonding legato alle nuove Parachain. Per ottenere lo slot necessario a dar vita a una parachain, è necessario bloccare una certa quantità di DOT. Dall’altra parte, le parachain che non hanno più utilità o sono obsolete vengono rimosse sbloccando la quota precedentemente bloccata.

Il meccanismo è ben pensato e permette alle Parachain di ottenere o mantenere il proprio spazio, premiando costantemente innovazione ed effettiva utilità.

Gas fee

Prima di concludere, c’è un quarto caso d’uso decisamente importante e sotto gli occhi di tutti: le gas fee.

Generalmente, una blockchain chiede che l’utente paghi una commissione per ciascuna operazione che desidera compiere. È così per Bitcoin, Cardano e via dicendo. Questa somma prende il nome di gas fee e può variare di molto; basti pensare a Ethereum e Solana, le cui commissioni sono posizionate agli estremi per quanto riguarda i costi (elevati nella prima, irrisori nella seconda).

DOT è la coin necessaria per pagare la fee in questo specifico network. La buona notizia è che gli importi sono contenuti e non impattano sulle finanze degli investitori.

Assicuriamoci quindi di avere sempre una piccola riserva di questa crypto proprio per operare correttamente sulla chain, pena l’impossibilità di proseguire.

Possiamo acquistare DOT sugli exchange pagando direttamente in valuta fiat (come l’euro), per poi girare le coin appena comprate su un nostro wallet Polkadot. Ecco qualche piattaforma e relativi referral che ti garantiscono sconti e/o bonus di benvenuto:

Chiudiamo con un video sul network aggiornato al 2024, con tutto quello che devi sapere per restare al passo… buona visione!


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